Con il coinvolgimento di amiche e amici e con la collaborazione dell'associazione Dis/ordine continua la mia indagine sull'attuale situazione dell'arte, della cultura e dell'ambiente nella mia città.
Penso sia priva di senso la distinzione tra arte e arte minore. In questo racconto prendono forma luoghi diversi del fare e la loro origine risiede tutta nella circostanza dell'arte quando genera altra arte. Mentre ascoltavo Cesare leggere la prima stesura di questo lavoro, mi ritornò alla mente Gustav Klimt e i suoi due viaggi a Ravenna.
Prima di riportare una mia breve rilettura dei due viaggi di Klimt nella "Ravenna dell'oro" desidero ricordare la sua appartenenza alla schiera antica di artisti-artigiani, creatori e decoratori d'oggetti, come di ambienti, e, del resto, il padre era orafo.
Nel 1903 mi trovavo a Venezia e ho fatto due viaggi a Ravenna. Sono piuttosto pigro e non mi allontano volentieri da Vienna. Sono infatti un uomo ansioso e ipocondriaco. A Venezia ho trovato l'acqua alta e Ravenna era avvolta dalle millenarie nebbie bizantine. La città esternamente ha un aspetto molto misero, ma contiene un cuore di incredibile splendore.
A volte accade. Dalla visione dei suoi mosaici ha avuto inizio il mio periodo d'oro. A mio modo ho desiderato citare anche colei che ha potentemente contribuito alla sua grandezza. Nella decorazione dello sfondo e del vestito di Adele Bloch Bauer, infatti, ho ridonato voce, all'imperatrice Teodora.
Folgorati sulla strada di Ravenna, Cesare Albertano, Elisabetta De Notaris, per l'associazione Dis/ordine dei Cavalieri della malta e di tutti gli altri colori.
Raccontava Isotta Fiorentini Roncuzzi, indimenticata esperta di arte musiva, che Teodora nei sotterranei del Palazzo di Bisanzio aveva organizzato il primo atelier di moda per realizzare abiti con il bisso e con rare tinture di porpora, proprio quello che lei indossa nella rappresentazione nei mosaici di San Vitale di Ravenna realizzati nella metà del VI secolo d. C. L’aneddotica storica non dovrebbe servire solo per alimentare lo stupore del lettore occasionale o per favorire il compiacimento di sé dell’esperto di turno, ma per favorire il pensiero creativo, interpretativo e progettuale dell’essere umano. Conoscere, avere cultura, riuscire ad orientarsi nei saperi, significa saper progettare il proprio presente e il proprio futuro.
Per qualsiasi persona di buon senso è innegabile che a Ravenna da tempo il piatto pianga. Fuor di metafora, la quota di cultura, di senso della storia, di visione prospettica, di concretezza fattiva dell’azione politica è purtroppo assai scarsa: abbiamo la necessità di ancorarci alla storia e di ragionare. Proviamoci.
A volte accade, magari in qualche momento di fibrillazione preelettorale, che qualcuno proponga di aprire la città a sfilate di moda tra mosaici e monumenti cittadini. Il disegno di istituire una settimana della moda a Ravenna è di sicuro stimolo e di autentico interesse: vi troviamo l’eco di progetti già formulati in passato che tendevano a valorizzare il connubio moda e mosaico, rapporto da tempo intuito da artisti e stilisti di altissimo livello. Ottima idea, dunque, un’idea da appoggiare e da perfezionare, ma un’idea che ha una sua lunga storia, forse ai più sconosciuta, un’idea che appartiene alla città, insomma già a disposizione a patto di saper ascoltare, scegliere e fare, perché è una delle tante “idee senza tempo” – come le definiva Saturno Carnoli – non sfruttate.
Dobbiamo risalire al 1987 con l’esperienza della maestra della trasversalità creativa, Cinzia Ruggeri, geniale artista, designer, stilista che, seguendo il proprio genio visionario e surreale, coinvolse la mosaicista ravennate Luciana Notturni nella realizzazione di corpetti in mosaico che sfilarono a Milano.
