Se gli chiedi di definirsi con tre aggettivi Tarcisio Galavotti risponde: “Autentico, informale, giocoso”. Poi aggiunge: “Ho sempre creduto nel potere del divertimento, è ciò che trasmetto tutti i giorni ai miei collaboratori”. Prima delle sue parole è il suo sguardo, sincero e raggiante, e il suo sorriso naturale, a trasmetterci una ventata di entusiasmo, difficile da trovare nel mondo del fashion.
Con un’esperienza trentennale nel settore, in cui è entrato nel 1986, Tarcisio ricopre oggi il ruolo di Ceo e founder del brand Cigala’S, innovativo marchio del denim italiano, che ha scelto di costruire progressivamente una filiera produttiva eco-sostenibile, arrivando a soddisfare le necessità di una clientela cosmopolita e ricercata. La spontaneità di Tarcisio è contagiosa e seppur, con i dovuti distanziamenti, decidiamo di darci del tu.
Come nasce la tua passione per la moda, è legata ad aneddoti particolari?
Nascere a Urbania significa crescere a “pane e jeans”. Mia madre era un’operaia del jeans. C’era persino un prete-produttore: nel dopolavoro in cui si facevano lenzuola si passò a produrre i jeans. Così anch’io mi sono ben presto ritrovato coinvolto, anche se facevo il geometra e mio padre era un muratore.
Quando hai percepito che era il momento giusto per lanciare il brand Cigala’s e quali difficoltà hai dovuto affrontare?
Il momento giusto è arrivato in modo naturale. Possiamo dire che sia stato costretto a lanciare il mio brand dopo un primo periodo in società, dove sono entrato fortuitamente, e dopo che la nostra attività era stata rilevata da una grande multinazionale. Pensavo di poter fare un anno sabbatico ma ho dovuto agire, come si dice, “a grande richiesta”. La domanda del nostro prodotto era tale che ho dovuto creare il mio brand e iniziare subito a produrre. Chi prova il nostro jeans non lo lascia più.
L’architetto tedesco Mies Van der Rohe portava avanti l’estetica della semplicità, affermando “Less is more”, mentre per l’archistar americano Robert Venturi la storia dell’architettura era fatta di contraddizioni, ovvero “Less is a bore”. La mission del suo brand quale filosofia segue?
Decisamente appartengo alla filosofia del “Less is more”. Tutto quello che è in più produce scarto. Io sono uno di poche parole, nella moda tutti fanno i discorsoni, i paroloni, i progettoni e poi, alla fine, sono sempre dei semplici indumenti quelli che facciamo. Lavorando molto per conto terzi devo dire che ho avuto modo di annoiarmi molto di tutti questi discorsi che spesso non producevano mai un riscontro. E così ecco che, all’opposto, mi sono buttato nella concretezza. Ciò che preferisco, per il mio prodotto e il mio brand, è puntare all’essenziale. Poche chiacchiere, detto con le parole del “Gala”.
Siete ambasciatori di un prodotto, il jeans, che è diventato uno dei simboli della New Generation. Pensa che le nuove generazioni hanno un approccio diverso rispetto allo stile?
Pensare allo “stile” applicato al jeans ritengo sia un concetto un po’ forzato, perché nel tempo riesumiamo tutte le vestibilità storiche che ci sono state. Per me il jeans è per sempre. Oltre le mode. Ha avuto i suoi alti e bassi. Ci sono stati periodi in cui la gente ne comprava molti, altri meno. Ed è quindi sempre più difficile, con tutta questa grande offerta che si è stratificata nel tempo, inventare qualcosa di nuovo. Saper fare bene i jeans significa sapersi adattare al periodo che si sta vivendo, al presente. C’è lo stile pulito, c’è lo stracciato, il vintage esasperato. Tutto cambia a seconda dei periodi storici.
Nella storia del denim, i primi destinatari del prodotto furono i “camalli”, cioè gli scaricatori del porto che avevano il compito di trasferire le merci sui velieri che approdavano e lasciavano il porto. A quale tipo di clientela pensa per il suo brand?
