In questo periodo di grande confusione dove sentiamo parlare di una verità e del suo esatto contrario, dove personaggi pubblici enunciano una tesi e l’indomani un’altra, dove pare che la conoscenza sia affidata ad un manipolo di individui che se ne fanno possessori in nome della “scienza”, dove la stampa canta le gesta dei governi e riempie di paura i cittadini con lo spauracchio di virus pericolosissimi, di vaccini da santificare, di obblighi che dividono e discriminano, cerchiamo di attaccarci alle certezze della legge fondamentale dello Stato italiano, la Costituzione della Repubblica Italiana, attraverso un’intervista al prof. Daniele Trabucco, associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano, nonché autore di numerosi articoli e saggi in materia di Diritto.
Negli ultimi diciotto mesi abbiamo assistito ad atti di Governo che contrastano con i principi fondamentali della nostra Costituzione, quale è stato il primo passo?
Dopo la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 contenente la dichiarazione di emergenza sanitaria di rilievo nazionale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 01 febbraio 2020, il Governo della Repubblica (Conte II e Draghi) ha utilizzato sia i decreti-legge, sia i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, per fronteggiare e contenere la diffusione dell’agente virale Sars-Cov2. Se, da una parte, la situazione di straordinarietà, urgenza e necessità legittimava e legittima il ricorso alla decretazione legislativa d’urgenza, dall’altra non mancano dubbi di costituzionalità in merito all’utilizzo dei DPCM, atti formalmente amministrativi e sostanzialmente normativi, i quali, sebbene trovino la loro base legale nell’art. 2, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 convertito, con modificazioni, nella legge formale n. 35/2020, hanno assunto il compito di modulare le diverse misure di contenimento, sottraendo in questo modo al decisore politico (Governo e Parlamento) il bilanciamento tra interessi costituzionali contrapposti.
Né vale, a riguardo, l’obbligo di informativa gravante sul Presidente del Consiglio dei Ministri o su un Ministro da lui delegato di informare le due Camere relativamente al loro contenuto. Infatti, i due rami del Parlamento non solo non possono incidere sul contenuto dei vari DPCM, ma si limitano ad esprimere, tramite risoluzioni, un mero punto di vista vincolante sul piano politico ma non certamente giuridico.
Da ultimo, l’uso dei decreti del Presidente del Consiglio rende il decreto-legge una fonte-atto ad “efficacia differita” e, dunque, priva del requisito di immediata applicabilità delle disposizioni normative in esso contenute. Si tratta di un aspetto che la Corte costituzionale, con la nota sentenza n. 22/2012, ha ritenuto essere incluso nei presupposti giustificativi (straordinarietà, urgenza e necessità) del decreto.
Tra DPCM e Decreti-Legge, come si può orientare il cittadino comune?
I cittadini italiani sono tutt’ora disorientati davanti alla produzione normativa emergenziale sia per la rapidità con cui muta, sia per la difficoltà di una comprensione delle stesse disposizioni normative. Ci si trova all’assurdo per cui una FAQ del Ministero è chiamata ad interpretare i testi legislativi e le espressioni ivi contenute.
Quale ritieni sia stato l’Atto più grave contro la nostra Costituzione nel corso della Pandemia?
Credo che il momento più grave sia, in realtà, divenuto una costante: la marginalizzazione del Parlamento, intervenuto a convertire in legge ordinaria i decreti-legge e ad autorizzare scostamenti di bilancio ai sensi dell’art. 81 della Costituzione vigente, ma incapace, anche simbolicamente, di riappropriarsi della gestione dell’emergenza attraverso la presentazione di un progetto di legge volto a sottrare la stessa al circuito Governo-Comitato tecnico-scientifico. Questo conferma la crisi, già presente prima del Covid, della democrazia rappresentativa ed il consolidamento, per dirla con le parole del prof. Massimo Salvadori dell’Università degli Studi di Torino, della “democrazia delle oligarchie” quale “prodotto” della nefasta ideologia neoliberista.
Ci sono stati momenti della nostra Storia recente in cui abbiamo vissuto situazioni analoghe?
Dall’unità d’Italia ad oggi il nostro Paese ha attraversato momenti bui non solo sul piano dell’emergenza sanitaria (si pensi all’influenza spagnola tra il 1918 ed il 1920, all’influenza “asiatica” di fine anni ’50 del secolo scorso), ma anche su quello politico-sociale: gli anni di piombo, il fallimento della c.d. “Prima Repubblica” etc. Tuttavia, in quei contesti, si riscontrava una volontà comune di tutte le forze politiche di dare un segnale forte o, comunque, di voltare rapidamente pagina. L’emergenza sanitaria in atto, invece, ha cambiato i paradigmi della politica, pervenendo ad una medicalizzazione della stessa e alla politicizzazione della scienza (basti solo accendere la televisione per entrare nel “pollaio” di virologi e infettivologi) con conseguente incapacità, da parte del decisore politico, di assumere un ruolo di mediazione e di confronto.
