Si tramanda che moltissimo tempo fa, nell’India antica, un saggio rishi, di nome Cyavana, era profondamente immerso in uno stato estatico, in una eccezionale condizione conosciuta nella tradizione orientale come samadhi. In questa condizione il corpo è in uno stato vegetativo al limite della sopravvivenza vitale, mentre anima e mente, sono distaccati dalla realtà materiale. Il saggio era assorbito da così tanto tempo nella sua contemplazione che attorno al suo corpo le termiti avevano edificato il loro termitaio.

Non meravigliamoci della esagerazione di questo racconto: abbiamo le testimonianze su di un grande mistico indiano, Ramakrishna (1836-1886), che trascorreva i suoi lunghi samadhi, completamente immobile, con una coppia di uccelli sulla testa, placidamente accovacciati nel loro nido.

Quello che si presentò alla vista di una principessa a passeggio con il suo seguito al limitare dell’eremitaggio di Cyavana, fu una strana scultura di un corpo umano seduto in posizione meditativa e un termitaio in costruzione.

Erano rimasti due spazi liberi all’altezza degli occhi dell’asceta, e la giovane nobile, fortemente incuriosita, infilò un bastoncino nei fori distogliendolo dallo stato meditativo.

Questa è una delle versioni che ho sentito raccontare dal mio maestro di ayurveda Baghavan Dash. Ma così continua la storia.

Nell’antica tradizione indiana esiste una norma, tuttora universalmente rispettata, che vieta di disturbare gli yogi (tanto meno un eminente rishi) immersi nelle loro pratiche contemplative: disubbidire a questo dettame è considerato un atto disdicevole che può avere delle serie ripercussioni a livello spirituale (azione compromettente a cui si è chiamati a rispondere addirittura dal punto di vista karmico).

Il padre della principessa, per rimediare a questo spiacevole e improvvido comportamento, ordinò che la figlia andasse in sposa al vecchio eremita. Secondo le inderogabili norme sociali della tradizione antica, il saggio non poté sottrarsi all’improvviso obbligo matrimoniale imposto da un ordine regale, ma chiese almeno un anno per prepararsi alle nozze. Il rishi chiese soccorso agli Asvin, i gemelli divini del Rigveda, profondi conoscitori dei segreti medici, i quali gli consigliarono di raccogliere e lavorare un certo numero di piante officinali e di consumarle assiduamente. Il rimedio ebbe un'efficacia strabiliante, tanto che il vecchio eremita si trasformò in un giovane e aitante sposo.

Sembra veritiera l’esistenza storica del rishi Cyavana. Il dizionario dell’induismo, di Margaret e James Stutley, cita il nome Cyavāna (scritto in questa forma, si trova solo nel Rig Veda dove si trova l’unico riferimento al dono degli Asvin della sua giovinezza e vigore), invece Cyavana compare in altri testi vedici e post-vedici. Dal prof. P.V. Sharma:

Molti dei miti tramandati fino a noi sono concordi nel far risalire le origini di questo preparato all’età vedica, cioè a circa 4000 anni fa.

La preziosa ricetta non andò persa, attualmente la parola sanscrita chyawanprash, indica un noto composto erboristico della medicina ayurvedica, e deriva da Cyavana, il nome del saggio rishi, e da prash, un termine della farmacopea indiana che significa pasta o composto. Questo preparato si presenta infatti come una specie di marmellata, semisolida, di sapore gradevole, dolciastro, tendenzialmente aromatico. Di questo prodotto sono state elaborate diverse ricette con alcune varianti secondo la tradizione del Nord o del Sud dell’India, con correzioni e aggiunte suggerite da alcuni antichi vaidya (medici ayurvedici).

Composizione

Per quanto riguarda la composizione di questo prodotto erboristico, l'analisi evidenzia la presenza di un ingrediente fondamentale: il frutto di amalaki (Phyllanthus emblica, sinonimo di Emblica officinalis).

A proposito di questa pianta il dottor Rudholp Ballantine, scrive nel suo libro Dieta e nutrizione:

È stupefacente scoprire che in India esiste un sistema di medicina tradizionale che basa molte delle sue preparazioni su un frutto simile a una grossa noce, di sapore acido, chiamato amla. Questo frutto, il cui contenuto di vitamina C è superiore a quello di dodici arance, costituisce il principale ingrediente di molti farmaci indiani, soprattutto di un preparato ayurvedico, chiamato chyawanprash, usato principalmente come rivitalizzante e rigeneratore dei tessuti, specialmente durante l’inverno quando scarseggiano la frutta fresca e le verdure.

