Fino a un decennio fa non si sentiva nemmeno parlare di resilienza poi all’improvviso siamo invasi dalla necessità di re-silio in ogni ambito, dalla psicologia alla architettura, alla scienza…
Forse perché in questi ultimi decenni la situazione è precipitata e in effetti una soluzione per riparare ai danni è diventata imminente: è un termine che era utilizzato soprattutto in psicologia per definire la meravigliosa capacità che noi esseri umani abbiamo di auto-ripararci dopo aver subito un danno, la capacità di fare un salto indietro e ricominciare ad organizzare la propria vita uscendo lentamente dalle situazioni difficili.
Il termine resilienza, che deriva dal latino re-silio “risalire, tornare indietro”, ci accompagna in ogni settore della vita, dal privato al pubblico, dalla scienza all’economia fino all’ingegneria e all’architettura che oggi più che mai deve esprimere tutte le qualità resilienti possibili per poter contrastare la fine. E per fine si intende quella del patrimonio più importante che abbiamo: la Terra stessa.
È adesso che l’ingegno umano deve fornire nuove risorse e ideare nuovi metodi per ‘risalire, tornare indietro e ricominciare’.
Vediamo in quali settori tecnici e non psicologici il termine resilienza ha una sua ampia locazione:
- nella scienza dei materiali indica la proprietà che hanno alcuni elementi di conservare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione;
- in biologia esprime la capacità di un sistema di ritornare a uno stato di equilibrio in seguito ad un evento perturbante;
- in ecologia si definisce un ecosistema resiliente quando è in grado di resistere ad eventuali perturbazioni, senza subire danni permanenti e con la capacità di ritornare rapidamente alle condizioni iniziali;
- in ingegneria, è la capacità di un materiale di resistere a forze dinamiche, ovvero ad urti, fino a rottura, assorbendo energia con deformazioni elastiche e plastiche.
Non solo resistere ma anche costruire e riuscire superare le difficoltà – le deformazioni. Infatti la resilienza non è solo capacità di resistere in maniera passiva ma implica anche una dinamica positiva, una capacità di andare avanti, nonostante le crisi, e permette la costruzione, anzi la ricostruzione (di una vita, di una città, di un parco naturale…).
La capacità di resilienza delle nostre città sembra giunta al termine ed è per questo che interviene il genio e la creatività umana a fronteggiare il pericolo progettando strutture, edifici, città che possano vivere in futuro, adattarsi alle modifiche climatiche e aiutare il pianeta a conservarsi nel migliore dei modi. Si tratta dell’architettura resiliente quella in grado di progettare un riparo per uomini e natura, nel rispetto di uomini e natura e in continuo divenire.
Architettura resiliente e cambiamenti climatici
La resilienza ha fatto il suo ingresso anche in ambito urbano e architettonico a causa dei cambiamenti climatici e delle recenti problematiche ambientali.
In architettura e nella progettazione urbana si accosta ai temi della architettura sostenibile, dell’efficientamento energetico e ai principi della bioclimatica che costituiscono l’architettura del futuro, quella che crea ambienti costruiti confortevoli per le persone e a ridotto impatto ambientale. La progettazione bioclimatica, ad esempio, integra l’uso di fonti energetiche rinnovabili e riduce anche il fabbisogno energetico.
La progettazione resiliente si inserisce in questo contesto come una forma di architettura del futuro perché non solo risolve nell’immediato con soluzioni efficienti e sostenibili ma pensa anche al futuro rendendo il costruito in grado di affrontare catastrofi e situazioni di emergenza naturali, o semplicemente cambiamenti naturali già in essere.
L’architettura e la progettazione urbana resilienti rispondono ai cambiamenti senza che venga pregiudicata né la vita delle persone, né le normali funzioni che si svolgono in questi luoghi. “La resilienza, in sostanza, aggiunge una componente dinamica alla tradizionale progettazione, permettendo alle persone, agli spazi urbani e agli edifici, di convivere con i cambiamenti che stanno investendo l’intero pianeta”.
Materiali adattivi
Per aumentare la resilienza dell’edificio si sono sviluppati anche appositi materiali adattivi, biodinamici, spesso definiti smart che si adeguano ai mutamenti, imparano da essi e si adattano a condizioni sempre nuove.
Un esempio sono i materiali con proprietà fotocatalitiche: nel Padiglione Italia ad Expo 2015, ad esempio, era stato utilizzato per la prima volta un cemento biodinamico prodotto da Italcementi con principio attivo TX Active. Questo principio a contatto con la luce del sole consente di catturare alcuni inquinanti presenti nell’aria, trasformandoli in sali inerti e contribuendo a liberare l’atmosfera dallo smog.