Sono più gravi al livello legale le decisioni prese dai nostri Presidenti del Consiglio, Conte e Draghi, o quelle non intraprese dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella?
Credo che, sia pure nel pieno rispetto delle istituzioni coinvolte, sia mancato da una parte un controllo preventivo di legittimità ad opera del Presidente della Repubblica pro tempore, prof. Sergio Mattarella, soprattutto in occasione dell’emanazione dei decreti-leggi dell’emergenza (controllo che non dovrebbe limitarsi alla verifica dei soli presupposti giustificativi (sent. n. 29/1995 Corte cost.), ma assumere un ruolo più incisivo in ragione della particolare natura della fonte-atto), dall’altra l’equilibrio dell’Esecutivo che, in nome di una esaltazione parossistica della salute quale “interesse della collettività”, ha finito per bilanciare interessi costituzionali contrapposti in modo non adeguato e non proporzionato anche sfruttando l’inerzia delle due Camere. Da qui, allora, la necessità di ripensare completamente la nostra forma di governo parlamentare “a debole razionalizzazione” e ragionare in senso presidenziale - sia pure nel rispetto dei limiti -espresso e tacito di revisione della Costituzione.
Sembra che questa pandemia abbia suscitato l’incredulità degli avvocati, molti dei quali hanno intrapreso le più disparate azioni legali: come si è comportata la magistratura nei confronti di questi atti?
Molti avvocati e colleghi universitari hanno denunciato con forza e coraggio l’affermazione di un regime generale di non libertà in cui le libertà sono state sempre più relegate a spazi interstiziali (sul punto rinvio ai contributi del prof. avv. Vincenzo Baldini dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale). Ovviamente, come sempre, non mancano quelli che il filosofo Marino Gentile (1906-1991) definiva gli “enzimi del potere” sempre pronti a difendere oltre l’indifendibile l’operato del Governo. Riguardo alla magistratura ci sono state decisioni “coraggiose” dei giudici ordinari ed amministrativi, ma sarebbe interessante vedere la posizione della Corte costituzionale quando sarà chiamata a pronunciarsi su una o più disposizioni della normativa emergenziale contenuta in fonti-atto (statali e regionali) di rango primario. Personalmente non credo molto al giudice delle leggi, anche se spero ovviamente di essere smentito, poiché penso sia solo l’ultimo tassello di un sistema assolutamente impermeabile.
Abbiamo la speranza che queste ‘azioni’ abbiano un peso per ridisegnare i Diritti Degli Italiani?
La speranza deve essere la costante di ogni azione dell’uomo. Tuttavia, sono persuaso che una risposta forte non possa venire dalla via giudiziaria, ma dalla politica, o meglio da una nuova politica. Qui c’è bisogno di correggere la deriva del nuovo “Leviatano sanitario” e questo è possibile solo attraverso un pensiero filosofico-politico controrivoluzionario che metta al centro l’ordine naturale delle cose, che concepisca il potere come ordinatore e non creatore, che riconosca come i diritti e i doveri dell’uomo, prima che nella Costituzione, sono la proiezione del suo essere boezianamente sostanza individuale di natura razionale.
Come possono essere aiutate le categorie del personale sanitario, dei ristoratori, degli insegnanti, particolarmente colpite dall’obbligo vaccinale?
In merito all’obbligo vaccinale, che l’art. 4 del decreto-legge 01 aprile 2021 ha introdotto per il personale sanitario, ritengo siano due i profili di possibile incostituzionalità:
- il mancato rispetto della persona umana di cui all’art. 32, comma 2, della Costituzione repubblicana, quale barriera all’introduzione di un trattamento sanitario obbligatorio, in ragione dell’immissione condizionata dei vaccini nel mercato comunitario ai sensi dell’art. 4 del regolamento (CE) n. 207/2006 dei quali abbiamo dati sufficienti ma non ancora completi (l’AIFA si trova ad aggiornare molto spesso l’elenco degli effetti avversi);
- il fatto che il legislatore, diversamente da quanto previsto nelle sentenza n. 258/1994 e n. 118/1996 della Corte costituzionale, non abbia tutelato adeguatamente la salute quale diritto individuale, dimenticando di indicare in termini normativi, precisi e puntuali gli strumenti diagnostici preventivi cui l’obbligando può sottoporsi prima della inoculazione al fine di scongiurare “eventi tragici” e lasciando l’onere della prova del possibile danno alla salute a chi è tenuto alla vaccinazione.