Siamo specializzati nel jeans per donna e il nostro prodotto è proprio apprezzato perché, nel tempo, ha saputo costruire una vestibilità perfetta. Il “Perfect fit” di Cigala’s è storia nota. Cigala’s è la scelta di ragazze e signore sicure di sé, guidate da quel tipo di spirito indie che fa del jeans una seconda pelle. Ci rivolgiamo a chi sceglie un capo senza chiedersi quanto è di moda, ma immaginando come potrà portarlo per sentirsi diversa da tutte.
Come dovrebbe evolversi e cambiare il fashion system oggi, dove si cerca di preservare l’unicità, ma non sempre questa coincide con personalità?
Credo che più che evolversi il fashion system dovrebbe cambiare. E questo lo dico anche perché il jeans da sempre incarna un’idea di rivoluzione. Il jeans non può fare parte di un “sistema”. Noi cerchiamo sempre di rendere il nostro jeans sofisticato e contemporaneo, ovvero principalmente ispirato dalla realtà della strada. Per questo motivo possiamo parlare apertamente di un prodotto che tende a privilegiare la personalità. Forse solo il jeans può farlo.
Ha scelto di costruire una filiera eco – sostenibile nel distretto tessile dell’alto Metauro a Urbania: quanto la moda può e deve essere sostenibile oggi? Sostenete dei progetti in merito?
Quanto la moda deve essere sostenibile oggi? Diciamo che non deve esserlo solo la moda. Dal canto nostro stiamo facendo tutto il possibile. Cigala’s vuole fare impresa, bene, senza avvelenare il pianeta e sfruttare le persone. Fare jeans, perfetti, scartando per principio ogni processo che peggiori il mondo.
Bottoni e rivetti (Nickel-Free già da alcune stagioni) possono vantare così anche la certificazione L.I.F.E., che garantisce una produzione a basso impatto ambientale. E mentre le etichette applicate sul capo sono in ecofeltro PET, un poliestere prodotto col riciclo e certificato dal Global Recycle Standard (GRS) che assicura il rispetto di rigorosi criteri ambientali e sociali, si aggiungono da due stagioni i cartellini ricavati dal riciclo dei residui di denim e di cotone. Niente alberi tagliati, quindi, ma il riciclo di vecchi denim che contribuiranno anche a conferire al cartellino particolari, e casuali, sfumature indaco.
Nella nuova collezione Primavera Estate 2021 infine arriva un jeans in cotone organico 100 per cento: la tinta è lasciata “al naturale”, la materia prima è No-Ogm, coltivata senza pesticidi né fertilizzanti chimici.
Dove trova le sue ispirazioni? Che rapporto ha con il mondo dell’arte, sempre più presente alle Fashion weeks?
Noi viviamo in una cittadina piena d’arte, però sicuramente l’ispirazione per il nostro jeans non la trovo nell’arte, più sulla strada. Stiamo molto a contatto con le clienti. Per capire cosa piace di più a volte sto anche due o tre ore nei negozi per vedere cosa viene comprato di più. Sono le persone che secondo me sono al centro dell’ispirazione, è importante corrispondere ai loro desideri.
Bruno Munari, uno dei più grandi designer, inventore, scrittore e artista, amava ripetere: “Un bambino creativo è un bambino felice”. Quanto si sente felice oggi?
Tantissimo.
Dato che nel mondo del denim, la trasformazione nel saper accostare vari outfit e reinventarli è quasi simile ad un’attività ludica, ritiene che il gioco sia una componente importante per arricchire il suo pensiero creativo di un adulto, oltre che di un bambino?
Certo, il gioco è importantissimo. E il nostro giocattolo preferito, per me e per i miei collaboratori, è il jeans. Noi ogni giorno giochiamo a reinventarlo, a creare nuove forme e nuove lavorazioni. Ci divertiamo. Per fare bene bisogna divertirsi.