Qualunque donna abbia dato il suo contributo nel mondo della salute-cura all’interno delle Mura di Milano merita di essere inserita in questo libro.
Inizio a raccontarmi proprio partendo da questa frase che mi ha molto colpito quando mi è stata fatta la proposta di prendere parte ad un progetto così importante ed ammirevole. Se devo pensare ad un mio autoritratto, parto sicuramente da un profilo che mi vede un po’ defilata, per carattere, rispetto al sentirmi al centro dell’attenzione… ma è proprio dal tema dell’attenzione (verso l’altro, verso la società, verso chi ha più bisogno…) che si fa forte e si definisce la mia figura: ritengo infatti che il mio lavoro si muova proprio verso il senso del voler contribuire al benessere comunitario.
Ho scelto un percorso di studi volto alla cura e alla salute all’inizio degli anni ’80, attraverso gli studi di fisioterapia e di osteopatia.
Ho deciso di studiare per diventare fisioterapista dopo aver trascorso un’estate insieme ad alcuni ragazzi disabili di una comunità: volevo essere sicura di saper stare al loro fianco nel modo giusto e volevo capire se potevo essere loro d’aiuto. Tra i tanti modi che conosco dello “stare vicino”, quello più facile e che ho sentito naturalmente mio, è stato quello di cercare il benessere partendo dal corpo.
È stata un’esperienza che ricordo ancora oggi con grande affetto e verso la quale mi trovo a sorridere delle paure che ho sperimentato nel timore di non saperli accudire, sostenere e gestire nelle loro difficoltà. Sorrido perché in tante occasioni sono stati proprio loro ad aiutarmi a comprendere quello che dovevo fare.
Terminato il percorso di studi, sentivo mancare l’esperienza e avevo la necessità di approfondire le materie trattate.
Da dove scaturisce il suo interesse per l’osteopatia e, in particolare, per quella infantile?
La scelta di studiare osteopatia nasce dal desiderio di completare un percorso di studi appena iniziato. Terminato il primo ciclo di formazione volevo perfezionare le mie conoscenze ed arricchirmi di esperienze, questo mi ha resa curiosa ma soprattutto alla ricerca di corsi di formazione che potessero fare al caso mio. Recuperai un trafiletto su una rivista di riabilitazione che diceva “École d’Ostéopathie” e tutte le informazioni venivano offerte in italiano. Inviai una lettera per chiedere dettagli e da lì nacque la mia curiosità, decisi di investire il primo anno e di valutare in corso d’opera come procedere, beh me ne sono innamorata.
Una parte degli studi osteopatici era dedicata alla cura dei neonati e dei bambini. Già durante il percorso fisioterapico ero rimasta molto affascinata dall’approccio al bambino e con l’osteopatia ho approfondito le mie conoscenze. Il decidere di trattare i neonati non è stato così immediato: avevo timore di non capire quali fossero le loro esigenze, rischiando di far loro male e non bene. Tutti timori più che legittimi, anzi delle vere attenzioni verso l’altro.
Spesso, ancora oggi, si fatica a comprendere cosa sta disturbando un neonato, ma quando con un approccio delicato si riescono a togliere delle tensioni che rendevano difficile la loro gestione e loro recuperano nel breve il sorriso è un vero piacere. Questo sorriso per me è un grande regalo.
“Osteopatia”: un nome che, a partire dall’etimologia, può ingenerare equivoci, ce ne può chiarire il significato?
Il termine osteo-path significa “la via dell’osso”. L’osteopatia deve la sua paternità al professore americano Andrew Taylor Still. Alla fine del 1800 egli osservò un osso… iniziò a porsi delle domande e cercare delle risposte.
Da un inizio che potrebbe sembrare del tutto casuale si è sviluppato un approccio alla salute che prende in considerazione tutto l’insieme scheletro, muscoli, organi, fasce per ridare l’autonomia e ripristinare il grado di salute del singolo individuo. Questo approccio non ha la pretesa di “curare” come la medicina intende. L’osteopatia riesce, per esempio, a restituire l’autonomia di un movimento perso a causa di un mal di schiena o a ridurre un sintomo fastidioso e il soggetto interessato si sente finalmente sollevato da un problema che lo accompagnava da tempo, facendogli ritrovare il suo grado di autonomia e di espressività di salute.
