“A cosa serve memorizzare e fare calcoli a mente?”. Questa è una domanda che mi viene spesso posta dai lettori della mia pagina Facebook Mappe mentali per lo studio e, il fatto che in molti se la pongano, è sicuramente indicativo. Di fatto siamo circondati da strumenti elettronici che sono perfettamente in grado di sostituire la nostra memoria e, non raramente, la nostra intelligenza tout court. In confronto ai nostri antenati sappiamo molte più cose, ma ne gestiamo molte meno. La vita oggi è, in media, enormemente più facile che non nel passato. Eppure un contadino medievale che non si fosse mai allontanato dal suo campo aveva una conoscenza dell’ambiente molto più approfondita e accurata di quanto potremmo mai averne noi. Egli ben conosceva la sua terra e, seppur con grande fatica, riusciva a “modificarla”, adattarla affinché raggiungesse una produttività maggiore. Egli ne conosceva i frutti e interagiva attivamente con essa. Oggi siamo immersi in un contesto di cui non sappiamo niente: neppure un ingegnere conosce tutti i meccanismi, i circuiti e i software presenti in uno smartphone. Ma non siamo circondati soltanto da smartphone: auto, bancomat, elettrodomestici, computer vari ecc. tutto un mondo di cose utili alla nostra vita quotidiana ci circonda, ma di cui non sappiamo niente. Sono tutti strumenti che alleggeriscono il carico di lavoro della nostra intelligenza e della nostra memoria. L’unica forma di intelligenza e di memoria che essi richiedono è, fondamentalmente, di tipo procedurale.
Altrimenti detto: non entra più in gioco la memoria semantica o la capacità di calcolo, bensì soltanto la capacità di premere una serie ben precisa di tasti al fine di raggiungere un determinato scopo. Insomma siamo regrediti allo “stimolo risposta”, ai riflessi condizionati operanti in cui si attivano soltanto determinati meccanismi cognitivi che fanno capo alla memoria di lavoro (in cui gli scimpanzé sono più bravi di noi!) e all’intelligenza procedurale, cioè la forma più bassa, primitiva e arida di intelligenza.
Ma a noi va bene così! Insomma … va bene fino a un certo punto. In realtà la questione si sposta alla logica che sottostà a tali procedure. È richiesta cioè da parte “umana” una consapevolezza e una riflessione sulla logica delle procedure da attivare in vista del raggiungimento di quel determinato risultato che poi, a sua volta va valutato e, nel caso, modificato, riformulato, rimodulato quando a volte non completamente sostituito. L’intelligenza artificiale – per quanti progressi potrà mai ottenere – sarà sempre un’intelligenza di procedure, non di obiettivi, non di scopi. Se diventerà anche questo (e non lo si può certo escludere) si porrà un problema talmente grande sulla libertà e l’autoconsapevolezza che non sarà poi più possibile evitare di affrontare. In ogni caso gli esseri umani saranno costretti a dar fondo alle loro riserve di intelligenza “personale” per venir fuori da questo dilemma. In parte lo si nota già oggi: l’informatizzazione della vita quotidiana non l’ha certo resa più semplice, semmai più ottusa, monocromatica, ma con un sempre maggiore numero di cose da tenere a mente. E qui rientra in gioco la nostra capacità di memorizzare. Il problema è che questa memoria (del tipo richiesto per utilizzare gli strumenti informatici) nasce da basi procedurali, non dall’immaginazione: si forza la memoria facendole apprendere procedure, non concetti.
Questa è la questione, ma il problema che ne segue è ancora più grande: nessuno (o quasi) sente la mancanza e percepisce la differenza. Si scambiano cioè procedure per concetti, e ci si illude che il compito della nostra intelligenza si fermi lì. C’è chi comprende bene questa dinamica e, infatti, cerca di correre ai ripari “coltivando” se stesso e la propria prole con lo studio e la lettura. In un modo o nell’altro queste persone saranno l’elite del futuro anche se, in buona parte, lo sono già del presente. Oggi, infatti, la gestione del grande capitale richiede intelligenza e lungimiranza, se ti metti da parte e fai gestire ad altri, puoi mantenere una grande ricchezza nel presente ma, per il futuro, le cose si complicano. Di rendita oggi può vivere il singolo ma, a parte rari casi di persone estremamente ricche, non possono vivere le generazioni. Le famiglie nobili, anche le meno abbienti, hanno potuto mantenere la ricchezza intatta di generazione in generazione per oltre mille anni. Questo oggi, nell’era del capitalismo tecnologizzato e globale non è più possibile, possono certo restare ricche quelle poche famiglie ultramiliardarie ma, in quel caso, la rendita non è garantita dal capitale ma dall’enormità del capitale. In passato anche una famiglia della media borghesia poteva mantenersi in un relativo agio per generazioni, anche per secoli, mantenendo il suo piccolo capitale. Oggi sono richieste notevoli capacità e competenze cognitive anche per compiere azioni un tempo semplici. Chi deve disbrigare una qualunque pratica on line sa a cosa mi sto riferendo!
L’intelligenza è entrata in ogni singola azione individuale e non è possibile prescindere dal confrontarsi con essa, dall’espanderla e dall’elevarla. Questo è il problema: per essere competitivi oggi si deve essere più intelligenti che non in passato. Un continuo aggiornamento intellettuale è necessario di giorno in giorno per stare a passo coi tempi. Se un’operazione mentale è replicabile da uno strumento tecnologico significa che essa non fa più la differenza. La differenza la fa sempre ciò che dell’intelligenza umana resta fuori dalla “replicabilità” dello strumento.
La memorizzazione e il calcolo sono alla base dell’intelligenza umana. Non la esauriscono ma ne sono alla base! Senza memoria non potremmo pensare: concetti e parole devono esser presenti alla nostra mente per poter essere elaborati e combinati. Il cosiddetto “uomo della strada” (cioè un non esperto) fa l’errore di confondere la memoria col ricordarsi tante cose: memoria è anche poter chiedere un caffè al bar, memoria è anche sapersi allacciare le scarpe. Quando sentiamo un odore abbiamo memoria sensibile di quell’odore e perciò lo riconosciamo ecc. Il calcolo e la capacità di contare invece sono alla base del ragionamento deduttivo, induttivo e, in definitiva, di ogni ragionamento. Quindi imparare a ricordarsi le cose e saper far di calcolo oggi non serve soltanto, né tanto, a ricordarsi tante cose o a fare addizioni o moltiplicazioni a mente, bensì è indispensabile per allenare la nostra mente a stare a passo con i tempi. L’aspetto importante del calcolo a mente non è tanto il calcolo in sé, quanto la capacità di poter eseguire operazioni cognitive complesse senza doversi “appoggiare” a nessun supporto informatico. Insomma servono a continuare a pensare in maniera autonoma. Se non si sanno fare calcoli a mente, a maggior ragione, non si è in grado di riflettere adeguatamente su oggetti mentali ancor più impegnativi! E la realtà che ci pone davanti la tecnologia è piena zeppa di queste “difficoltà”. Memorizzazione e calcolo mentale da una parte sottostanno e, dall’altra sovrintendono ad ogni attività mentale; queste attività/capacità ci consentono di poter pensare compiutamente e, non ultimo, ci permettono di utilizzare quegli stessi strumenti tecnologici che, apparentemente, sembrano esimerci proprio dall’uso della memoria e della capacità di calcolo.
Pensare è faticoso, ma trovare qualcuno o qualcosa che lo faccia al posto tuo è pericoloso.