Per voce creativa è un ciclo di interviste riservate alle donne del panorama artistico italiano contemporaneo. Per questa occasione Giovanna Lacedra incontra Alessandra Carloni (Roma, 1984).

Alessandra Carloni è una pittrice. E una street artist. Dipinge su tela. E dipinge su muri urbani. I soggetti, i mondi, le atmosfere non variano. Che si tratti di una tela di medio formato o di un muro di alcuni metri quadrati, lo stile di Alessandra resta assolutamente riconoscibile. È fatto di tonalità morbide e di poetiche visioni. E il protagonista di queste visioni sembra essere sempre lo stesso. Non ha un nome, ma lo si riconosce dalle fattezze. A volte cammina, altre vola, altre ancora guida macchine improbabili. E a me sembra che attraversi mondi fatti di ricordi e nostalgie, brandelli di infanzia, luoghi della memoria, tra mare e archeologia industriale, sorvolando cumuli di spazzatura o galleggiando tra le stelle. Coi suoi capelli spettinati dal vento, questo viaggiatore vaga alla scoperta di qualcosa di nuovo o alla ricerca di qualche tesoro smarrito.
Spesso incontrando nuovi e fantastici compagni di avventura.
Le sue vicende sembrano cucire una trama, di muro in muro e di tela in tela.
La trama di una storia che si rinnova ogniqualvolta viene raccontata.
Alessandra Carloni vive e lavora a Roma.
Questa è la sua voce creativa per voi.

Chi sei?

Alessandra Carloni, mi occupo di pittura e arte urbana dal 2009, vivo e lavoro a Roma.

Un tuo sogno ricorrente e una tua paura di bambina.

Non c’è mai stato un sogno ricorrente, i miei sogni hanno frequentemente cambiato scenari e situazioni, forse ciò che ricorre è il senso di avventura. Sogno spesso di trovarmi all’interno di un viaggio avventuroso, spesso in compagnia delle persone a me più care. Ecco, quelli sono i sogni più belli. Una delle paure più forti che avevo da bambina, invece, era quella del buio, nell’oscurità della mia stanza mi immaginavo mostri o fantasmi, e l’immaginazione veniva alimentata dal gioco di ombre che si creava dalla luce notturna che veniva dalla finestra.

La parola che dici più spesso.

Dinamica.

La pittura, perché?

Perché è un’esigenza. Credo di essere arrivata a questa conclusione oggi, dopo 20 anni, perché di fatto non ho mai smesso di dipingere o di prendere una matita in mano, aldilà del riscontro e dei risultati che poi ci sono stati nel corso del tempo. È come una macchina in movimento che si rigenera ogni volta senza mai perdere la sua funzione, qualcosa che istintivamente deve venire fuori per dare un senso alla mia esistenza.

Quando hai iniziato a dipingere su pareti urbane? Cosa provi quando osservi un tuo muro finito a distanza?

In realtà ho iniziato la mia primissima esperienza su muro nel 2009, subito dopo la conclusione dei miei studi accademici e parallelamente alle prime forme di ricerca nella pittura. Da quel momento ho intrapreso questi due percorsi, pittura e arte urbana, anche se negli ultimi 4 anni l’esperienza sui muri è aumentata notevolmente. Attualmente queste due strade sono diventate necessarie per l’evoluzione della mia ricerca pittorica, anche se in forme diverse. Osservare un muro finito è un’esperienza ogni volta diversa, strettamente collegata al contesto in cui l’opera murale è inserita, e all’energia fisica ed emotiva che è servita per completarlo, dall’inizio alla fine. Un muro è per me una traccia di memoria completa a 360°, che mette in relazione la tua persona con la realtà territoriale in cui stai lavorando, anche più di una semplice tela, la quale rimane di fatto un ricordo più autobiografico e personale del periodo emotivo e di ricerca che stai vivendo.

Se non fossi un’artista cosa saresti?

Avrei scelto sicuramente la musica, è stato infatti il mio più grande rimpianto non avere imparato a suonare uno strumento.

Chi è il soggetto coi capelli spettinati dal vento, sovente presente nella dimensione onirica dei tuoi lavori?

È un’icona surreale spesso presente nelle mie opere, lo definisco un viaggiatore/sognatore, il mediatore attraverso il quale racconto lo scenario surreale che sto rappresentando nell’opera. Naturalmente potrebbe essere un riferimento autobiografico, ovvero potrei essere io quel personaggio indefinito, che ogni volta si colloca in questi scenari onirici, per tirare fuori un racconto che partendo dal sogno diventi espressione della realtà, così come io la vivo.

Se un tuo quadro fosse un racconto che hai letto, quale sarebbe?

Il Barone Rampante della trilogia di Calvino, a cui ho già dedicato un’ampia ricerca per una mostra che ho realizzato a Roma nel 2017, ma che non smetterei di continuare ad approfondire, studiando la figura chiave del protagonista, Cosimo.

E se un tuo quadro fosse una poesia… me ne scrivi i versi?

Senz’altro “L’addio” di Saba.

Senz'addii m'hai lasciato e senza pianti;
devo di ciò accorarmi?
Tu non piangevi perché avevi tanti,
tanti baci da darmi.
Durano sì certe amorose intese
quanto una vita e più.
Io so un amore che ha durato un mese,
e vero amore fu.

La tua pittura è, a mio avviso, favolistica, visionaria, ma molto molto lirica. Come nascono le visioni che dipingi?

