Trieste è già città di confine lungo quella costa più settentrionale dell’Adriatico da cui si scorge in lontananza l’appendice di terra dalla forma tozza e appuntita che è chiamata Istria. Gli Histri erano una popolazione illirica che ha dominato quella regione prima dei Romani nel II secolo a.C. Dopo di loro si sono avvicendate diverse dominazioni, i veneziani, gli austro-ungarici, i francesi, gli italiani e poi la federazione Jugoslava.

Mi torna alla mente un testo di molti anni fa, Istria dei miracoli in cui trovo sottolineato questo passaggio “I confini che ritornano costantemente... Per noi che siamo abituati ai confini, allenati ai confini… se lei pensa che, non muovendoci dallo stesso posto, mio nonno è nato ed era cittadino austriaco, mio padre cittadino italiano, io cittadina jugoslava, i miei figli cittadini croati. Senza muoverci”. (1)

Questa è terra di frontiera, punto di incontro della cultura italiana, slovena e croata. A differenza dell’Italia e della Croazia, la Slovenia si affaccia sul mare Adriatico per un breve tratto di cinquanta chilometri con la regione Primorska che stretta e lunga presenta una varietà di ambienti inaspettati, dalle vette del Parco Nazionale del Triglav al suggestivo altipiano del Carso, alla conca di Kobarid, Caporetto, agli scogli della città di Pirano, alle saline di Secovlje.

Attratta dall’antica lavorazione del sale che connota secoli di storia di questo popolo, mi reco a Strunjan (Strugnano) dove oggi le antiche saline fanno parte del Parco Regionale Protetto. Lo stretto lembo di terra a ridosso del mare, a pochi passi da Portoroz, cittadina turistica termale fin dalla metà dell’Ottocento, lungo la baia omonima, unisce ambienti floristici e faunistici di grande rilievo per la biodiversità in essi contenuta. Qui si alternano aree umide lagunari a zone con falesie su cui vegetano le più nordiche stazioni di vegetazione mediterranea, fino agli ambienti di roccia arenaceo-marnosa di origine eocenica, i flysch, in un ambito di antica tradizione agricola, peschereccia e di saline oggi non più praticate. La falesia di Strugnano è il dirupo Flyschoide costiero più grande di tutta la costa nord adriatica, con i suoi 80 metri di altezza.

Con un sentiero ben segnato si può procedere a partire da uno degli stabilimenti balneari a ridosso della località Strunjan verso il ciglio della montagna rocciosa che si getta a precipizio sul mare. Costoni scivolosi di roccia grigia lasciano sublimi crepacci ove vegetano almeno quaranta specie endemiche della Slovenia, nidificano ottanta specie di uccelli, oltre a quelli che vi stazionano durante le rotte migratorie, oltre 200. Sono già le quattro di un tiepido pomeriggio di fine novembre ma il sole ha la forza per illuminare e rendere ancora più nitida la costa che si presenta fino al lontano golfo di Trieste a cinquanta chilometri da dove mi trovo. Qui non è necessario intervenire sul paesaggio perché la natura già da sé crea un sorprendente giardino con colori e accostamenti tanto apparentemente voluti quanto evidentemente casuali.

Strugnano, etimologia incerta di origine romana, Stronnianum, dal nome del latino Stronnius, riconduce per alcuni autori alla storia leggendaria secondo cui i pastori e gli abitanti di questo paese fossero abili nel suonare o forse costruire strumenti a corde, "strune", chitarre, mandolini e violini. Quindi il pensiero va subito a Giuseppe Tartini (2), il grande compositore e violinista che nacque proprio a Pirano, città che dista solo cinque chilometri da dove mi trovo, e mi aiuta in questo un’indicazione lungo il mio percorso per Villa Tartini di cui spero rintracciare qualche traccia dell’antico giardino sul mare. Scopro purtroppo sia oggi inaccessibile perché sede di una grande casa farmaceutica slovena. Proprio lì il padre di Giuseppe Tartini, fiorentino, fu mandato dalla Repubblica di Venezia come scrivano dei sali della Serenissima. A Pirano il Consiglio dei Sali, aveva autorità sulla produzione e la raccolta del sale e contrattava con Venezia che dominava già dal '300 le città costiere con grandi profitti anche su queste attività. I "Mercati del sale" erano rinegoziati ogni 5 o 10 anni, a partire dal 1375.

