Quando pensiamo ad un gioiello non siamo soliti immaginare qualcosa di piccolo, prezioso, raffinato e spesso non accessibile a tutti? Ma perché attribuiamo così automaticamente certe qualità a questo particolare oggetto? Un gioiello potrebbe essere anche molte altre cose. Non potrebbe, ad esempio, trattarsi di un bel disegno, di un’idea, dapprima esclusivamente di un sogno, una sorta di progettazione teorica che poi pian piano si potrebbe trasformare dandole un corpo, una forma concreta? È proprio di questo che si occupa Roberto Zanon, architetto, designer e docente all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, veneto di origine, visionario, trasformatore, amante dell’arte in ogni sua forma: lui realizza anelli, braccialetti, collane, piccole sculture, vere e proprie opere d’arte moderna che chiama appunto “gioielli”. Utilizza materiali non convenzionali, morbidi, come la gomma, il feltro, la spugna artificiale ma anche il cartoncino, materiali semplici, che non sporcano, non graffiano e non sono pericolosi. Materiali che si lasciano facilmente modellare e plasmare come più si desidera. Questi gioielli sono dei veri e propri accessori moda, adatti a qualsiasi tipo di utilizzo e, “last but not least”, accessibili a tutti!
Sei un architetto che un bel giorno ha deciso di mettersi a realizzare dei gioielli tridimensionali. In un certo senso si può dire che ci sia una forte affinità tra il progettare una casa al computer o su carta e poi il “metterla in piedi” costruendola ed il disegnare un gioiello e poi il “dargli corpo” realizzandolo. Secondo te è stata proprio questa analogia che ti ha portato ad intraprendere a livello professionale questo “cambiamento di rotta” o sono stati altri i motivi?
Ho studiato architettura quando ancora non c’era la laurea in design e questa è stata una fortuna perché mi ha permesso di affrontare il progetto anche su scala architettonica, seppure il mio interesse principale fosse sempre stato rivolto agli oggetti e all’allestimento. Poi, per una serie di “fatalità”, ho incontrato il mondo del gioiello e questo mi ha permesso – anche se solo apparentemente – di “sgravitare” la forma dalla funzione, facendola dialogare con altre sollecitazioni, quali il rapporto con il corpo e il valore semantico che i gioielli possono contenere.
Molti dei tuoi gioielli sembrano delle piccole sculture geometriche. Attraverso la loro nascita esprimi il tuo evidente amore per la geometria, corretto?
Certo, la geometria, più o meno sofisticata, ha e ha spesso avuto una forte impronta sulla costruzione dei miei oggetti. È il modo più semplice per controllare la forma, ma devo dire che anche la forma non controllata, quella che io chiamo lo “sbrodolamento della forma”, se supportata da un significato, ha una valenza positiva nella mia visione. Ciò che mi interessa mantenere è il rapporto tra la forma e il significato di cui questa dovrebbe essere portatrice.
Molte altre delle tue creazioni invece assomigliano a delle figure preistoriche e/o a dei simpatici animaletti. Da cosa ti lasci veramente ispirare quando crei i tuoi gioielli?
L’ispirazione arriva dalla contemporaneità e se ci sono dei vincoli da rispettare o delle suggestioni, anche casuali, da raggiungere attraverso il disegno e poi con lo sviluppo di basici prototipi è possibile avviare una ricerca sulla forma. È l’innesco di un processo che può portare a dei risultati a volte inaspettati e inconsueti.
I tuoi gioielli sono fatti di un insieme di materiali differenti o solo di un unico materiale per volta?
Devo dire che a me piacciono moltissimo gli oggetti monomaterici e in questo, nella progettazione dell’ultima serie di gioielli che sto realizzando, sono molto coerente. L’accostamento di più materiali o anche di più colori rende il progetto più difficile e rischioso da realizzare. Forse per questo mi piace quando gli artefatti – e quindi non solo i gioielli - sono realizzati in un unico materiale, perché la forma emerge ed anche la lettura percettiva è agevolata. Poi è anche vero l’esatto contrario: proprio l’abbinamento di materiali differenti può generare situazioni interessanti e coinvolgenti, però deve intervenire una sensibilità che non sempre può essere presente.
Nel tuo libro Gioiello e progetto/Jewellery and Concept che hai realizzato per trasmettere il tuo know-how e la tua passione verso il gioiello tridimensionale parli anche di gioielli propedeutici fustellati e di gioielli tagliati a laser. In cosa si differenziano gli uni dagli altri?
È una differenziazione che ho introdotto nel libro per scandire come la mia ricerca sia iniziata con l’utilizzo delle fustelle meccaniche e del taglio a mano; poi è arrivata la possibilità di utilizzare il taglio al laser “casalingo” che ha permesso, quasi magicamente, di ottenere una precisione e un dettaglio impensabili da raggiungere artigianalmente. Un vero punto di svolta, almeno per me che ho sempre ambito a una precisione che con le mie capacità manuali non riuscivo mai ad avvicinare.
Se realizzassi i tuoi gioielli tridimensionali con i tipici materiali usati nella tradizionale oreficeria come il platino, l’oro e l’argento credi che potresti ottenere gli stessi risultati che ricavi utilizzando i materiali non convenzionali che di solito adoperi oppure no?
Il mio interesse per il gioiello mi ha portato a frequentare la scuola serale dell’Istituto Selvatico di Padova, gloriosa istituzione nell’ambito del gioiello, dove sono stato introdotto all’arte della metallurgia. Anche se ho conseguito il diploma le mie capacità nell’oreficeria tradizionale sono rimaste limitate, ma è stato un percorso determinante per capire quali siano le tecniche alla base della lavorazione dei metalli in rapporto al gioiello. La consapevolezza che ho acquisito – anche se mi ha portato alla realizzazione di una serie di anelli, collane e spille – mi piace però riversarla nell’utilizzo di materiali non convenzionali, slegandomi sia dalla preziosità che dal confronto con una tradizione antica quanto l’uomo che un po’ mi spaventa e, oggettivamente, è veramente difficile innovare.
Oltre al taglio al laser quale altra tecnica usi?
Il taglio al laser o anche l’utilizzo del plotter da taglio ha quasi monopolizzato la mia ultima ricerca sul progetto del gioiello. Però per altri progetti ho utilizzato la modellazione al computer per poi realizzare gli oggetti con la stampante 3D oppure con l’assistenza di artigiani orafi. Altre volte sono partito da oggetti modellati manualmente da calcare per ottenere successivamente oggetti in resina, in ceramica e anche in gel poliuretanico.
Il concetto del passaggio dal 2D al 3D non potresti “sfruttarlo” anche per realizzare altri tipi di oggetti, ad esempio, dei complementi di arredo di design, o preferisci svilupparti ancora di più nel mondo del gioiello?
Ci sono molti oggetti e complementi di arredo che utilizzano questa tecnica del taglio in piano per poi conseguire attraverso l’incastro o la piegatura delle forme tridimensionali, però a me interessa rimanere nell’ambito del gioiello. Continua ad interessarmi il parziale svincolo dalla funzione e la carica di significato che desidererei sempre i miei gioielli potessero trasmettere.