In particolare, quando e perché ci si rivolge all’osteopata?
L’osteopatia è una disciplina che si rivolge a tutti gli individui, grandi e piccini, a partire dalle primissime ore di vita in poi… se riflettiamo sulle parole comunemente usate come “trauma da parto”, capiamo che un intervento può essere utile sin dalla nascita.
Spesso suggeriamo ai genitori di portare i neonati ad un controllo, anche solo per valutare che il parto non abbia lasciato tensioni sui tessuti.
Le condizioni più frequenti per le quali ci troviamo a trattare dei neonati-bambini sono le plagiocefalie, otiti, difficoltà nel raggiungere le tappe motorie, difficoltà nell’allattamento, coliche intestinali per poi comprendere anche tutta la parte dedicata ai traumi, esiti di intervento chirurgico, disabilità e molto altro. La lista è sicuramente più ampia; fortunatamente, dato l’approccio molto delicato e poco invasivo riusciamo ad aiutare i bambini per molteplici disagi o problemi.
Ai genitori e agli adulti in generale, invece, suggeriamo di farsi trattare almeno una volta all’anno per togliere tutte quelle tensioni che la quotidianità ci regala.
Nel mondo adulto il consulto che ci chiedono spazia da problematiche di carattere ortopedico (mal di schiena, dolori al tratto cervicale, problemi articolari) a quelli metabolici (dolori mestruali, problemi intestinali) arrivando anche alle difficoltà generate da mal di testa ricorrenti e l’aiuto a gestire al meglio malattie un po’ più complesse.
Cosa si genera tra paziente e curante durante il trattamento? Si può verificare una sorta di reciprocità?
Il mondo dell’attenzione e cura verso l’altro non è fatto solo di “dare/offrire” le proprie competenze. Spesso ho imparato dai miei pazienti e questo è un valore aggiunto che non posso sottovalutare. L’interazione con il paziente grande o piccolo è uno scambio continuo e reciproco: si diventa “capaci” insieme e ci si “cura” insieme.
Quello che spesso si crea è un rapporto di fiducia, di complicità e di sostegno che quotidianamente viene nutrito e arricchito.
Curando tutte le fasce d’età, l’osteopata può anche essere un punto di riferimento per la famiglia?
Sì, come accennavo poc’anzi l’osteopata, come qualunque figura graviti all’interno del mondo della salute o aiuto all’altro, porta alla creazione di relazioni che non finiscono con il paradigma paziente-osteopata ma possono anche costruirsi delle relazioni più intime tanto da diventare un punto di riferimento non solo per l’adulto ma anche per il bambino. In diverse occasioni sono stati gli stessi bimbi a chiedere di andare da Daniela o da come mi soprannominano “me te copo” perché riconoscono che quell’approccio può dare a loro il benessere che in quel momento non hanno.
Una volta una bimba si offese perché la mamma la informò che sarebbe venuta a fare un trattamento ma lei non poteva esserci. Andò nella sua cameretta e dopo mezz’ora tornò indietro con un disegno e disse a sua mamma: “e giurami che glielo consegni”. Era un disegno bellissimo che tutt’ora arreda le pareti del mio ambulatorio.
Questa non è una condizione che si crea con la “nostra professione”, si crea in ogni contesto in cui si generi un reale rapporto “umano” di aiuto reciproco dove il dubbio-perplessità di un paziente possono essere un ottimo motivo per approfondire degli aspetti su cui ero un po’ meno preparata.
Ci parli del suo progetto “Mum&Kid”
Dalla scelta di approfondire il mondo mamma e bambino, lo scorso maggio è nato il progetto “Mum& Kid”. La collaborazione di tre donne sta rendendo questo progetto appena nato un’opportunità per entrare in tutte le case attraverso i social network con un linguaggio fluido e veloce, ma con la stessa cura e attenzione che riserviamo nelle sedute. La volontà è quella di offrire informazioni riguardo l’osteopatia e il mondo del bambino: articoli, suggerimenti, iniziative che si stanno sviluppando e che sono già oggi disponibili sul sito dell’ambulatorio, il tutto – come dicevo – con un linguaggio molto dinamico. Siamo sicure che questo progetto vedrà crescere molti bambini e neomamme, rispondendo alle esigenze delle famiglie e del mondo dei piccini. Un approccio dinamico dove crediamo fortemente di includere anche tutti i suggerimenti che ci verranno forniti.