La preservazione dell’acido ascorbico, notoriamente termolabile e sensibile alla ossidazione, può contare sull'azione protettiva offerta dall'acido gallico e dall'acido ellagico, presenti sia nel frutto fresco sia in quello essiccato. Per quanto concerne gli altri ingredienti, nella miscela base sono rintracciabili dalle quaranta alle cinquanta piante, tra cui guduchi o amrita (Tinospora cordifolia), draksha (Vitis vinifera), bala (Sida cordifolia), haritaki (Terminalia chebula), bibhitaki (Terminalia bellirica), gokshura (Tribulus terrestris), punarnava (Boerharia diffusa), liquirizia (Glycyrrhiza glabra), pepe lungo (Piper longum), zeodaria (Curcuma zeodaria) cardamomo (Elettaria cardamomum), chiodi di garofano (Syzygium aromaticum), asparago (Asparagus racemosus), cannella (Cinnamomum zeylanicum), zafferano (Crocus sativus), bael o mela cotogna del Bengala (Aegle marmelos), cedro del Libano (Cedrus libani), shatavari (Asparagus racemosus), zenzero (Zingiber officinalis) ecc. Inoltre, vengono impiegati miele, succo concentrato di canna da zucchero grezzo (jaggery), burro chiarificato (ghee), olio di sesamo.

Secondo le indicazioni fornite dal dottor P.V. Sharma, tutte le radici, le erbe e i frutti, vengono macinati e sottoposti alla decozione; il volume di acqua impiegato è quindici volte superiore alla quantità della polvere di erbe utilizzata, in modo che l’estrazione risulti completa. La polpa dei frutti è raccolta in un sacchetto che viene posizionato sopra la pentola usata per il decotto, in modo che il vapore possa favorire l'estrazione dei principi attivi. Quando il volume dell’acqua è ridotto a un quarto, la polpa dei frutti contenuta nel sacchetto è sottoposta a una particolare lavorazione; in seguito, si procede alla cottura nel ghee (burro chiarificato), mentre a parte si scioglie dello zucchero grezzo. Quando il preparato assume un colore bruno-violaceo, si aggiunge lo sciroppo di zucchero e si continua la cottura.

La particolare formulazione galenica delle sostanze impiegate nella preparazione del chyavanprash, è finalizzata ad aumentare l’assimilazione dei vari principi attivi avvalendosi di sostanze considerate degli ottimi anupana (facilitano il trasporto dei principi attivi) come ad esempio il miele, il ghee e particolari sostanze vegetali come alcune note spezie (pepe, cardamomo, ecc.) che stimolano il “fuoco digestivo” (agni), attivando il processo di assimilazione metabolica.

La preparazione del chyawanprash è il frutto della sapiente miscelazione dei suoi numerosi ingredienti, considerando le sottili sinergie che si creano tra piante medicinali molto diverse tra loro. Questa arte erboristica non può nascere in maniera casuale, ma richiede una conoscenza che ha radici molto antiche, per tale ragione e per l’origine attribuita agli dei della medicina, all’intercessione umana del rishi e per il rispetto verso una conoscenza ereditata e saggiamente conservata, questo rimedio è oggetto di una speciale considerazione.

Un tempo la sua elaborazione era eseguita secondo antichi e precisi dettami ayurvedici che potremo paragonare ai principi operativi dell’alchimia spagirica, dove, secondo la tradizione, la raccolta e la lavorazione delle piante dovrebbero essere realizzate in base ai tempi e alla ritualità dettati dall'astrologia, dall'astronomia, con l’utilizzo di mantra e preghiere alle divinità tutelari dell’arte medica. Nel corso del tempo, la preparazione di questo prodotto ha subito un processo di laicizzazione e l'attenzione si è spostata più sugli effetti che sulle modalità operative. Prestate attenzione alle preparazioni che si trovano in commercio, numerose sono elaborazioni industriali e massificate, con una superficiale lavorazione dei componenti, o frequentemente addizionati con zucchero raffinato.

Nella medicina ayurvedica, il chyawanprash è impiegato per rallentare il processo d'invecchiamento, come ricostituente, stimolante delle difese immunitarie, e come efficace rimedio contra l’astenia; è indicato anche per i bambini, i malati e i convalescenti.

È un ottimo integratore per chi pratica un’attività sportiva, soprattutto a livello agonistico, poiché aiuta a contrastare lo stress ossidativo causato da intensi sforzi fisici.

La stagione più adatta per il suo impiego è l’inverno; nelle altre stagioni è meglio impiegare una formulazione meno speziata, con un ridotto potere riscaldante. Si combina ottimamente con della frutta fresca o secca, in particolare modo con le mandorle, altro cibo considerato ringiovanente.

Un bicchiere di latte, magari trattato con la miscela di spezie Golden milk o in versione vegana con latte di mandorle caldo, dolcificato con miele e un cucchiaino di questo composto rappresentano una buona merenda o in determinate condizioni di restrizione calorica, possono sostituire la colazione o la cena. Per potenziare gli effetti benefici di questo rimedio, se ne consiglia l’assunzione con un infuso caldo di rosa canina o una spremuta di agrumi. La sua somministrazione può essere resa più gradevole, somministrandolo come una semplice marmellata, ad esempio spalmato sul pane oppure combinato con miele, crema di nocciole o di sesamo (tahin).