Il mio primo articolo fu proprio su Dalí e mi consentì di iniziare a scrivere per varie testate, anche tu hai a che fare con il maestro del surrealismo nel tuo nuovo libro Sogno a Sud pubblicato da Rizzoli. Un viaggio onirico nei meandri di Matera sotto forma di monologo di un genio divenuto anziano, raccontaci come nasce questo progetto.
A fine 2018, poche settimane prima dell’inizio del cosiddetto anno mirabilis e quindi della sua consacrazione a Capitale Europea della Cultura 2019, Matera si arricchiva di un nuovo motivo per cui visitarla. Da un giorno all’altro, come in un sogno, nelle principali piazze e su alcuni belvedere, un corpus di sculture bronzee monumentali del surrealismo daliniano invadeva la città dei Sassi sorprendendo materani, lucani, l’Italia tutta. Si inaugurava, così, a opera della Dalí Universe, insieme al locale circolo de La Scaletta, la mostra Dalí a Matera, la persistenza degli opposti, la cui installazione - nel complesso rupestre di Santa Maria delle Virtù e San Nicola dei Greci – veniva firmata dal direttore artistico Roberto Pantè.
Da lì a poco, in occasione delle celebrazioni della Capitale Europea della Cultura, io, invece, a palazzo Lanfranchi davo il via alla mia mostra MATER(i)A P(i)ETRA. In quei giorni incontravo Beniamino Levi, collezionista e mercante d’arte, che con la Dalí Universe gestisce una delle più grandi collezioni private al mondo di opere (in particolare sculture) di Salvador Dalí. Insieme al suo stretto collaboratore Marco Franchi iniziammo a parlarci, a farlo soprattutto alla maniera surrealista, ovvero senza razionalità varcando le soglie del visibile per sdoganare nel mondo più desiderato di sempre, quello dei sogni. A occhi aperti, però. Nacque così l’idea di dover incastrare nelle logiche editoriali, di un libro e un film breve, un viaggio per raccontare, l’incontro tra il genio catalano e la capitale del mondo rupestre. Il Gruppo Mondadori sposa l’idea un po’ fou e con Rizzoli abbiamo portato in libreria Sogno a Sud.
Cosa hanno in comune Dalì e Matera, la meraviglia e la difficoltà di essere compresi appieno, forse?
Tanto quanto le opere di Dalí invitano lo spettatore a esplorare sé stesso per scoprire una ineffabile realtà – quella interiore con la quale ci connettiamo durante i sogni – tanto il vorticoso gorgo rupestre di Matera è la visione di un mondo che sorprende esercitando su chiunque una reazione che frega la ragione “al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale”, per citare il poeta André Breton padre del surrealismo e teorico del movimento. Insomma, Dalí e Matera hanno in comune l’inatteso, la dialogia profonda con il nostro universo psichico, l’inevitabile respiro spezzato dallo stupore.
Dalì era un uomo con un’ironia, un egocentrismo e una spettacolarità unici e Gala era la musa ispiratrice di questa “follia”, che ha prodotto opere eterne, tra cui anche l’amore. Cosa ne pensi?
Essere artista, al di là delle autoreferenze, è una condizione insita con la quale tocca misurarsi ogni giorno, ogni momento, a ogni respiro. In una parola sola è un’ossessione di ricerca che non ha una meta, una vetta, ma qualcosa che sperimenta una lietezza per sedare il perenne senso di inquietudine. Ironia, egocentrismo, altruismo, egoismo, narcisismo e chi più ne ha più ne metta sono solo le inequivocabili condizioni con le quali un artista “costruisce” la propria immagine - nella maggior parte dei casi con un retroterra fragile - per affrontare il mondo e lo smarrimento, fisico e spirituale, che vive in esso.
Per creare, come ha fatto per decenni in maniera bulimica e convulsa Dalí, occorre ardentemente desiderare qualcosa o qualcuno. Quindi, bisogna ricordare che prima di ogni amore è necessario riflettere sul significato di desiderio che, secondo Freud (padre spirituale di Dalí) “non può essere colmato da niente e nessuno che risiede in questo mondo.” Per questo Dalí ha attinto a piene mani, durante le fasi ipnagogiche, dal mondo dei sogni e da quello ideale dell’amore verso Gala che non è stata solo la sua sposa, ma la sua musa e il suo fuoco sacro come in un tempio mitologico di un mondo transcendente, idealizzato, fantastico e addirittura religioso: basti pensare al dipinto della Madonna di Port Ligat in cui la stessa Gala impersona la Madre di Gesù Cristo.
