Conwy Lloyd Morgan, uno dei più grandi esponenti e anticipatori, non solo della psicologia moderna, ma anche di quella animale e comparata, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, scrisse: “Noi uomini non dovremmo mai interpretare l’azione di un animale come risultato di una facoltà psicologica superiore, quando potremmo benissimo farlo a un livello psicologico inferiore”.

Sagge parole, ma spesso disattese, non solo dagli psicologi, ma anche da altri studiosi del comportamento. Noi uomini, quando osserviamo fare qualcosa di eccezionale da un animale, pensiamo subito che si tratti di un comportamento “quasi umano”, quando di umano, ovviamente, non ha niente. Come aveva già sostenuto il noto teologo e filosofo inglese del XIV secolo, Guglielmo di Ockham, quindi diversi secoli fa, “nelle attività mentali dovremmo essere parchi nel fare assunzioni ontologiche e presupporre soltanto quelle entità che sono necessarie per la conoscenza”.

Cosa intendeva dire con queste parole Ockham e cosa voleva suggerirci Lloyd Morgan? Fino a qualche tempo fa, non è stato semplice interpretare i pensieri di questi due personaggi, così lontani nel tempo, ma così vicini nelle idee. Ora, sembra che sia più chiaro, anche se ci sono ancora molte resistenze che consistono nel pensare che ci sia una sorta di pensiero unico in tutto il mondo animale (senza distinzione di specie), ad eccezione di quello umano che è al di sopra di tutto e tutti. Una posizione antropocentrica, che all’uomo ha arrecato più danni che vantaggi, di cui però non è ancora pienamente cosciente. La coscienza dovrebbe invece servirci proprio a questo, ma sembra che questa facoltà la tiriamo in ballo solo quando ci fa comodo, soprattutto per distinguerci dal resto del mondo vivente.

Uguaglianze e differenze

Gli uomini pensano erroneamente che gli animali siano tutti uguali, quando sappiamo benissimo che il loro percorso evolutivo è stato diverso, molto diverso da specie a specie. Non possiamo mettere sullo stesso piano, il pensiero di un lombrico (ammesso che ce l’abbia) con quello di un uccello e quello di un pangolino con quello di una scimmia o dell’uomo. Esistono delle specificità di cui dobbiamo tener conto. Il fatto è che noi uomini quando prendiamo in considerazione il pensiero degli animali a noi più prossimi, i mammiferi superiori e in particolar modo le scimmie antropomorfe, ci viene l’orticaria e rifiutiamo qualsiasi confronto. Perché tanta resistenza? Il fatto è che le scimmie ci assomigliano molto, fin troppo, per i nostri gusti. Allora che cosa facciamo? Non solo non le consideriamo appartenenti al nostro stesso Ordine zoologico, quando invece lo sono, ma riversiamo su di loro i nostri sentimenti peggiori: gelosia, invidia, accidia, eccetera. Su di loro proiettiamo i peggiori aspetti della nostra personalità. In sostanza rifiutiamo di pensare che anche loro possano avere molte nostre facoltà mentali, anche quelle più semplici, figuriamoci quando saliamo questa scala psicologica e ci riferiamo, per esempio, all’inganno o alla bugia.

L’inganno e altre “amenità”

L’inganno, la bugia, l’impostura e la millanteria (quest’ultima oggi più diffusa che mai), sono tutte rappresentazioni veicolate dal pensiero dell’uomo, questo è vero, ma esse fanno parte anche del mondo animale?

Se è vero che gli uomini si attribuiscono stati mentali, come volontà, credenza, coscienza è altrettanto vero che possono farlo le specie a noi più prossime, nel caso specifico le scimmie antropomorfe? Sono capacità cognitive di un certo livello e non tutti hanno la capacità di attribuire stati mentali e sociali a se stessi e agli altri, a distinguerli e a tenerli a mente, di ricordare le proprie storie e quelle degli altri, di saper distinguere le informazioni utili da quelle inutili.

L’elaborazione delle informazioni è necessaria per interpretare bene il comportamento intenzionale e rappresentazionale del prossimo con i suoi desideri. Certamente è indispensabile, per mettere in atto un sotterfugio, una vendetta o qualcosa del genere. Per ingannare non è sufficiente trovarsi in un cattivo stato d’animo o avere del rancore verso qualcuno, ma occorre essere capaci di elaborare mentalmente l’inganno e essere esercitati a farlo.

Non ci si riflette molto, ma l’inganno viene perpetrato da una infinità di animali, anche dagli insetti, figuriamoci dai mammiferi superiori, come cani, gatti, solo per parlare degli animali domestici.

Altri animali

Partiamo dagli insetti, per esempio dalla falena. Questo insetto, molto comune e diffuso in tutto il mondo, per non farsi individuare dagli uccelli, loro predatori naturali, ha evoluto il colore delle ali simile a quello della corteccia degli alberi su cui si posa. Inoltre sulle ali ha dei cerchi che assomigliano agli occhi di un animale molto pericoloso (il volto di un serpente) che gli uccelli, quindi, evitano. Questo è inganno, ma lo è anche quello degli uccelli che fanno finta di essere stati feriti da un cacciatore, ma che al suo avvicinarsi spiccano il volo per sorprenderlo e lasciarlo di stucco. Sono tutte strategie difensive molto raffinate che, chi più, chi meno, possiedono tutti gli animali, figuriamoci l’uomo! I bambini, nel gioco agli indiani o in altri di questo genere, si buttano a terra e fanno finta di essere morti, per evitare la cattura. Anche i soldati, in battaglia, a volte lo fanno, per distogliere il nemico. Questi comportamenti fanno parte integrante del bagaglio genetico e biologico comportamentale, anche culturale, di tutte le specie. Sono informazioni incardinate nel patrimonio genetico di tutti gli individui e salvaguardano la loro sopravvivenza e che quindi sono utili per avere la possibilità di diffondere il loro patrimonio genetico, altrimenti correrebbero il pericolo di estinguersi e non avere nessuna progenie.