Quanto agli insegnanti non c’è, nel momento in cui si rilascia questa intervista, un obbligo di vaccinazione. Tuttavia, il Governo della Repubblica, con il decreto-legge 06 agosto 2021, n. 111, ha introdotto, a far data dal 01 settembre al 31 dicembre 2021, il possesso del certificato verde (cartaceo o digitale) Covid-19 per poter svolgere la loro attività lavorativa. In altri termini, eludendo l’art. 32, comma 2, del Testo fondamentale, per cui solo la legge può introdurre come obbligatorio un trattamento sanitario (vaccino o tampone), l’esecutivo surrettiziamente ha imposto un vero e proprio obbligo. In questo caso, solo davanti ad un giudice (ad esempio, ricorrendo contro un provvedimento di sospensione senza retribuzione) sarà possibile sollevare la questione di costituzionalità.
Quali articoli della Costituzione possono tutelare un cittadino che per libera scelta non si voglia sottoporre a vaccino o a terapia genica?
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 438/2008, ha affermato come, nonostante non sia espressamente previsto in Costituzione, esiste un generale diritto di autodeterminazione della persona, anche con riguardo alle cure ed ai trattamenti sanitari, il quale si ricava dal combinato disposto degli artt. 2, 13 e 32 del Testo fondamentale del 1948. Il necessario possesso del certificato verde Covid-19 (c.d. “green pass”) per poter accedere a scuola, al bar al chiuso e al tavolo, ad un concorso pubblico non assicura alcuna minima operatività di questo diritto (cfr. sent. n. 67/1990 Corte cost.), finendo per essere soppresso.
Come si pone il nostro Paese rispetto al resto dell’Europa in termini di violazioni del Diritto?
Rispetto al regolamento (UE) n. 953/2021 che ha uniformato in tutti i 27 Stati membri il “green pass” ritengo ci sia un grande equivoco. In particolare, si fa riferimento al paragrafo 36 del considerato (cioè della premessa) laddove esso invita a non realizzare alcuna discriminazione tra vaccinati e non vaccinati (includendo in quest'ultima categoria anche coloro che rifiutano l'inoculazione del siero). In realtà, siamo di fronte ad una lettura superficiale e poco sistematica che non prende in esame in modo adeguato i rapporti tra Unione Europea e Stati membri. La prima ha, per Trattato, una competenza in materia di coordinamento delle politiche sanitarie (nel caso di specie prevedere una certificazione uniforme tra i 27) e di libertà di circolazione dei cittadini europei all'interno del territorio comunitario. I secondi, invece, dispongono di determinare le singole politiche sanitarie. Ci troviamo, dunque, di fronte a due sfere di attribuzione completamente diverse. In ragione di questo non può esservi alcun contrasto tra il regolamento (UE) n. 953/2021 e il decreto-legge n. 105/2021 (o quello sulla scuola) che ha esteso il c.d. "green pass" per l'accesso a certe strutture ed a certi servizi. Pertanto, nessun giudice interno procederà, secondo i criteri stabiliti dalla sentenza n. 170/1984 della Corte costituzionale, a non applicare la fonte interna per contrasto con quella comunitaria. Del resto, se si legge con attenzione l'art. 11, paragrafo 1, del sopra citato regolamento, si ribadisce (conformemente al Trattato di Lisbona del 2007) che resta salva la competenza degli Stati membri, tra cui l'Italia, di prevedere limitazioni nell'ambito delle loro politiche sanitarie. Il problema, dunque, rileva unicamente sul piano costituzionale dei singoli ordinamenti giuridici statali. L'Unione Europea, quando vuole, rispetta le attribuzioni degli Stati.
E rispetto al resto del mondo?
L’Italia è il Paese che ha subito di più, in rapporto al numero di abitanti, le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria e le conseguenze sociali ed economiche. Siamo un grande laboratorio medico e sociale a cielo aperto. Altri ordinamenti hanno operato scelte diverse e con buoni risultati. Prendiamo la Svezia. Essa ha evitato le rigide chiusure anti-Covid che hanno condizionato gran parte dell'economia globale, certificando nel 2020 un tasso di mortalità complessivo inferiore rispetto a gran parte dei Paesi europei, come mostrato da un'analisi dell’Eurostat basata su dati ufficiali, ripresa in un articolo della Reuters. Anche ammesso, come sostengono gli esperti di malattie commentando questi dati, che i risultati non possono essere interpretati come prove del fatto che i lockdown non fossero necessari, hanno, comunque, riconosciuto che potrebbero indicare come la posizione generale della Svezia nella lotta alla pandemia abbia meriti che vale la pena approfondire.
È ancora legale il permanere dello stato di emergenza?