La figura del rinoceronte cosa ti ispira?
Mi suggerisce, come per Dalí, forza e virilità attraverso l’elemento fallico del corno.
In Dalí senso di morte e ironia convivono spesso insieme, quale è la tua opinione?
La nostra esistenza si divide in due tempi. Il tempo lungo della vita, e quello corto della morte che si spera – al pari di un lusso – possa prendere alla sprovvista senza chissà quali patimenti, malanni e malattie che ti consumano poco alla volta, giorno dopo giorno, una sofferenza dietro l’altra. Quasi tutti i poeti, scrittori e artisti che conosco condiscono la propria vita con il costante pensiero della morte. Venire al mondo, significa presto o tardi lasciarlo e senza idealizzazioni, eccessi di mitizzazione, inutili retoriche, tocca convivere con l’inevitabile dualismo vita-morte. L’ironia è una maniera arguta, dura, amara, di dissimulare natura o entità della realtà. Ci appartiene e d’altronde dobbiamo pur fregare quel concetto di finitudine in un modo. A colpi di ottimismo, vitalismo (seppur fatuo), con l’arte attraverso la quale la vita ha un valore e ogni mondo è possibile.
Perché Dalí non passerà mai di moda, essendo un artista oltre lo spazio e il tempo?
Perché non s’è mai visto un sogno demodé, i sogni – la miniera di visioni di Dalí – sono un mondo a parte dove il tempo non scorre ma è sospeso come nello straordinario Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio. Pazzo per alcuni, genio per altri, Dalí è stato un indiscusso maestro per il suo universo immaginifico, del cosiddetto “concreto irrazionale”, e ogni volta che ammiriamo una sua opera, dipinto disegno scultura, ci mette addosso sulla pelle in pancia una muta dialogia emotiva. Il risultato? Sorpresa, riflessioni ragionate e poi ribelli che scompongono la nostra calma apparente e ci fanno approdare in regioni lontane e sconfinate - può darsi mari in tempesta - che compongono l’inesplorato continente del nostro inconscio. A volte facendoci smarrire, portandoci alla faticosa semina di una cento mille domande con un inatteso raccolto di dubbi, dubbi e ancora dubbi. Dalí ha fatto questo per tutta la sua esistenza: ha creato capolavori sorprendenti, audaci, oscuri che hanno inficiato il dubbio.
Chi sarebbe Dalí al giorno d’oggi?
Sicuramente quello che è stato al suo tempo: irriverente, politicamente scorretto, provocatore. Con una maggiore eco mediatica e social in grado di far impazzire critici, giornalisti e followers. Mi sarebbe piaciuto, molto, vedere cosa avrebbe potuto creare il suo genio sul mondo di oggi attraverso la lente surrealista. Una risposta ho cercato di darla attraverso Sogno a Sud anche se ho sentito di correre due rischi immensi, quasi letali: scimmiottarlo e cadere nel naif, o fare altro e quindi rifiutare il confronto e la presa in carico di una restituzione del suo lavoro. In contrapposizione alla ragione, funambolando sulle corde dell’inconscio e affermando, come il Surrealismo, che il processo di creazione sta proprio in quella dimensione, sono approdato a una visione onirica ancorata ai luoghi della relazione tra Dalì e Matera. Con la stessa leggerezza decantata da Calvino, ho intrapreso questo viaggio che è anche un film breve, attraverso il quale ho indagato l’artista e l’uomo di una delle figure più iconiche del Novecento.
Cosa è il Sud, immagino non sia solo il Sud Italia, ma anche l’interiorità, qualcosa che è nascosto dentro, da scoprire e da reinterpretare?
