Con questa pandemia rischiamo di intendere l'altro come pericoloso, come possibile portatore di virus, come persona X che chissà dove è stata e con chi...
Sì, viviamo giorni in cui abbiamo paura dell'altro, una paura che si somma alla nostra tendenza ad attaccarci al negativo e che rischia di paralizzarci, facendoci perdere di vista il nostro senso di comunità e di umanità.
I biologi evoluzionisti ci dicono che siamo programmati per focalizzarci prevalentemente sul pericolo, sui rischi, su ciò che non va nella nostra vita perché questa strategia ha permesso la sopravvivenza ai nostri antenati.
È per questo che le esperienze negative tendono a rimanere “attaccate” nella nostra mente molto di più rispetto a quelle positive, tanto che Rick Hanson, senior fellow del Greater Good Science Center di Berkeley, ha ideato il famoso paragone con il “velcro”, mentre ha descritto le esperienze positive come il “teflon” perché scivolano via più facilmente.
E non è solo un modo di dire, le ricerche dimostrano come le emozioni negative durino più a lungo e rimangano più impresse nella nostra memoria.
Tendiamo a ruminare di più sugli eventi spiacevoli – e usiamo parole più forti per descriverli – che su quelli felici. Così perdere soldi, essere abbandonati dagli amici o ricevere critiche avranno un impatto maggiore sulle nostre emozioni e sulle nostre giornate rispetto a vincere soldi, fare nuove amicizie o ricevere elogi.
Come i nostri antenati, anche noi tendiamo a scrutare continuamente l’orizzonte per vedere le possibili minacce.
Ovviamente, ora, difficilmente incontreremo per strada tigri dalle zanne a sciabola, ma abbiamo incontrato il virus, che ci sta portando a intendere gli altri come una minaccia da cui occorre difendersi.
E sai cosa succede in questo caso? Ci contraiamo, ci chiudiamo.
Ci mettiamo sulla difensiva e ci arrocchiamo sulle nostre posizioni. E così aumentiamo la nostra sofferenza.
Il problema in questo caso, è che temere l'altro porta a un forte squilibrio della serotonina e ossitocina, due neurotrasmettitori della felicità che si abbassano perché la paura ci porta a isolarci e a non fidarci.
Come si fa allora ad essere felici?
Attivando le 4 droghe della felicità con pensieri e azioni nella vita di ogni giorno, per diventare una persona felice, gioiosa e pronta ad affrontare al meglio le sfide della vita, virus e paura dell'altro compresi.
Ad esempio, la paura dell'altro può essere contrastata con il dialogo e, anche se questo può essere difficile in questo particolare periodo storico, nulla ci vieta di frequentare o anche costruire delle community virtuali dove generare, trovare e diffondere supporto, aiuto e compassione.
Appartenere e coltivare una community, che sia un gruppo di amici con cui confrontarsi, piuttosto che i nostri vicini di casa con cui creare una sorta di mutuo soccorso, riequilibra l'ossitocina e ci aiuta a ritrovare uno stato d'animo felice e gioioso, che è presupposto di benessere e pienezza.
Questo è solo un esempio di come ognuno di noi può innescare la felicità, anche in periodo come questo che ci porta ad essere diffidenti e impauriti nei confronti degli altri.