Abbiamo chiacchierato con Bernardo Tirabosco, fondatore assieme a Elena Castiglia e Jacopo Naccarato di Sottofondo Studio nel cuore della pierfrancescana città di Arezzo.
Nonostante il periodo difficile e ostico, questo spazio, nato da uno studio d’artista, vuole essere una scommessa per l’arte e la sperimentazione. La mostra inaugurale è stata appunto la personale di Bernardo Tirabosco, dal titolo In nessun luogo.
Come nasce Sottofondo Studio? L’origine del suo nome? E qual è la sua mission?
Sottofondo nasce inizialmente come mio studio. Un luogo dove poter continuare la mia ricerca artistica dopo il diploma in accademia. Quando stavo cercando il nome da dare allo studio, la mia ragazza mi suggerì l’idea di pensare a qualcosa che avesse strettamente a che fare con questo spazio, un nome che rimandasse alla tipologia di ambiente che avevo appena trasformato in studio. Da questa idea è nato “Sottofondo”, come fondo: il termine con cui si indica comunemente questa tipologia di ambienti. La mission di Sottofondo è quella di dedicare una parte di studio a spazio espositivo, creando una realtà indipendente dove poter promuovere, tramite mostre e eventi, una rete di connessione e di contatti tra artisti e curatori.
Il team di Sottofondo Studio al momento vede il tuo nome assieme a quello di Elena Castiglia, curatrice e Jacopo Naccarato, artista. Ci racconti più approfonditamente il vostro background e percorso di studi?
Io, Elena e Jacopo ci conosciamo ormai da anni, abbiamo intrapreso tutti e tre lo stesso percorso di studi, in tre differenti Accademie di Belle Arti, (Perugia, Milano, Bologna). Abbiamo sempre portato avanti l’idea di poter fare qualcosa insieme nella nostra città, unendo le nostre idee nel campo dell’arte. Quando poi trovai lo spazio adatto per lo studio questa occasione di collaborare si fece più concreta, avendo a disposizione un luogo dove poter concentrare la nostra creatività. Il nostro punto di forza sono le diverse formazioni artistiche e le esperienze maturate in città e circuiti d’arte differenti. Questo ci è stato di grande aiuto, soprattutto per la rete di contatti e conoscenze che ognuno di noi ha messo fin da subito a disposizione per il progetto, ora ne stiamo vedendo i primi risultati.
Sottofondo Studio ha inaugurato la sua attività con la tua personale In nessun luogo. Ci racconti la genesi di questo progetto espositivo, i materiali che hai utilizzato (ho letto curiosamente del sapone) e il concept generale?
Il progetto della mia personale è nato nell’autunno del 2020, quando pensavamo di inaugurare lo spazio espositivo a novembre. Poi invece è arrivato il secondo lockdown e tutto è stato rimandato a data da destinarsi. Durante le lunghe giornate passate in studio, cominciai a osservare meglio lo spazio che mi circondava, instaurai un dialogo con esso. Era come fosse diventato una sorta di rifugio/prigione, dove continuare i miei lavori in completa solitudine e senza alcuna interferenza.
Nello stesso periodo nacque l’idea di introdurre il sapone come materiale scultoreo per le mie installazioni, un esperimento che ha portato un’evoluzione nella mia ricerca artistica e che sarà protagonista anche dei prossimi progetti e mostre. Con tutte queste novità, il progetto iniziale di allestimento che avevo in mente è stato completamente stravolto.
I lavori installati parlano di natura, architetture, maschere apotropaiche, forme primitive, tutti elementi differenti tra loro, (sia per periodo storico che culturale geografico), che tuttavia esprimono in maniera corale la mia volontà di evadere anche solo con la mente dal contesto quotidiano della pandemia, provando ad immaginare cose, forme, odori, colori fuori da quelle mura. Da questa ricerca nasce il titolo della mostra In nessun luogo.
Sottofondo Studio nasce nel cuore di Arezzo. Che rapporto hai con la città? E come Arezzo può inserirsi in un dialogo sulla scena contemporanea attuale?
