Studiare è un’attività complessa perché consta di tante abilità e competenze che devono procedere in simultanea. Una delle più importanti è la capacità di fare sintesi. La nostra mente naturalmente cerca di procedere in maniera economica, cioè risparmiare energie e non forzare eccessivamente la memoria. Laddove è possibile, essa preferisce ricavare per deduzione tante nozioni partendo da poche. La difficoltà però è come scegliere queste poche nozioni; è del tutto evidente infatti che, se si scelgono quelle sbagliate, poi risalire alle altre risulta problematico, quando non addirittura impossibile. Qui, ovviamente, gioca un ruolo fondamentale la preparazione e l’intelligenza individuale. Però possono darsi delle linee guida in grado di aiutare tutti. Infatti, in cosa consiste la differenza tra uno studente preparato e uno meno? Tra uno “reputato” più intelligente e uno “reputato” meno intelligente? Essenzialmente nelle strategie di apprendimento e di ragionamento che, però e per fortuna, possono sempre essere apprese.
La prima cosa è leggere attentamente. Parrà strano ma meno si conosce un argomento e più facile è distrarsi. Quindi il primo consiglio, assolutamente non banale è quello di restare concentrati. Il secondo consiglio, anche questo apparentemente semplice, è di fermarsi tutte le volte che si trova un ostacolo. In cosa consiste un ostacolo? Quasi sempre in qualcosa che non si comprende e/o non si conosce. Trovare qualcosa che non si comprende, di per sé non è né un male né un bene, è invece una spia, l’indicatore che nel nostro mosaico di conoscenze manca qualche tassello. Quindi non farsi mai prendere dalla fretta di procedere oltre. Fermarsi e cercare di colmare la lacuna. Questo precetto vale per tutte le materie di studio ma, soprattutto per quelle formali e cumulative (in cui per capire ciò che viene dopo bisogna sapere bene tutto ciò che viene prima) come la matematica, le scienze e, anche se in misura minore, le lingue. Il terzo consiglio è fare un inventario di ciò che si è studiato tutte le volte che si conclude un argomento. Già comprendere quando si passi da un argomento all’altro non è scontato, in quanto non sempre la suddivisione dei capitoli e dei paragrafi dei libri rispecchia la suddivisione dei significati. Quindi comprendere negli aspetti generali l’argomento che stiamo affrontando è già di per sé un risultato importante, non decisivo, ma necessario.
Una volta fatto ciò (ovvero che ci siamo fatti un’idea di massima dell’argomento), andiamo in cerca delle tesi, frasi, idee che meglio lo rappresentano. Soltanto in questa fase si può iniziare a sottolineare o evidenziare i testi. Parallelamente a questo lavoro, inizieremo a prender coscienza delle parole chiave, della gerarchia dei concetti ecc. tutte queste cose vanno annotate sottolineando, o facendo segni a margine, oppure prendendo appunti, facendo schemi, mappe, ecc.
Come possiamo notare ci sono tante cose da sapere. Partiamo dalle parole chiave: tali elementi racchiudono in un solo termine (o in un sostantivo con un aggettivo) il nucleo semantico dei concetti principali. Esse sono quindi di fondamentale importanza. Come fare quindi a identificarle? Innanzi tutto le definizioni. Quando in un testo si trova una definizione significa che ciò che viene definito è degno di essere ben descritto, quindi il soggetto della definizione è quasi sempre una buona parola chiave. Un termine (un sostantivo, una breve descrizione) che può riferirsi a più concetti differenti presenti nello stesso argomento di studio è un altro indicatore per isolare una buona parola chiave. In questo caso possiamo fare anche delle prove “al contrario”. Infatti, se provi a togliere una parola chiave dal contesto di ciò che stai studiando e il tutto mantiene inalterato il suo significato, vuol dire che quella parola chiave non è buona. La parola chiave giusta è inoltre quella che rimanda a un concetto che serve a comprenderne altri, ad esempio, la parola “ph” rimanda al concetto di ph che serve per comprenderne altri come quello di alcalinità, neutralità e acidità. Quindi “ph” è una buona parola chiave. Le parole chiave a volte non sono quelle più importanti, ma quelle che meglio si prestano a collegare i concetti importanti. Ad esempio, la parola “tradimento” non è certo importante di per sé per studiare storia, ma può diventare una buona parola chiave per comprendere i comportamenti degli imperatori e quindi essere un buon appiglio per la memoria per ricordare la storia della Roma antica.
Queste, per sommi capi, le fasi preliminari dello studio. Una volta costruito uno schema mentale (ma se volete potete anche riportarlo su un foglio) di parole chiave, dovete memorizzarlo. Fatto questo dovete pensare a come collegare i concetti “accessori” alle parole chiave principali. Questa è la fase di revisione, gerarchizzazione e catalogazione. Nel prossimo articolo affronteremo quindi questi argomenti. Un’ultima annotazione: l’esposizione di queste procedure di studio tende qui ad essere esaustiva e sistematica perché, appunto, riportata in un articolo di giornale; nello studio concreto si deve invece cercare di armonizzarle e farle rientrare all’interno del nostro collaudato metodo di studio modificandolo gradualmente. Ci sono infatti due errori sempre dietro l’angolo: non modificare mai il nostro cattivo metodo di studio, oppure volerlo modificare completamente e radicalmente in una volta sola. In questo secondo caso si finisce col risultato del primo, cioè non si cambia niente.