Progetti resilienti: The Big U, NYC
Il progetto di protezione della costa di Manhattan, nasce in conseguenza del passaggio dell’uragano Sandy su New York nel mese di ottobre 2012. L’onda di marea dell’uragano ha inondato il 17% della superficie della città, causando 44 vittime e danni per 19 miliardi di dollari. I quartieri sono stati devastati: 88.700 edifici sono stati allagati, 23.400 sono state le imprese coinvolte, oltre 2.000.000 di residenti sono rimasti senza energia elettrica per settimane e la carenza di carburante si è protratta per più di un mese.
Arcadis, multinazionale di origine olandese con più di 125 anni di storia, attiva nell’ambito della consulenza ingegneristica ed ambientale, ha contribuito allo sviluppo di The Big U partecipando e vincendo il concorso Rebuild by Design con il team BIG, formato dallo studio BIG - Bjarke Ingels Group e dagli olandesi One Architecture. Il progetto è stato selezionato tra i dieci team di progettazione multidisciplinare, su un totale di 148 candidati internazionali.
The Big U infatti protegge non solo la città contro le inondazioni e l’acqua piovana ma arricchisce le aree interessate dal punto di vista sociale e ambientale creando spazi pubblici.
Arcadis ha realizzato, sin dal 2014, tutti gli studi di fattibilità tecnica dell’intero progetto, da quelli storico-demografici a quelli geologici ed urbanistici, compresi quelli di comparazione delle misure adottate in diversi parti del mondo per il contenimento delle maree e l’impatto ed efficacia della loro possibile implementazione. Arcadis, inoltre, opera come consulente del NYC Department of Design and Construction, al quale ha consegnato, nell’ottobre del 2019, la relazione finale sui sistemi idraulici costieri dell’East Side, ultimo passo prima dell’inizio dei lavori che è previsto per la primavera 2020.
Fu subito chiaro per tutti che era necessario un piano di intervento che preparasse la città ai cambiamenti climatici e ne aumentasse la resilienza. Rebuilt by Design è stata la risposta lanciata l’anno successivo come concorso di design, indetto dal Dipartimento degli alloggi e dello sviluppo urbano (Hud) degli Stati Uniti in collaborazione con diverse associazioni no profit e filantropiche.
L’obiettivo del bando era, originariamente, realizzare un sistema di protezione della costa dell’isola dalle maree che fosse integrato con il tessuto urbano, di per sé molto complesso e strutturato, denominato The Big U.
Spinto dall'innovazione e dalla collaborazione tra i portatori di diverse competenze, l’obiettivo del concorso si è trasformato in una opportunità di riqualificazione urbana e sociale, che ha dato vita a nuovi spazi ed a nuove vie di connessione tra quartieri, favorendo la mobilità alternativa e le possibilità di aggregazione per gli abitanti. Sono state quindi progettate nuove aree verdi, piste ciclabili, campi da basket e molto altro. L’intervento, per il quale sono stati destinati dalla città e dal governo federale più di 800 milioni di dollari, in cui sono compresi i costi di realizzazione di due nuovi ponti, insiste su tutta la costa che racchiude Lower Manhattan, circa 15 chilometri, compresa tra il fiume Hudson a ovest ( 57°Strada), passando da Battery a sud e fino a Est Side (42° strada a est).
(Massimiliano Pulice, Ceo Arcadis Italia)
Costruzioni resilienti: le torri ad Abu Dhabi
Ad Abu Dhabi le torri Al Bahar Towers di Aedas sono state realizzate nel 2012 con una facciata cosiddetta ‘intelligente’: si tratta di pannelli di forma triangolare, in grado di muoversi e cambiare la propria angolazione, in base all’esposizione al sole.
Le Al Bahar Towers sono un ottimo esempio di architettura resiliente, in grado di adattarsi alle condizioni climatiche del luogo: i pannelli che compongono la facciata computerizzata di Aedas rispondono agli stimoli naturali, aprendosi e chiudendosi in base al movimento del sole. Questa soluzione permette di ridurre la temperatura interna del 50% con una forte diminuzione dei consumi.
Il parco di Jinhua in Cina
Il parco urbano di Jinhua in Cina, inaugurato nel 2014, è riuscito ad adattarsi ai cambiamenti imposti dalla natura: il parco asseconda le piene del fiume e appositi ponti e percorsi sopraelevati, rendono fruibile la zona anche durante le inondazioni.
Un parco resiliente pensato per adattarsi alle inondazioni monsoniche attraverso un sistema di ponti e percorsi progettati per assecondare il flusso dell’acqua. Prima di questo progetto l’amministrazione rispondeva alla paura dei monsoni innalzando barriere di protezione in cemento armato e di fatto rompendo lo storico rapporto tra la città e il suo fiume.
La soluzione dello studio Turenscape ha invece assecondato mediante un sistema misto di terrazzamenti, argini, ponti e percorsi allagabili o permeabili che vengono chiusi al pubblico durante il breve periodo di inondazioni. Questo sistema, insieme al mantenimento di alcune specie arboree autoctone, contribuisce a preservare la biodiversità della zona.
Assecondare, lasciare alla natura il suo spazio.