Per l’apertura dello spazio c’è stato molto interesse da parte della cittadinanza, non ci aspettavamo tutta questa curiosità e partecipazione. I primi giorni di inaugurazione c’è stato un bel via vai di persone e la soddisfazione più grande è che tutti abbiano avuto un parere molto positivo su questo tipo di iniziativa. Credo che Sottofondo possa offrire un’opportunità valida per Arezzo e spero che presto possa diventare un punto di riferimento per quanto che riguarda l’arte contemporanea e la valorizzazione di artisti emergenti.
Sui modi in cui come Arezzo possa inserirsi nella scena contemporanea non saprei come rispondere. Penso che per fare ciò occorra del tempo... anni di manifestazioni, eventi e mostre per far conoscere e sensibilizzare le persone al contemporaneo. E cosa molto importante, se non fondamentale, un’amministrazione comunale che creda nel progetto e che lo sostenga, anche da un punto di vista finanziario.
Cosa pensi del sistema dell’arte?
Credo che sia un sistema molto intricato, a volte incoerente. La cosa che reputo veramente positiva è che negli ultimi cinque anni siano nate molte realtà indipendenti, sia in Italia che nel resto d’Europa. Piccole o grandi che siano, la maggior parte di queste sono attività no profit, che si dedicano principalmente alla promozione di artisti, distaccandosi completamente dalle sovrastrutture che regolano e determinano il mercato internazionale. Credo che questo sia un’ottima possibilità per un giovane di far conoscere la propria arte e le proprie idee.
Quanto la pandemia ha influenzato e/o cambiato il tuo lavoro?
La pandemia ha avuto dei riscontri positivi sul mio lavoro, la stessa mostra con cui è stato inaugurato lo spazio ha dei legami con essa. È stato un periodo molto particolare e strano, ho cercato di sfruttare questa situazione anomala per riflettere su me stesso e concentrarmi su quello che volevo davvero. Un momento irripetibile, dove ho avuto “tempo” per dedicarmi interamente al mio lavoro, portando avanti nuove idee e sviluppando un nuovo linguaggio espressivo. È proprio durante il primo lockdown che si è concretizzata l’idea di sviluppare Sottofondo, non solo come studio d’artista ma anche come spazio espositivo.
Che rapporto hai avuto con il digitale? La fruizione dell’arte è sicuramente cambiata in questo periodo storico, che rapporto hai con la comunicazione, ad esempio sui social?
La comunicazione dell’arte si sta rivolgendo per gran parte ai social, strumenti che garantiscono una divulgazione diretta, rapida ed informale. Per quello che riguarda il mio lavoro, i social si sono rivelati molto utili durante la pandemia, un ottimo mezzo per promuoversi e farsi conoscere. Senza questi mezzi non ci sarebbe stata quella rete di contatti fatta di artisti, curatori, spazi espositivi che si è venuta a creare quando è nata la pagina Instagram di Sottofondostudio.
Ci vuoi anticipare i prossimi progetti di Sottofondo Studio e dove possiamo seguirli?
I prossimi eventi di Sottofondo saranno dedicati ad altre due mostre personali. A metà giugno ci sarà l’inaugurazione di Lorenzo Ermini, mentre a luglio quella di Jacopo Naccarato che presenterà un suo lavoro inedito. Entrambe le mostre saranno curate da Elena Castiglia. Poi a settembre, dopo la pausa estiva, la programmazione riprenderà con altre personali di due artiste Romane, Alice Paltrinieri e Giulia Cacciuttolo, rispettivamente curate da Davide Silvioli e Federica Fiumelli.
Per problematiche legate al Covid, il calendario di Sottofondo, che prevede eventi fino a dicembre 2021, sta subendo delle modifiche che stiamo concordando che gli artisti e i curatori coinvolti.
Un piccolo segreto di Sottofondo Studio, o qualcosa di ancora non detto?
Alla signora che abita al piano di sopra, nonché proprietaria dello studio, piace Eros Ramazzotti. Spesso la sento aggirarsi in terrazza canticchiando Terra Promessa.