Il Sud è prima di tutto lentezza, non nel senso più indolente del termine, ma in quello più nobile e sacro. La lentezza è un concetto che, ahimè, ci appartiene sempre meno e questo stride con la nostra natura: quella di camminare, stare nel mondo, attraversarlo, farne parte, raccontarlo alla maniera biblica. In questo andamento lento posso rievocare la mitologia della controra, l’essenza dei sogni, la ricerca del sacro, l’eresia di uno sguardo di troppo su chicchessia, il culto del sorriso, tessere il giorno con un filo di luce come faceva mia nonna che dietro la tenda stava ore a cucire all’uncinetto. Il Sud è la terra promessa della semplicità, acqua e sapone, rovine che sono storia e non macerie che non fanno memoria, riti forti come terremoti, tradizioni dolci come un biscotto alle mandorle. Il Sud è, per un attimo, l’assenza della morte e il piacere di un boccone di pasta collosa (rigorosamente di grano duro) al sugo di carne e il cacioricotta. Il Sud è la terra vergine del surrealismo.
Cosa è per te il concetto di vertigine?
Sono nato, pasciuto e cresciuto in un posto che sta sul ciglio delle vertigini, a Grottaglie. Entroterra ionico, a una ventina di chilometri da Taranto, dove le ultime propaggini della Murgia sudorientale e il Tavoliere Messapico danno spettacolo, complici - dopo un lavorio lungo milioni di anni - geologia e acque meteoriche, con le gravine. Un mondo verticale fatto di piccoli canyon pieni di pareti a picco e caverne, sui quali sin da bambino andavo a mettere i piedi a mollo nel vuoto e immaginare come sarebbe stato il mio futuro. In quelle vertigini al profumo di macchia mediterranea iniziavo a darmi risposte con la complicità del vento, la controra, i volti di santi madonne e cristi bizantini affrescati nelle grotte. Senza saperlo avevo messo a lievitare quella voglia di narrare che, a mia insaputa, avrebbe riempito il mio futuro. La vertigine per me è l’arte di riempire i vuoti che la abitano.
La mostra di Dalí a Matera, perché visitarla?
Perché Dalí a Matera, la persistenza degli opposti propone un viaggio inedito nell’universo dell’artista spagnolo. Piano piano, uno dopo l’altro, si scoprono molti simboli iconici dei suoi disegni e quadri diventare tridimensionali, bronzei di ogni grandezza (anche metri), come gli orologi molli, gli elefanti dalle lunghe ed esili zampe, le lumache, i rinoceronti, le sue donne. Per citare Beniamino Levi: “Un delirio creativo stimolante. Il risultato lo stesso che per la pittura: stupore.” Provare per credere. Non vi resta che puntare per Matera, scendere nel Sasso Barisano ed entrare tra le caverne del complesso rupestre Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci per indagare con una buona dose di curiosità le oltre duecento opere tra sculture in bronzo (multipli, museali e monumentali), Daum in pasta di vetro, grafiche e mobili della Collezione Dalí Universe.
Ti definiscono un giramondo, un artista eclettico che tocca tantissime forme d’arte, la scrittura, la fotografia, poi?
Mi piace raccogliere tutto nel fascio di un’unica parola: narratore. Alla scrittura e alla fotografia, ogni tanto aggiungo qualche progetto filmico (cortometraggi), ma anche documentari e spot pubblicitari per i quali firmo la regia. Non trascurabile è la mia passione per la montagna che percorro sopra e sotto terra con trekking, transumanze con amici mandriani ed esplorazioni speleologiche.
Se dovessi descrivere il tuo percorso finora, come lo racconteresti con una frase?
Viaggio scrivo fotografo racconto, lo faccio da una vita con scarsi risultati.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
La mia esistenza è una dinamo, senza progettare mi sembra di non dare luce (ovviamente mi riferisco alla più nobile delle declinazioni). Senza fare, anche col più feroce sole, mi pare di stare in un cono d’ombra operativo. Sto strutturando nuove campagne fotografiche tra Italia, Belgio, Francia e Sud Africa che saranno dei nuovi libri fotografici. A breve saranno distribuiti i miei nuovi cortometraggi L’Acchiappavento e TerraCotta nei quali hanno recitato attori del piccolo e grande schermo come Imma Piro, Nando Irene, Katia Greco e Roberta Mattei. Inoltre, sto scrivendo un nuovo romanzo che uscirà nel 2021 e sarà ambientato tra Londra e la mia Puglia. Ma c’è anche un libro che avrà a che fare con Dante.