Lo stato di emergenza, normato dal d.lgs. n. 1/2018 e successive modificazioni (Codice della Protezione Civile), può durare 12 mesi prorogabile di altri 12, dunque due anni al massimo. Dal punto di vista legale le proroghe, inclusa quella stabilita dall’art. 1 del decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105 fino al 31 dicembre 2021, sono perfettamente legittime. Il problema è che lo stato di emergenza, non essendo costituzionalizzato (il Testo fondamentale del 1948 volutamente, per la paura di derive autoritarie, non lo ha normato e si è limitato a prevedere, nell’art. 78, lo stato di guerra), rimane nella disponibilità del legislatore ordinario il quale, alla luce di nuove varianti dell’agente virale Sars-CoV-2, può derogare al termine massimo di 24 mesi, allungando la durata dell’emergenza con una fonte di pari livello, ad esempio un decreto-legge, del decreto legislativo delegato n. 1/2018. In questo modo, si consoliderà la normalizzazione dell’emergenza stessa per utilizzare un’espressione cara al filosofo Giorgio Agamben.
Quali articoli della Costituzione viola il Decreto Legge sul Green Pass n. 105 del 23/07/2021 in vigore dallo scorso 6 Agosto?
L'estensione del certificato verde Covid-19, già introdotto ad aprile con il decreto-legge n. 52/2021 (c.d. “riaperture”) in vista della circolazione tra Regioni gialle e Regioni arancioni o rosse salvo i motivi di lavoro, salute e necessità, per l'accesso ad alcuni servizi e strutture, di cui all'art. 3 del decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, pone almeno due problemi di ordine costituzionale.
Il primo: in assenza di un obbligo generalizzato di vaccinazione, il legislatore d'urgenza detta una disciplina irragionevole in contrasto con l'art. 3, comma 1, della Costituzione vigente, determinando una vera e propria discriminazione tra immunizzati e non immunizzati.
Il secondo: si elude l'art. 32, comma 2, del Testo fondamentale, in quanto si introduce surrettiziamente l'obbligo dell'inoculazione. All'obiezione che il certificato si può ottenere anche con un tampone rapido o molecolare negativo, si deve replicare come, al di là dei punti predisposti dalle Regioni in cui lo stesso viene effettuato gratuitamente, in tutti gli altri casi, esclusi i soggetti non coinvolti nella campagna vaccinale, esso presenta un costo che non è possibile, per molte persone, sostenere ogni 48 ore. In questo modo, sebbene ci sia l'intenzione, da parte del legislatore d'urgenza di calmierare i prezzi, si crea un non secondario ostacolo di ordine sia economico, sia sociale, che lascia aperti alcuni dubbi riguardo il rispetto del principio di eguaglianza sostanziale ex art. 3, comma 2, Cost.
Dopo tutte queste considerazioni, possiamo ritenere che in Italia si stia delineando una dittatura?
Non credo sia corretto parlare di “dittatura”, o meglio per utilizzare una terminologia giuridica di Stato totalitario. Questo sussiste quando gli organi statali sono espressione di un solo partito politico. Tuttavia, stiamo assistendo ad un allineamento di fatto dei poteri suddetti sia pure dentro la cornice dello Stato di diritto e della Costituzione formale. C’è poca opposizione, ogni pensiero critico viene bollato con etichette quali no vax, no pass etc., attribuendo ad esso un giudizio di valore assoluto che dovrebbe essere del tutto estraneo alle democrazie pluraliste, le libertà costituzionali sono «ipotecate». Il costituzionalismo nato per limitare il potere si trova ad essere «disattivato» dal potere medesimo.
Fino a dove si può spingere questo Governo?
Il Governo dei “migliori” (Conte prima e Draghi ora) si spingerà fino a dove il popolo lo consentirà. O ci riappropriamo della coscienza di un destino comune e decidiamo di gestire l’emergenza in modo ragionevole, altrimenti dovremmo convivere con quel “dio mortale”, direbbe il filosofo politico inglese Hobbes (1588-1679), cui dobbiamo la nostra pace, la nostra sicurezza e… la nostra salute.
Ringrazio Daniele Trabucco per questi importanti chiarimenti di cui la collettività ha bisogno per comprendere fino in fondo l’attuale momento storico.
Il Popolo deve essere informato da una pluralità di fonti, documentarsi attraverso la narrativa proposta dai media ma anche mediante il “controcanto” che nasce spontaneo dai canali non ufficiali, perché, solo se è a conoscenza di tutte le variabili in gioco, ha l’opportunità di esprimere consenso o dissenso e di rammentare a se stesso e ai poteri politici che lo governano che «La sovranità appartiene al Popolo» o per lo meno così dovrebbe essere…