Un suo sogno è quello di trattare i bambini detenuti dalla nascita, che si trovano in riformatorio.
La mia indole mi porta ad essere sempre alla ricerca di stimoli lavorativi e di sinergie… Un altro progetto che mi piacerebbe realizzare è quello di trattare i bambini che si trovano detenuti nelle carceri con le loro madri sin dalla nascita. Figli di donne che, trovandosi recluse, hanno i loro bimbi gestiti, buona parte del tempo, da personale più che competente per aiutarli a sentire meno la fatica che li accompagna fin da subito.
Non so dire con precisione in cosa possa essere d’aiuto la mia disciplina per bambini con questa realtà, ma se solo c’è lo spazio per aiutarli in qualche modo a renderli soggetti meno portati ad ammalarsi o ad aiutarli come qualunque altro bambino che viene accompagnato dai genitori ai trattamenti… perché non tentare? Giustamente essendo un ambito delicato ed essendo loro già testimoni di grandi fatiche arrivare a loro non è semplice ma non chiudo la porta a questo progetto, chissà un giorno potrebbe capitare che si aprano dei canali interessanti.
Sempre riguardo la gestione di piccoli nel primo anno di vita, sta approntando una serie di opuscoli: ci può descrivere il progetto?
L’anno scorso, insieme alla collaborazione di due amiche, ho deciso di realizzare il mio primo opuscolo per i neo-genitori. Alla fine dei miei trattamenti offro suggerimenti ai genitori su come si prende il bambino, su come lo si gira, su come si possono stimolare le sue percezioni. Spesso, per evitare che possano dimenticarseli, lascio un appunto di quello che ho detto loro.
Questo appunto, nel tempo, è diventato un pensiero e un’idea: perché non lasciare loro qualcosa di facile, intuitivo, ma anche ironico legato alla meraviglia della vita che si approccia al mondo?
Non mancano sul mercato opuscoli informativi che riguardano la cura dei bambini a partire dai primi giorni di vita, ma volevo realizzare qualcosa che fosse simpatico, breve, essenziale e che partisse dall’osservazione dei tanti bambini trattati negli anni.
La forza creativa di tre donne ha reso questo primo progetto una realtà, un piccolo opuscolo corredato di disegni e di suggerimenti che possono essere facilmente consultati e sperimentati in famiglia.
Qual è stata la sua esperienza presso l’Istituto “Don Orione”?
Ho mosso i miei primi passi nel mondo della salute e dell’aiuto all’altro grazie al Don Orione di Milano dove ho lavorato per sei anni circa.
A questo istituto dico tutt’oggi grazie per avermi aiutato a rinforzare le mie conoscenze e a capire cosa volessi fare per migliorare la mia crescita professionale. Un grazie va anche riconosciuto per il fatto che mi hanno permesso di continuare gli studi e di essere quella che sono oggi.
All’interno di quel mondo ho potuto lavorare con “bambine” dalle patologie più complesse, le chiamano bambine perché sono state accolte in tenera età ma molte di loro sono più grandi di me. Una volta le famiglie non avevano i sostegni adeguati per gestirli al domicilio e si sono affidati alle cure di questo ente. Lì io ho continuato a creare una relazione con un mondo molto lontano da me, “la disabilità”, e a conoscere come aiutarla. Sono stati anni importanti e molto formativi.
Qual è il grado di interesse della sanità milanese, nelle sue istituzioni e nella medicina di base, nei confronti della ricerca e della terapia osteopatiche?
Non sono in grado di rispondere a questa domanda in modo approfondito in quanto non parlo con le istituzioni che si occupano di questo settore. Posso solo dire per esperienza personale che le figure mediche che circuitano attorno al mondo del bambino e dell’adulto suggeriscono sempre più l’intervento dell’osteopata in situazioni delicate.
Di certo stiamo cercando di farci conoscere al meglio ed è nostro interesse collaborare con tutte le figure mediche o sanitarie. L’obiettivo ultimo è sempre “l’utente”, qualunque sia l’età in cui necessita di un nostro aiuto.