Dieci anni fa il Liceo Artistico Nervi-Severini – fabbrica cittadina di idee e progetti, da troppi anni messo in stand by, ma che oggi ritrova tutta la sua potenzialità con una nuova dirigenza – aveva già posto l’accento sugli effetti e sulle suggestioni che i mosaici di Ravenna avevano suscitato nell’ambito della moda contemporanea. Il progetto si concretizzò nel novembre del 2011 e prese il titolo de Il Filo di Teodora con la ricostruzione storica di abiti e tessuti bizantini in collaborazione con Chiara Vigo, fondatrice del Museo del Bisso di Sant'Antioco, con abiti realizzati da Monica Benini. A ispirare l’iniziativa era stata l’ultima sfilata di Gianni Versace che, poco prima di essere ucciso nel 1997 davanti alla sua villa a Miami Beach, anch’essa decorata con raffinati mosaici, aveva proposto una collezione ispirata agli splendidi modelli bizantini. D’altra parte quel “sono stato folgorato sulla via di Ravenna” è una dichiarazione attribuita direttamente a Gianni Versace in una sua biografia postuma ed è noto che le decorazioni sugli abiti della sua ultima sfilata di Firenze fossero ispirate proprio ai mosaici bizantini osservati in un suo viaggio fatto a Ravenna. A dimostrazione del consolidato legame tra moda e mosaico, Marcello Landi, presidente dell’associazione Dis/ordine e allora dirigente scolastico del Liceo Artistico, si recò a Milano invitato dal senatore Santo Versace alla Maison Versace al quale, per l’occasione, donò il mosaico realizzato alla fine degli anni ’90 dagli alunni dell’Istituto d’Arte per il Mosaico di Ravenna. L’opera, realizzata in occasione della prematura scomparsa di Gianni Versace, raffigura una testa di Medusa che piange una lacrima di madreperla e una piccola colomba che giace al suolo ferita a morte.
Sempre nella stessa iniziativa del liceo artistico si faceva riferimento anche alle creazioni del raffinatissimo Karl Lagerfeld. Il caso dell’artista tedesco è emblematico: dopo un viaggio a Ravenna produsse una linea di moda per la collezione Paris-Byzance per Chanel uscita nel 2010, nonché il libro d'arte Byzantine Fragments dedicato ai mosaici di San Vitale. Tutta la collezione era un richiamo continuo a Ravenna, una vera rielaborazione artistica in chiave contemporanea, senza mai cadere nella riproduzione pedissequa o seriale della gadgettistica industriale che ha ormai invaso la città un tempo capitale del mosaico.
Nel 2013 Domenico Dolce e Stefano Gabbana realizzarono a Milano una storica passerella sartoriale che celebrava il mosaico nella collezione dedicata alla stagione autunno/inverno, traendo ispirazione dai mosaici siciliani di Monreale e da altri esempi fiorentini. Anche in questo caso vennero coinvolti artigiani di altissimo livello per realizzare i mosaici su scarpe, abiti gioiello e borse, in una sinergia naturale tra moda e mosaico. Accomuna queste esperienze il fatto che all’epoca non sapemmo cogliere queste occasioni, surclassati dalla scena milanese, fiorentina o internazionale, occasioni perse come opportunità, perse come momenti di cultura, perse come possibilità di promozione turistica. Ancora nel 2019 per la VI Biennale ravennate del mosaico contemporaneo – l’ultima che è stata organizzata prima delle amnesie di quest’anno – era stata fatta una proposta all’assessorato alla cultura proprio per celebrare Karl Lagerfeld che, come abbiamo visto, aveva trasformato le visioni del mosaico di Ravenna in un prezioso testo fotografico e in una sfilata ispirata all’arte bizantina. Anche quella volta il suggerimento non trovò ascolto, nonostante l’eco mondiale che all’inizio di quell’anno aveva avuto la scomparsa dell’artista tedesco.
