Dopo lo Slow Food, gli Slow Flowers: sull’onda del successo del cibo sostenibile e prodotto sul territorio, nel 2013 la scrittrice americana Debra Prinzing ha coniato questo termine, fondando un movimento green con l’obiettivo di promuovere fiori etici e a km zero. Da allora, è stato tutto un nascere e un diffondersi, dapprima negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Irlanda, ma in seguito nel resto d’Europa, Italia compresa, delle cosiddette flower farms, aziende agricole specializzate nella coltivazione di fiori e fronde da reciso, ma con caratteristiche completamente diverse rispetto alle serre della floricoltura industriale. Sono infatti “fattorie dei fiori”, che coltivano e producono rigorosamente con metodi biologici, dunque senza concimi e pesticidi chimici, senza riscaldamento e seguendo invece i tempi naturali delle stagioni. Di conseguenza, con i fiori a km zero da un lato si riscopre questo aspetto, ritrovando così un contatto sensato con Madre Natura, e dall’altro non si danneggia l’ambiente, né la salute delle persone, perché si evitano i prodotti chimici tossici e si riduce notevolmente l’inquinamento da trasporto.
I fiori in vendita, infatti, salvo rari casi, provengono dalla Colombia, dal Kenya, dall’India e da altri Paesi lontani, dove sono coltivati con ampio uso di pesticidi e senza alcuna tutela per i lavoratori; vengono trasportati in aereo fino in Olanda, trascorrendo giorni in frigorifero, per poi essere smerciati a un’asta e quindi essere distribuiti in tutta Europa, di nuovo tramite aereo e poi su strada, con conseguente grave impatto sull’ambiente.
I fiori coltivati localmente ed eticamente, invece, hanno un “peso” nettamente inferiore, senza contare che sono molto più belli, “veri” perché talvolta “imperfetti”, durevoli e di sapore, di quelli tutti uguali, stereotipati e senz’anima che arrivano dal mercato olandese.
In America, il mercato dei fiori recisi locali rappresenta il 20% di quello totale, in Inghilterra il 12% del mercato totale: grazie a Jen Stuart-Smith (Blooming Green Flowers, fondata dieci anni fa a Maidstone, nel Kent), pioniera di questo pensiero e movimento, già dal 2011 i floricoltori si sono riuniti nell’associazione Flower from the Farm, riuscendo così a pesare qualcosa, ma c’è ancora molto da fare.
In Italia il mercato è ancora molto limitato ma in netta espansione: negli ultimi cinque-sei anni sono state aperte quasi una ventina di flower farms, e la maggior parte è condotta da donne. Le loro dimensioni sono ridotte, rispetto alle grandi estensioni che caratterizzano le sorelle americane, ma è comunque un buon inizio.
La produzione dei fiori da reciso si divide in due tempi: i fiori d’inizio primavera-inizio estate (muscari, giacinti, narcisi, tulipani, fritillarie, agli ornamentali), che constano principalmente nelle bulbose, da mettere a dimora in ottobre-novembre; e i fiori annuali estivi-autunnali, ottenuti da semine primaverili scagionate (fiordalisi, nigelle, scabiose, girasoli nani, piselli odorosi, cosmee, statice, ombrellifere come la carota selvatica e Orlaya grandiflora, zinnie, amaranti e celosie, oltre alle dalie, le cui radici tuberose si mettono in terra ad aprile.
Per arricchire l’offerta, in particolare in autunno e inverno, si aggiungono le coltivazioni che comprendono in genere anche alcune erbacee perenni (aster, margherita, achillee, eryngium, echinops, garofani, crisantemi), arbusti e piccoli alberi adatti a fornire rami, fronde e fiori: mimose, ciliegi, meli e peschi ornamentali, per la primavera; ortensie e rose rifiorenti per l’estate; querce, aceri e altre specie dal fogliame fiammeggiante per l’autunno; calicanto, nocciolo contorto e caprifoglio invernale, salici e cornioli per l’inverno.
I coltivatori di fiori locali forniscono i fiori a fiorai e organizzatori di eventi, ma talvolta sono loro stessi floral designers, e, in nome dell’etica, non utilizzano la classica “spugna da fioristi“, bensì reti da pollaio e altri materiali e oggetti eco. Alcuni organizzano anche il servizio abbonamento, che consiste nel raccogliere i fiori, comporli in bouquet e consegnare freschi freschi di giornata, in genere, una volta alla settimana. Oppure, aprono al pubblico una mattina alla settimana (di solito il sabato), per cui è possibile andarsi a ritirare il proprio mazzo direttamente dal produttore.
Alcune “fattorie dei fiori” sono riunite nel collettivo di produttori Italian Flower Farmers, a sua volta iscritto all’associazione Slow Flowers Italy, che comprende anche fioristi, flower designers, fotografi e tutti quelli interessati alla filiera corta, dei fiori italiani etici e sostenibili. Olga Campagnoli, fra le prime flower farmers italiane, durante i mesi invernali organizza corsi e work shop in cui svela i segreti per diventare coltivatori di fiori.