Si riparte da Dostoevskij. O meglio con Dostoevskij e il suo principio che sarà la bellezza a salvare il mondo. Lasciamo da parte le paure, dimentichiamoci gli errori, superiamo le frustrazioni, castighiamo la rabbia, accantoniamo persino la depressione del portafoglio e ricominciamo dall'arte.
È quasi un grido quello lanciato da una piazza dei Miracoli deserta, dove però tutti i monumenti sono di nuovo aperti al pubblico, nonostante la totale assenza di turisti. “C'è bisogno di un segnale forte di fiducia e di speranza per il prossimo futuro. Ci vuole coraggio, voglia e volontà di riprendere una vita normale e crediamo che la cultura debba fare la sua parte”: questo il messaggio che l'intera deputazione dell'Opera della Primaziale con il suo presidente Pierfrancesco Pacini ha voluto diffondere, non solo in Italia, ma nel mondo. Così dal 30 maggio tutto è tornato come prima. O quasi. Ogni giorno dalle 10 alle 17 si aprono le porte del monumentale battistero, del Duomo, del museo e del Camposanto Vecchio, dove da poco sono tornati, dopo una lunga e difficile opera di restauro, due preziosi affreschi medievali - Il Giudizio Universale e il Trionfo della Morte - pesantemente danneggiati durante l'ultima guerra.
E ogni giorno si riaprono le porte di quella torre pendente che è il simbolo più amato dell'Italia, quella che ha tenuto il mondo col fiato sospeso per le sue incerte condizioni di salute e che ormai è “guarita” grazie all'intervento di una commissione internazionale di tecnici e a dieci anni di studi e restauri.
“Il 7 gennaio 1990 è la triste data in cui l'Opera della Primaziale fu costretta a chiudere la Torre ai visitatori per i lavori di consolidamento necessari ad evitarne il crollo”, ricorda il presidente Pacini. “L'intervento di stabilizzazione fu una sfida difficile per l'ingegneria geotecnica e il mondo intero visse con ansia le complesse e coraggiose scelte fatte dal comitato tecnico internazionale. La riapertura del campanile pendente, il 15 dicembre 2001, fu una grande festa e non ci saremmo mai immaginati di dover bloccare di nuovo gli accessi l'8 marzo di quest'anno, a causa dell'emergenza sanitaria per il COVID-19”.
La decisione di mettere nuovamente la piazza dei Miracoli a disposizione dei turisti a partire dal 30 maggio ha avuto dunque il sapore dell'evento, non tanto sul piano economico, quanto su quello simbolico del gesto per indicare la ripresa della vita. Alla bellezza di quella Torre e di quei monumenti così famosi si è chiesto di compiere un altro miracolo scuotendoci dal panico del nemico invisibile.
Il coraggio e la volontà dell'Opera della Primaziale, che la piazza gestisce, ha fatto il resto. E se anche erano solo 15 le prenotazioni per il primo giorno di visita, l'audacia della scelta è stata subito premiata dall'entusiasmo con cui l'iniziativa è stata accolta, tanto che dopo tre ore dall'apertura era già esaurito il dono previsto per i primi 50 visitatori: la ristampa di un antico volume sulla Torre.
Ovviamente i conti si devono fare. E non sono confortanti. Nel 2019 ben 3 milioni e mezzo di turisti hanno varcato la piccola porta di accesso del campanile pendente e sono arrivati in vetta arrampicandosi sui 293 gradini di marmo che circondano il suo cilindro. Secondo un calcolo ottimistico quest' anno invece difficilmente arriveremo ad un milione di presenze, con una perdita di 10 milioni nel bilancio del 2020, “se va bene…” sottolinea il presidente.
Comunque si va avanti, ovviamente mettendo in atto tutte le misure previste, dalle mascherine al distanziamento sociale, che per la Torre è stato organizzato predisponendo una segnaletica informatica. I gruppi non saranno più di 35 persone, bensì di 15, ma la visita guidata durerà i consueti 40 minuti. Per gli altri monumenti è stato stabilito il numero complessivo di visitatori: 100 per il Battistero e il Museo dell'Opera, 150 per la Cattedrale e 250 per il Camposanto.
È come se fosse una prova generale di ripartenza. Non ci sono dubbi che con i teatri chiusi da mesi, le scuole che non riapriranno fino a settembre, le incognite di un'estate che vede il mare incerto, la cultura gioca una parte importante nel “risveglio” di ognuno di noi.
E anche il Colosseo, altro simbolo dell'Italia, aspetta i turisti dal 1° giugno, Villa d'Este e Villa Adriana a Tivoli hanno ugualmente riaperto i loro battenti con grande successo a partire dalla fine di maggio. A Firenze, il Giardino di Boboli e Palazzo Pitti, per non parlare della Galleria degli Uffizi, fanno il pieno di visitatori. E così molti altri monumenti piccoli o grandi, più o meno importanti.
Chi comunque non ha mai chiuso, incurante del lockdown, è il grande cuore degli uomini che non si sono occupati dell'emergenza sanitaria, ma della “pandemia sociale”. Come quello di don Pietro Sigurani, romano, 83 anni, che come sempre ha offerto un pasto ai molti poveri che ogni giorno si affacciano nella basilica di Sant'Eustachio, in pieno centro di Roma, tra il Senato e il Pantheon. Sono circa 120-130 le persone a cui quotidianamente viene consegnato cibo e dato la possibilità di una doccia. Un servizio 'libero', come lo definisce don Pietro, perché nasce solo dalla carità e non da finanziamenti pubblici. Una pietas che non ha conosciuto soste, neanche nei giorni più neri. “Durante il periodo della quarantena abbiamo continuato a servire lo stesso numero di pasti” dice don Pietro. “Però molti volti sono cambiati, ci sono persone che non avevo mai visto prima”.
Se Dostoevskij ci ha insegnato che la bellezza salverà il mondo, la bontà certamente potrà migliorarlo.