Biografia
Carlos Solito è un narratore pugliese la cui espressione artistica avviene attraverso la scrittura, la regia e, soprattutto, la fotografia. Collabora per numerosi magazine e quotidiani italiani ed esteri.
Già autore (sceneggiatore e regista) di videoclip musicali, docufilm (Québec my version, All’Anm) e cortometraggi (Il fiume giovane, Mare d’argento), per il suo “tachicardico” andirivieni cura per la rivista Vanity Fair la rubrica di viaggi e incontri umani “Tachicardia”. Insignito di vari riconoscimenti giornalistici e fotografici – tra gli ultimi il Mare Nostrum Awards, il Premio Viaggiautore, il Premio Oliofficina - con la sua fotografia, scrittura e video racconta, tra transumanze creative, un Sud Italia lontano dalle rotte e dalle logiche comuni ai più. Nel 2011 ha esposto a Lecce e a Venezia presso la 54ma Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia nel Padiglione Italia e, ancora, sue mostre fotografiche (e altri suoi lavori) sono state esposte ad Amsterdam, Parigi, Montreal, New York, Shanghai, Berlino, Sidney, Bogotà, Praga, Milano, Napoli e altri luoghi d’Italia.
Già “scovato” anni fa da Franco Dragone (tra i padri de Le Cirque du Soleil e produttore del suo docufilm Québec, my version nel 2012), Carlos Solito è interpellato da enti governativi (Ministeri per il Turismo) per documentare e raccontare, attraverso la realizzazione di campagne fotografiche e spot pubblicitari, i genius loci e le bellezze turistiche dei rispettivi territori. Tra i vari incarichi quello del Québec, della Giordania e, nel 2013, in occasione dell’Anno della Cultura Italiana in USA, quello dell’agenzia NYCGO per raccontare le realtà delle Little Italy tra il Lower Manhattan, Brooklyn e Bronx.
Diversi sono i libri (narrativa, fotografici e guide) pubblicati in Italia e all’estero. Tra i vari: il romanzo Sciamenesciá e Montagne curato e scritto insieme a Dacia Maraini, Paolo Rumiz, Maurizio Maggiani, Andrea Bocconi e Andrea Gobetti. Inoltre, ha curato l’apparato fotografico di libri come l’Atlante degli oli italiani (scritto da Luigi Caricato, Basilicata, narrazioni di paesaggi (insieme alla Società Geografica Italiana), Nel blu (di Oscar Farinetti).
In occasione di EXPO 2015 Milano ha firmato le fotografie dello spazio Eataly di Oscar Farinetti, collaborato all’organizzazione di eventi nel padiglione The Water Stone di Intesa San Paolo, curato la direzione artistica del progetto (da lui stesso ideato) Nel nome del Padre, storie di grano e di terra nel Cluster Cereali e Tuberi per la holding Casillo Group. Per la Regione Sardegna e la Sardegna Film Commission ha firmato una mostra sui centenari dell’Ogliastra al Teatro Massimo di Cagliari e Museo MAN di Nuoro.
In uscita, anche, il suo nuovo cortometraggio Paride realizzato in Basilicata in collaborazione con la Lucana Film Commission andato in onda su RAI Movie. A marzo 2018 scorso è stata inaugurata, nell’importantissima cornice di Villa Pisani/Polo Museale Veneto a Venezia, una mostra sul Paesaggio Italiano insieme ai grandi fotografi internazionali italiani Franco Fontana, Gianni Berengo Gardin, Gabriele Basilico e Mario De Biase.
Lo scorso gennaio in occasione dell’apertura delle celebrazioni di Matera Capitale Europea della Cultura, nel Polo Museale della Basilicata, a Palazzo Lanfranchi, ha inaugurato la sua mostra fotografica MATER(i)A P(i)ETRA dedicata al dialogo ideale tra le due rock city gemellate Unesco. Attualmente è in libreria con il romanzo La ballata dei Sassi e con Sogno a Sud. In uscita i cortometraggi L’Acchiappavento e TerraCotta.