Cosa possiamo dire sulle modalità con cui ci si ammala oggi?
Che legami ci sono fra riscaldamento globale e popolazione del pianeta?
Quale ruolo giocano le scelte economiche sui movimenti migratori?
Possono i movimenti sociali “dal basso” opporsi alle scelte politiche?
Qual è lo sbaglio più grave di chi ci governa?
Come fare per difendersi dal surplus di anidride carbonica presente nell’atmosfera?
Su queste ed altre domande molto attuali si è svolto a fine novembre a Firenze all’Istituto Stensen un incontro di studio. Volutamente non classificato come convegno dall’organizzatore, Gustavo De Santis, dell’università di Firenze. Questo perché temi così importanti sono meglio sviscerati in un ambito non troppo strutturato e debbono avere come risultato, non certo risposte esaustive, ma scritti chiari e rigorosi, in controtendenza con notizie inesatte riguardo a temi sui quali una parte sempre più numerosa di cittadini riflette, spesso pure angosciandosi.
Popolazione, Sviluppo, Ambiente, questo il titolo dell’incontro, organizzato dall’associazione Neodemos, che da 10 anni si impegna nella divulgazione degli studi sull’interrelazione tra tendenze demografiche e le società, l’ambiente, l’economia e la politica. Questa edizione verteva in particolare sul riscaldamento globale e sulle conseguenze che esso comporta.
L'associazione Neodemos ha fatto studi sulle cause della denatalità in Italia. Ormai i fenomeni vanno guardati in una prospettiva temporale di 30 anni, due generazioni. Lo studio, in controtendenza con le decisioni politiche, necessita di tempi lunghi e molti dati, per divenire previsione da utilizzare nel presente per guidare correzioni di rotta.
L'impronta della popolazione sull'ecosistema è strettamente legata al sistema economico, alle modalità di produzione dell'energia, all'inquinamento che l’industria produce e al modo di vivere, per citare solo le principali variabili.
Il clima, un tempo pensato come regolato dal caso, è ora chiaramente ascrivibile a scelte economico-politiche. Alla domanda sul peso che hanno nell’abbassamento della temperatura della terra i comportamenti virtuosi dei cittadini consapevoli, viene risposto che è di molto inferiore nei suoi effetti alle scelte politiche. Le buone pratiche individuali sono encomiabili e vanno pubblicizzate, ma non sono risolutive perché c’è bisogno di un’ampia programmazione estesa ad un trentennio, mentre lo sguardo dei politici si spinge, al massimo, al termine di una legislatura. È questo l’errore più grave di chi ci governa.
Giuseppe Costa, medico, relaziona su una ricerca condotta a Torino sui diabetici, per individuare quali fattori determinano l’ammalarsi e le complicazioni. “Ammalarsi è piuttosto casuale. Gestire al meglio la malattia è invece strettamente legato al grado di istruzione del paziente”. Con i limiti che può avere, essendo elaborata in una città di buon livello di vita, possiamo sintetizzare i risultati così: studiando di più si muore di meno. Uno slogan che in Italia potrebbe essere usato per motivare allo studio i giovani!
I legami fra riscaldamento globale e popolazione sono stati messi in luce, per l’Africa, da studi di due ricercatori FAO, Piero Conforti e Clara Aida Kahlil. Il grafico mostrato riguardava la migrazione interna; la maggiore forma di spostamento dei popoli africani si ha quando la desertificazione avanza, e di abbandono del continente, più raro, che avviene invece in condizioni di estrema gravità. I dati sono difficilmente reperibili ma la volontà di approfondire l’argomento ha affinato le strategie dei due studiosi.
Con un’esposizione molto brillante il fisico abruzzese Filippo Giorgi, dell’ICTP di Trieste, ha mostrato i risultati di modelli matematici di simulazione, che permettono di prevedere l’impatto del riscaldamento globale sul territorio italiano, basandosi sui dati raccolti nel presente e nell’ipotesi che gli accordi di Parigi siano onorati. Alla fine del XXI secolo la temperatura di Firenze sarà quella di Reggio Calabria oggi. Le città poste più a Sud, assumeranno valori da continente africano.
La temperatura crescerà di 2 gradi in Italia, più della media mondiale di 1,2. Lo scenario italiano cambierà perché quello che sembra un piccolo aumento sarà in grado di fare innalzare il livello dei mari. Preoccupante è soprattutto la velocità con cui evolvono i fenomeni. In precedenza la scala temporale dei mutamenti climatici era 10mila anni, per cui la Terra si assestava lentamente alle nuove condizioni. Oggi, su una lentissima diminuzione di temperatura in atto, che porterà ad una glaciazione nel corso di10mila anni si è inserito questo repentino aumento, in meno di due secoli, per cause antropiche. Pensando al mondo che stiamo preparando per figli e nipoti, si può solo sperare che gli elettori del mondo non rinnovino il proprio voto ai negazionisti della deriva climatica di origine antropica (sono i tempi rapidi a dirci che siamo noi con l’inquinamento a causarla). Come già detto, infatti, un’inversione di tendenza può avvenire solo se tutto il Pianeta seguirà pratiche virtuose.
Sull’anidride carbonica ha parlato il fisico Bruno Carli, precisando che non si tratta di un veleno. Anzi, è un gas inerte che si accumula nell’atmosfera. Il problema è che la rende “opaca”, impedendo ai raggi infrarossi che riscaldano la Terra e sono da essa riflessi, di disperdersi nello spazio, contribuendo al riscaldamento terrestre. Cosa sarebbe possibile fare? Esistono dei materiali sabbiosi naturali in grado di intrappolare la CO2, ma nessun governo impone di utilizzare questa strategia ai produttori. Pensare che sarebbe una spesa non lontana dai costi di estrazione di materia prima. Oltre alla progettazione ambientale fatta troppo a breve termine, la Politica si deve quindi assumere anche la colpa di non esigere dall’Industria di disinquinare.
Neodemos pubblicherà le relazioni che abbiamo ascoltato nell’incontro, alla lettura delle quali si rimanda per maggiori dettagli. Una prima risposta alle domande più frequenti è stata data con le ricerche più aggiornate eseguite fino ad oggi.
Si comprende che la Scienza può spiegare cosa sta avvenendo, ma per fermare la distruzione del pianeta c’è bisogno di una nuova antropologia.
Il capitalismo - oggi chiamato neoliberismo - che si oppone alle pratiche virtuose, si dimostra inadeguato non solo a rispondere ai bisogni di sopravvivenza di tutti, ma non ha ancora compreso che ciò che rende realizzate le persone non è uno stolto accumulo di ricchezza, possibile per pochi a danno di molti, ma raggiungere delle esigenze, diverse per ogni essere umano, spesso neppure costose. L’accumulo di denaro fine a se stesso, lungi dal portare alla realizzazione umana di chi accumula compulsivamente, fa crescere le diseguaglianze materiali e la disperazione di chi muore di fame, allontanando anche ogni possibilità di pace diffusa.