Nonostante tutto e spesso all’insaputa dei più, la storia delle relazioni tra la moda e il mosaico ravennate è andata avanti comunque ed è di poco tempo fa la notizia che Fendi ha scelto l’eccellenza della bottega Akomena di Francesca Fabbri per realizzare una collezione speciale della Baguette, la borsa iconica della famosa maison ideata nel 1997, nell’ambito del progetto Hand to Hand.
È un evidente riconoscimento a ciò che resta dell’arte musiva a Ravenna in sinergia con l’arte sartoriale di Casa Fendi, risultato di una sperimentazione continua e di una lotta impari contro l’invasione delle cianfrusaglie. In questo caso il legame con la tradizione non è affatto disconosciuto: compariranno le decorazioni con il cielo di Galla Placidia cosicché la promozione di qualità dell’intera città è presto fatta. Cosa che si è di nuovo concretizzata nell’installazione a Palazzo Rasponi del luglio scorso: cinque mosaici firmati da Marco De Luca e cinque modelli di moda firmati da Cristina Rocca.
Non esiste solo il mercato del lusso: la nuova tuta dello sci club Orso Bianco, unico sci club di Ravenna, porta le decorazioni tratte dai particolari di alcuni mosaici di Galla Placidia a dimostrazione che comunque il marchio di Ravenna è e resta il mosaico.
Se si continua a pensare che con la cultura non si mangia, la ricerca si attenua, il pensiero si indebolisce e alla fine sparisce. Lo storico legame tra mosaico ravennate e moda, se ben sfruttato, rappresenta un’ulteriore occasione per ripensare e strutturare progetti che coinvolgano vari soggetti della città e del territorio, allargati agli studenti delle scuole superiori, alle abilità sartoriali presenti nel territorio, agli stilisti di caratura nazionale e internazionale, favorendo così un percorso virtuoso di iniziative che sappiano inaugurare un nuovo modo di intendere e praticare le buone idee.
Lasciamo stare per un attimo il mosaico e mettiamolo in attesa. Per uscire dalle semplici intenzioni, facciamo un esempio concreto di come si potrebbe coniugare la conoscenza storica con un’iniziativa creativa: Guidarello Guidarelli, il cavaliere immortalato in tutta la sua bellezza nella scultura funebre di Tullio Lombardo, al quale sono stati attribuiti nel tempo addirittura poteri taumaturgici. All’inizio del 1501 Guidarello venendo a lite con un altro cavaliere per il prestito di una sua camicia ricamata alla moda spagnola, da usarsi nei festeggiamenti, trovò la morte in duello.
A noi ravennati cosa resta nel presente, a parte l’aneddoto storico, incerto come ogni aneddoto che si rispetti? La camicia di Guidarello, un capo d’abbigliamento, dunque un oggetto simbolo della moda, ma nel nostro caso dal forte potere evocativo. Già nel 2018 l'associazione Dis/ordine propose all'assessorato alla cultura la realizzazione della camicia di Guidarello da parte di stilisti di fama internazionale.
Perché dunque non organizzare ora un concorso per produrre bozzetti da parte degli studenti delle superiori – non necessariamente solo del liceo artistico, perché il talento può nascondersi dovunque – visionati da stilisti di fama, così da innescare quel processo virtuoso tra storia del territorio e creatività, sartoria, artigianato del settore, al quale poi agganciare altri eventi legati alla musica, al teatro, alla danza, alla letteratura, per finire con una sfilata conclusiva tra le vie della città.
Quante confluenze e quante occasioni si possono produrre! Affidiamo questi stimoli a chi gestisce l’identità di Ravenna, la sua cultura, il mosaico, la moda e l’artigianato e ci auguriamo che questi stimoli entrino come protagonisti nelle scelte strategiche dei prossimi anni.