Sostenere: dal latino sustĭnēre, dall'unione di sus-, variante di sub- «sotto», e tenere «tenere».
Questa parola nasce dall'azione/funzione del “tenere da sotto”.
Da “sotto” si scorge una prospettiva che genera la conoscenza della profondità di ciò che ci attende in superficie e ci permette d'incontrare il parziale di quanto conosceremo o già conosciamo del sopra.
Lo sguardo compie l'assimilazione di quelle informazioni che divengono mappa per la scoperta di una possibile bellezza, non solo di quanto emerge, ma anche di ciò che lo sorregge.
Ciò che è subalterno non è secondario all'azione: è portatore e costitutivo del valore intrinseco che appartiene alla natura di ogni cosa.
L'invisibile, come enucleato alla traccia della superficie, esprime di sé una parte che giunge al totale dello scibile attraverso i perimetri del visibile.
La crescente necessità conoscitiva dell'esperienza produttiva dell'uomo attraversa quella che possiamo definire un'esperienza analitica “Cubista” della natura delle cose che vengono prodotte, prendendo in esame ogni faccia della medaglia sino a coglierne l'effettivo totale nella scena della vita tra punti di forza e tracce di debolezza per comprenderne bellezza e bontà.
Ecco che il sotto corrisponde ad un sommerso che può essere camuffato da una mirata comunicazione che nutre l'immaginazione e il desiderio a discapito della verità al fine di produrre bisogni non necessari in quantità sempre maggiori e senza criterio alcuno se non quello del consumo per profitto.
Nasce l'esigenza di esprimere la verità su quanto non si è di ciò che si dichiara in favore dello sviluppo verticale dell'esistenza dell'uomo e dell'ambiente in sintonia d'azione, frutto di un'addizione armonica alle necessità sociali ed ambientali attraverso l'osservazione, l'ascolto, l'attenzione: in una parola la “cura”.
Attenersi al valore dell'armonia che “sostiene” l'esistenza e il cammino dell'uomo e di quanto è al suo cospetto, è dovere per lo stato di coscienza che fa dell'uomo l'essere umano nella metrica dell'universo.
L'uomo è progetto nel contesto ambientale e l'ambiente è progetto nel contesto umano.
Il termine progetto s'identifica con la sua definizione in lingua inglese; “Design” che applica il paradigma di bellezza e funzione al potere evocativo dell'emozione che suscita la forma e il suo utilizzo: bello equivale a buono.
Creare con profondità di visione progetti che tengono in considerazione la sostenibilità ambientale e sociale per un'unica esperienza collettiva di essenziale ricapitalizzazione dei valori primari dell'esistere è la sfida posta in essere, nel nostro tempo, da una pluralità, ancora troppo elitaria, di voci che vibrano del verbo del “rispetto” come punto di partenza per l'azione dell'uomo.
L'uomo si accredita nella “Hall” del domani se di esso rende plausibile la vivibilità, ma per fare questo s'impone l'azione calibrata nella natura delle cose e nel “rispetto” dell'ordine costituito.
Il gioco è crudo, ruvido, gli inglesi lo definiscono “RAW” perché esclude i bisogni indotti dal potere assoluto dell'edonismo e possiede il carisma della scientificità dell'agire per risanare con passione la parte concretamente malata del sistema per un nuovo modo di essere: un nuovo mondo.
Per poter contrastare, in maniera efficace, le seducenti maglie della produzione diffusa di modelli consumistici privi di scrupoli verso il sociale e l'ambiente bisogna conoscere le regole del gioco e “darsi una possibilità” per cambiare il corso degli eventi: “fare la Rivoluzione” a colpi di “sostenibilità ambientale e sociale” (Matteo Ward).
Queste verità devono divenire seducenti e tradursi nel lessico del nostro tempo con lo sguardo al rapido divenire della camaleontica società dei consumi sostituendosi al potenziale edificativo delle campagne comunicazione miranti alla forza della “copertina”.
Il 24 aprile del 2013, vi è stato il crollo del Rana Plaza di Savar, un sub-distretto nella Grande Area di Dacca, capitale del Bangladesh che procura 1138 morti e 2500 feriti: il più grave incidente industriale della storia del Paese.
Un edificio di otto piani adibito, per una parte, al commercio e per una parte, alla produzione di fast-fashion per alcuni grossi nomi del panorama internazionale. Si disintegra sotto gli occhi attoniti del mondo e su centinaia di migliaia di vite umane.
S'impone una riflessione:
Quand'è che il prezzo dei vestiti che andiamo ad acquistare è diventato più importante della vita delle persone?
(Matteo Ward)
Ward, laureato in Economia alla Bocconi e da diversi anni operante nel panorama internazionale della moda, decide di prendere posizione iniziando un nuovo percorso basato sulla visione di una produzione etica dell'abbigliamento.
Con fermezza si fa portavoce di una rivoluzione nel settore abbigliamento dove al centro s'impone il termine “sostenibilità” e dall'essere un agente del sistema si trasforma in autore e promotore di un verbo collettivo che possiede la cruda energia che solo la verità trattiene nelle sue trame alla luce dei fatti: WRAD.
Dall'acronimo di due termini del linguaggio di oggi, dove il “crudo/raw” può essere attraente e fieramente manifestato al punto da essere “fico/rad”, emerge l'essere wrad.
Ward e Wrad sono termini e principi di una gioventù che ha deciso che dal suo ruolo germinativo non può abdicare e che sa governare il sentimento panico della coesione di una parte per il tutto ed il tutto per la stessa.
Affiancato dai compagni di squadra, il fotografo Victor Santiago e la creatrice di moda Silvia Giovanardi, fonda il brand WRAD ed in esso lavora per creare delle collezioni di capi eco-sostenibili partendo dal rigoroso Made in Italy e applicandovi tecniche di tintura dei tessuti basate sulla grafite e rilevate dagli studi della Giovanardi come efficaci e perpetuate sin dall'antica Roma.
Consapevole del fatto che l'industria della moda è seconda solo a quella petrolifera, per inquinamento ambientale, si è attivato per costruire una rete di contatti con i più sensibili produttori del settore tessile, abbigliamento e accessori per renderli protagonisti di questa “rivoluzione”.
Nelle date dell'11 e 12 gennaio di quest'anno, durante la settimana della moda maschile di Milano, Ward è stato curatore del primo evento totalmente dedicato all'innovazione sostenibile nel fashion design: WSM Fashion Reboot.
Coinvolgendo 85 brand da tutto il mondo, che producono con principi eco-sostenibili, una decina di artisti che attraverso workshop hanno mostrato come fare arte rispettando l'ambiente, 20 start-up innovative, una mostra di Salvatore Ferragamo sulla sua produzione degli anni '30 e '40, oltre a 10 università internazionali che hanno già attivato corsi triennali e master sul tema, ha posto la Milano della moda al centro dell'esperienza WRAD.
Ward gira il pianeta Terra con la sua “visione”, lo osserva e ne suggerisce percorsi per poter comprendere come il mondo si sostiene e come possiamo sostenerlo dal basso, con umiltà, trovando la ruvida strada della grafite per un risultato che ribalti le prospettive dalla superficie al contenuto.
WRAD costruisce un mondo messo sotto-sopra dai valori dell'eco-sostenibilità dove ciò che sostiene ambiente e sociale ha la scena. Un universo che si rivela dai contenuti e che emoziona.
Da sotto il mondo può essere sì crudo, ma anche vero e bello... e “sopra-tutto” fico! WRAD.