Parto spesso da una visione che posso aver colto in un sogno, o altrimenti osservando un’immagine da una foto di un catalogo o su Internet. Quell’immagine diventa qualcosa che io posso trasformare in altro attraverso una forma di immaginazione surreale. Ma per far questo devo riuscire a tracciare un qualcosa su un foglio che fermi questa visione e il suo impianto compositivo e cromatico, così il disegno preparatorio diventa un passaggio fondamentale prima di arrivare alla tela.

Di quali letture ti nutri?

Principalmente letteratura italiana dagli anni ’50 in poi, ho divorato Moravia, Calvino, Pasolini etc.

Sei una donna, come ti relazioni al sistema dell’arte italiano e come lo senti?

Ovvio che non è facile, come in tutti i contesti lavorativi, per quanto si pensi che nell’ambito dell’arte certi limiti non esistano, una donna pittrice fa fatica a ritagliarsi uno spazio nel sistema dell’arte italiana, e in questo caso parlo di entrambi gli ambienti, pittura e arte urbana, dove la presenza maschile è evidentemente più forte, ma soprattutto per assurdo più credibile, proprio perché esistono e resistono alcune scuole di vecchio pensiero, dove il sesso vincente è per forme naturali quello dell’uomo, mentre quello femminile, per quanto riconosciuto, a un certo punto deve scontrarsi con quei limiti imposti dalla società e dal modello di donna precostituito. Non a caso, le donne artiste più forti presenti nel sistema artistico italiano di oggi sono in minoranza, rispetto ai loro colleghi.

La tua ricerca ha una radice autobiografica?

Come sottolineavo prima, quasi sicuramente, soprattutto nell’identificarmi con quel personaggio che viaggia all’interno di queste visioni oniriche, ma anche in quella componente fiabesca che accompagna le opere su tela e i muri e che in qualche modo rispecchia la mia personalità, sto cercando di tenere in vita il più possibile lo spirito ludico ed eternamente fanciullo che dovrebbe essere sempre presente.

Scegli 3 delle tue opere, scrivimene il titolo e l’anno, e dammene una breve descrizione.

Un volo meccanico 2018
È il primo della serie “Animali meccanici” e racconta un viaggio migratorio di un personaggio sul dorso di un enorme macchina/gabbiano meccanizzata, pronta a spiccare il volo. È la mia personale interpretazione, fiabesca e surreale, su un tema così contemporaneo come l’immigrazione.

Memoria di un Silos, 2019
L’opera rientra nei cicli urbani e in quelle architetture della memoria che ho più volte rappresentato nei lavori di questi ultimi due anni. Il gasometro è un simbolo di archeologia industriale presente in alcune città italiane. Un luogo che conserva un’anima vitale. Dove prima era collocato un silos ora non esiste nient’altro che un ricordo del passato, una gabbia della memoria, in cui il personaggio principale si lascia dolcemente avvolgere chiudendosi al suo interno, in un’atmosfera generale metafisica e surreale, avvolta quasi in un banco di nebbia.

Ovunque proteggi, 2019
L’opera fa parte del ciclo dedicato alla reinterpretazione della fiaba di Pinocchio, partito nel 2018 con una collaborazione editoriale con la casa editrice d’arte Scripta Maneant. La messa in scena della fiaba nel suo stadio finale, qui apre invece una riflessione sul tema delle morti delle balene a causa delle isole di plastica e dell’inquinamento nel mare.

L’opera d’arte che ti fa dire: “Questa avrei davvero voluto realizzarla io!”?

Il dipinto dei Sette peccati capitali di Bosch.

Un o una artista del passato con cui avresti voluto farti una chiacchierata?

Sicuramente Keith Haring, anche solo per rivivere l’atmosfera di quel periodo storico statunitense.

Un o una artista contemporaneo di cui visiteresti volentieri lo studio?

Visiterei volentieri lo studio di Alfio Giurato.

Un o una artista che avresti voluto esser tu.

Hopper

Un critico d’arte o curatore con il quale avresti voluto o vorresti collaborare?

Sicuramente Enrico Crispolti che ho avuto proprio l’onore di conoscere nel suo studio quando ancora facevo l’Accademia e stavo scrivendo la mia tesi. Un grande storico dell’arte, che ha curato i testi di tanti artisti del dopoguerra italiano, e soprattutto ha avuto il coraggio di andare contro il pensiero politico dominante degli anni ’50 in Italia, per rivalutare alcune correnti e biografie artistiche per decenni oscurate per ingiuste associazioni politiche.

In quale altro ambito sfoderi la tua creatività?

Mi piace cimentarmi in forma amatoriale con il teatro, che è una delle più belle esperienze per svestirsi del proprio ruolo per un attimo e sentire il proprio corpo.

Work in progress e progetti per il futuro.

Questo è un momento di produzione più pittorica nello studio, mentre alcuni muri partiranno da Aprile/Maggio.

Ho appena partecipato alle Fiere d’arte Affordable Art Fair di Milano dal 7 al 9 Febbraio con la Galleria Galp di Como e alla Fiera di Genova dal 14 al 17 Febbraio con la Collezionando Gallery di Roma, e in Maggio parteciperò a quella di Lucca con Vinci Arte.

Una commissione importante nell’ambito dei muri, sarà la realizzazione di un muro all’interno dell’Università dell’Aquila, dedicata alla strage del terremoto del 2009.

Il tuo motto in una citazione che ti sta a cuore.

“L'arte è una menzogna che ci consente di riconoscere la verità.”