Villa Tartini è talmente avvolta da alberi monumentali e vegetazione secolare che non riesco a scorgerla se non in lontananza, traguardando dalla spiaggia sassosa da cui si eleva una antica scalinata in pietra scura segnata da maestosi cipressi. Riprendo quindi il percorso in salita verso la punta di Rtic Ronek, Punta Ronco, piccolo promontorio che affaccia verso la baia di Izola altra località balneare. Sono al centro del Parco Naturale istituito già nel 1990, un area protetta di 430 ettari con 80 km di percorsi che passano dalle zone umide, alle antiche saline fino alle rocce a vegetazione mediterranea che creano pareti verticali e caratteristiche terrazze ghiaiose su piccole baie di ciottoli scuri, accessibili con difficoltà. Quest’area è di grande importanza oltre che per la preservazione del suo patrimonio naturale, per il mantenimento dell’integrità della costa lungo il Golfo di Trieste che ha subito un forte impatto dovuto all’urbanizzazione.

Mi incuriosiscono alcune piante che sopravvivono solo in ambienti estremi e che raramente sono apprezzabili nella costa ormai troppo antropizzata, sono praterie di specie alofile, cioè amanti del sale, quindi botanicamente parlando resistenti alla presenza di ambienti salmastri. Due in particolare le piante nelle saline che connotano i colori di questo paesaggio. La prima si chiama in latino Salicornia europea, che in autunno tinge le saline del caratteristico colore rosso; l'altra è il Limonium angustifolium, che ha fiori blu-viola, in gergo anche detto semprevivo poiché seccandosi mantiene il tenue colore celeste violetto. Due i generi prevalenti di piante fanerogame acquatiche: Cymodocea e Zostera, entrambe nastriformi, spuntano dall’acqua, sono dette pioniere degli ambienti marini e salmastri e fondamentali per la riproduzione dei pesci.

Leggere foglie sottili e allungate dal verde più o meno scuro sono fluenti a pelo d’ acqua e fuori, con la bassa marea, assumono colori diversi e cangianti a seconda della luce che le investe, dal giallo paglierino al grigio al rossiccio, anche al variare delle stagioni. La flora mediterranea che incontro lungo il percorso ben battuto, testimonianza di un'assidua frequentazione turistica e di gente del luogo che dispongono di un grande parco vicino alla città, sono querce di Roverella, alberi di Carpino nero e poi Ginestre, Mirti, Corbezzoli dai frutti rossi dolcissimi, frammisti a una tipica pianta che popola tutta l’area del Carso, dal nome comune interessante l’Albero della nebbia. E’ chiamata così per i pennacchi cotonosi e vaporosi che si formano a fine fioritura e virano a partire da settembre verso l’inverno tra il viola, il rosso porpora fino al marrone bruciato. Le foglie poi diventano così rosse che in grandi masse creano sfondi infiammati che si stagliano tra le rocce. Questa pianta, il Cotinus coggygria, comunemente detto anche Sommacco o Cotino, è tipica di ambienti continentali, si spinge fino a quelli più aridi e mediterranei a certe latitudini, vive in luoghi con clima estremo, non teme il freddo e sopporta torride estati anche se su rocce a picco sul mare.

Lasciando il mare e addentrandomi verso l’interno della Slovenia ho subito colto la diversità e la ricchezza naturalistica di questa terra di confine, nota per le grandi distese boscose oggi soggette a protezione e incentivate da un turismo sempre più assiduo. Il paesaggio cambia all’improvviso e una nevicata mi coglie impreparata dopo la visita ad una costa nota per il suo clima mite... Catapultata nei boschi della regione di Dolenjska, a Smarjeske Toplice, a poca distanza da Novo Mesto, scopro la più antica stazione turistica termale della Slovenia, alla sorgente di Prinovec, non più salmastra ma minerale alla temperatura di 32° C. Regione di dolci colline, di castelli arroccati, verdi vallate attraversate dal fiume carsico Krka famoso soprattutto per le numerose cascate naturali che dà il nome a tutto il comprensorio termale.

Scopro così un antica fonte forgiata a metà Ottocento in Austria, di estrema bellezza, che mi incoraggia a imboccare un sentiero, questa volta segnato da una nebbia mattutina che suggerisce i boschi misteriosi della Transilvania, oltre la foresta, se non fosse per i docili ruscelli e le pozze calde che emettono vapori caldi e rassicuranti. Qui un botanico appassionato molti anni fa portò piante esotiche cosìcchè il paesaggio si fece interessante, vario. Fiori di loto si intervallano ai boschi di faggio su tappeti di felci e leggere piantine del clima nivale come l’Epimedium nivalis, ma qui si nascondono altre storie millenarie…

Note:
1. Tomassini S., Istria dei miracoli. Viaggi in una terra di mezzo. Il Saggiatore, 2005, pag. 39
2. Giuseppe Tartini nasce a Pirano nel 1692, diventa un famoso violinista oltre a un grande maestro di spada, è ricordato nella storia della musica soprattutto per aver composto il noto Trillo del diavolo, melodia che si dice gli fosse arrivata in sogno e che ne abbia sancito la sua celebrità. Muore a Padova nel 1770 ed è seppellito nella chiesa di Santa Caterina, oggi sede di concerti da camera.

Il prossimo appuntamento è per il 24 Gennaio 2014.