L’inganno e i suoi limiti

Ovviamente, all’inganno c’è un limite. Questa strategia non può essere messa in pratica all’infinito. Non si deve esagerare. Deve essere praticata con parsimonia e solo in caso di necessità estrema, altrimenti si metterebbe il predatore nelle condizioni di capire l’inganno e anticiparlo. Noi uomini lo sappiamo molto bene. Infatti sappiamo controbilanciare la predisposizione all’inganno di qualcuno contro-ingannandolo.

Esistono degli animali che, in termini di inganno, sono dei maestri, per esempio le scimmie. Riescono a manipolare le prospettive degli altri, soprattutto dei loro simili e farsi delle rappresentazioni mentali molto lucide in funzione delle aspettative dei soggetti che intendono ingannare. Per esempio, nascondono cose desiderate da tutti, soprattutto cibo o comportamenti non ammessi. Lo fanno con i leader deviando la loro attenzione. Nei babbuini alcuni individui, facendosi gioco dei loro capi, riescono ad accoppiarsi con delle femmine con le quali non hanno la libertà di farlo. Sono stati osservati dei maschi sottomessi nascondersi, solo parzialmente, dietro ad una roccia, cioè solo con la parte inferiore del loro corpo, mentre erano intenti ad avere rapporti sessuali non consentiti con delle femmine, facendo credere al leader che stessero facendo altro. Negli scimpanzé, anche i piccoli ricorrono, a loro vantaggio, a tattiche ingannatorie. Quando non desiderano che le loro mamme abbiamo rapporti sessuali con dei maschi sottomessi, cominciano a schiamazzare e lanciare urla molto forti in tutte le direzioni, per attirare l’attenzione del leader affinché intervenga per cacciare i malintenzionati. Lo scopo finale del piccolo, in questo caso, non è solo quello di poter ritornare al grembo materno per essere coccolato di nuovo, ma anche di aver reso un favore al maschio dominante che, prima o poi, glielo restituirà, dimostrando di possedere, nonostante la loro tenera età, capacità mentali (teoria della mente) di un certo livello.

Nelle scimmie, ma anche nella nostra specie, c’è la capacità di maturare, anche dopo molto tempo, dei sentimenti ritorsivi (la vendetta) contro qualcuno per un torto subito o per essere state in passato vittime di una coalizione o per essere state tradite.

L’inganno va quindi pensato e rimuginato affinché abbia successo e non si ritorca contro chi lo mette in atto, anche se non sempre finisce così, come il melodramma italiano ci ha illustrato molto bene. Facciamo un esempio per tutti. In un’opera di Gioacchino Rossini, rappresentata per la prima volta nel 1812, dal titolo L’inganno felice, il personaggio principale, Isabella, così recita, riferendosi al marito: “Fu un barbaro inganno. Ma pure t’adoro. Benché mio tiranno! Provarti mia fé”. È la storia di una moglie fedele, Isabella, che respinge le avances di Ormondo che, essendo stato respinto, per vendicarsi, fa credere al marito che sua moglie lo tradisce. Alla fine però i piani di Ormondo vengono sventati e viene anche arrestato per aver tentato il rapimento di Isabella. Si tratta di una farsa che finisce bene, con personaggi stravaganti, come spesso capita nelle opere di Rossini. Anche Giovanni Paisiello scrisse prima di Rossini un’opera omonima che fu rappresentata 14 anni prima. Anche qui, l’inganno la fa da padrone! A dire il vero altri grandi musicisti del passato hanno scritto opere in cui l’inganno è spesso il filo conduttore delle trame. Basti ricordare Il fortunato inganno di Gaetano Donizetti, La Tosca di Giacomo Puccini e ce ne sarebbero molte altre.

Conclusioni

Concludiamo tornando alle nostre cugine, le scimmie, che sanno sfruttare molto bene delle situazioni in cui riconoscono il vantaggio di sapere delle cose rispetto a coloro che le ignorano. Infatti c’è un comportamento rilevante che è stato osservato, spesso negli scimpanzé, per non parlare nei bambini, cioè giocare a far finta, con il rovesciamento dei ruoli e l’imitazione. L’imitazione non è secondaria per mettere in atto l’inganno essendo spesso un valido modello che si cerca di adeguare intenzionalmente alla realtà e che consente la manipolazione del prossimo, ovviamente quando se ne ha l’opportunità e quando se ne può ricavare un vantaggio sicuro. In questo la politica è maestra. Però, le scimmie sanno anche prendersi gioco di se stesse e quando questo riesce agli uomini, si passa al senso dello humor che spesso manca in molti esseri umani, soprattutto ai politici, appunto.