E dentro alla foresta vado a perdere la mia mente e a trovare la mia anima.
(John Muir)
Le foreste tornano di moda, di quelle mode che non sono funzionali all’apparire che, da sempre, tanto ossessiona l’essere umano ma che aiutano la vera essenza dell’essere, nutrendolo.
Ritrovare il proprio equilibrio grazie allo Shinrin-yoku, la teoria giapponese del bagno nella foresta. Coltivare la felicità, ritrovarsi, liberarsi dallo stress, dall’affanno di voler fare tutto e subito.
Le malattie legate allo stress sono ormai diventate un problema sociale. Un’emergenza di cui spesso non ci si rende conto e per la quale spesso può essere tardi. Come correre allora ai ripari?
Le continue sollecitazioni rendono vulnerabile l’uomo e il suo corpo. Si parla di prevenire, ma spesso ce ne dimentichiamo. Ci si ferma sempre di meno, non si trova il tempo per un pensiero, una carezza e un respiro corretto. La consapevolezza e “il qui e ora” non sembrano importare molto a nessuno.
Allora perché non regalarsi una bella e salutare passeggiata in foresta? “Immaginate proprio adesso di camminare nella foresta: sentite la terra e le foglie sotto i piedi, lo scricchiolio dei rametti. Ascoltate il canto degli uccelli e guardate il cielo blu attraverso gli scorci nella chioma degli alberi, osservando come la luce, che filtra attraverso di essi, illumina il sentiero davanti a voi. Inspirate profondamente. Potete percepire i vari aromi della foresta: il muschio, la linfa, la terra e il legno. Assimilate tutto”1. Energia. In una sola e potente parola, Shinrin-yoku, termine coniato, nel 1982, da Tomohide Akiyama, direttore della Japanese Forestry Agency, la pratica di camminare, senza fretta, nella foresta, per una mattina, un pomeriggio o una giornata intera. Se a piedi nudi, ancora meglio. Gli effetti psicologici e fisiologici delle foreste sulla salute e il benessere dell’uomo da allora furono studiati e provati, con i primi esperimenti di tali effetti psicologici effettuati nell’isola giapponese di Yakushima. Qui, nel 1990, con la cooperazione della Nhk, il servizio pubblico radiotelevisivo giapponese, si sono iniziati esperimenti per misurare il livello dell’ormone dello stress, il cortisolo, nella saliva di soggetti che camminavano nella foresta. Per anni i progressi furono lenti, ma, dal 2000, si è arrivati a misurare l’attività del cervello e del sistema neurovegetativo, validi indicatori del livello di stress nel corpo umano, che riconosce la Natura come propria casa. Si parla di nature therapy. Gli effetti sono immediati. Nel bosco e nella foresta si può, camminando, guardare le stelle, respirare, meditare, usare i cinque sensi, fare stretching, creare, osservare l’interazione della luce quando il sole filtra tra gli alberi, immaginare, sognare, amare, desiderare, ricordare, sentire il silenzio, accarezzare le orme degli animali e le foglie che cadono, ritrovare l’equilibrio fra quiete e movimento, concedersi tempo per noi, rilassarsi. In una sola parola non pensare. Volare via. La Natura che si prende cura di noi, quindi, che ci abbraccia amorevolmente. Passando dall’ammirazione al rispetto.
E se in Giappone oggi esistono più di 70 percorsi ufficiali per la forest therapy e un numero crescente di medici abilitati per la forest medicine, anche da noi è ora di pensarci. La società ha bisogno di un passo indietro, di riavvicinarsi alle origini. Di uno slow down. Di quello vero.
Le montagne non sono ammirate per la loro altezza ma per gli alberi che vi crescono.
(Proverbio giapponese)
1 Yoshifumi Miyazaki, Shinrin-yoku, Gribaudo, 2018.