Sempre più rari quei luoghi in cui il silenzio è elemento qualificante, le fresche acque scorrono ancora in letti naturali sinuosi, che traspaiono sotto limpidi rivoli e cascate, alberi e siepi lasciati indisturbati si alternano a vaste radure collinari che fanno presagire un lontano tintinnio di greggi pascolanti.
È qui che la pace regna e durante l’estate ci consente un riposo duraturo, un’opportunità di riequilibrio interiore dopo mesi in cui si è costretti a vivere tra luoghi non-luoghi cementificati, spogli della natura, ripetitivi nelle forme e monotoni nei colori: gli spazi urbani della modernità. Se la pianura padana ha perso ormai da un cinquantennio ogni benché minima traccia di quella natura tanto prodigiosa e ricca che era la foresta mista di querce, carpini, ontani, salici, olmi e pioppi, molti luoghi italiani non lontani da qui, conservano con grande rigore e attenzione un patrimonio naturale ricchissimo di biodiversità e di paesaggi materiali e immateriali.
Sto parlando di luoghi sempre considerati “minori” secondo una visione riduttiva che parte da un giudizio quantitativo, in quanto centri con pochi abitanti, con poche risorse produttive in senso economico contemporaneo, poco connessi perché fuori delle solite direttrici viarie di grande comunicazione che hanno influenzato il destino del nostro paese.
Alle volte si considera necessario munirsi di un biglietto aereo per poter godere di un paesaggio, di un riposo certo, di uno stimolo culturale, ma spesso sarebbe più facile perdersi in lembi di quell’Italia di cui molti viaggiatori illustri nella storia e nella tradizione hanno scritto e goduto esaltandone le grandi qualità.
Perdiamoci, quindi, nell’Appennino: vi racconterò un paesaggio quasi incantato o meglio che ne conserva l’incanto, la capacità di stupire per aver mantenuto strenuamente l’essenza del suo carattere e della sua identità antica che lo rese celebre e apprezzato nei secoli. Per goderci ancor di più questo viaggio nel tempo antico, sarebbe bene avvalersi di un treno o un autobus che ci conduca a Sansepolcro, nell’Aretino, e da lì con un’auto presa a noleggio addentrarci verso San Giustino, piccola cittadina tra Umbria e Toscana. Attraverso una strada panoramica tra le colline morbide e verdeggianti ci dirigiamo al passo di Bocca Trabaria, nome che già riporta all’epoca della romana attività di taglio degli alberi (trabs – trave) che da lì venivano inviati a Roma, via acqua lungo il Tevere. Qui a 1000 metri di altitudine siamo già nelle Marche e inizia la via della Grande Escursione Appenninica dove si apre la Massa Trabaria, provincia autonoma dello Stato della Chiesa, la cui capitale era Tifernum Maturense oggi Sant’Angelo in Vado, ove si riunivano i legati rappresentanti dei cento castelli di questo antico territorio.
La toponomastica sia antica che moderna è fortemente evocativa e ci fa sentire l’essenza del luogo attraverso un elemento vegetale che la connota, Tifernum, la Tifa, Tipha latifolia, una pianta acquatica comune dei fossi; Maturense dal Metauro, fiume che riunisce a Borgo Pace, la confluenza del Meta e dell’Auro. Torquato Tasso che visse nell’Urbinate e fu compagno di studi di Francesco Maria II della Rovere, ultimo duca di Urbino, descrisse con amorevole affezione questo fiume:
O del grand’Appennino figlio picciolo sì ma glorioso, e di nome più chiaro assai che d’onde; fugace peregrino a queste tue cortesi amiche sponde per sicurezza vengo e per riposo…
Qui tutto sa di antico, di medioevale, addentrandosi in queste strade coronate da alberature folte, fresche, sinuose e ridenti, mai aspre, perché la valle è aperta e rassicurante, si è sorpresi da densi e sparsi camini di fumo bianco crema che a prima vista appaiono minacce di incendi boschivi. Una scoperta, invece: è quella di trovare un’antichissima pratica, fare carbone dalla legna posta in perfetti e eleganti cumuli che bruciano qua e là lentamente, sorvegliati da vigili carbonai chiamati “artisti del fuoco”, ormai quasi scomparsi in Italia.
Sant’Angelo in Vado è proprio un luogo uscito dalla storia di cavalieri e dame, prediletto da Federico da Montefeltro e patria di Taddeo e Federico Zuccari, grandissimi pittori cinquecenteschi. La cittadina deve il suo nome più recente ad altra pianta, il Guado, Isatis tinctoria, probabilmente spontanea e coltivata lungo il fiume da cui estrarre il "blu pastello", estremamente ricercato nella pittura e nell'industria tessile, tanto da creare una ricchezza. L’antico Municipium romano è citato nelle opere di Plinio il Vecchio e Claudio Tolomeo, qui a Sant’Angelo, non lontano dall’attuale centro cittadino e dalla famosa cascata del Sasso.
Recentemente è stato restituito uno dei tesori più cospicui delle Marche la Domus del Mito, una residenza gentilizia che ricopre mille metri quadri tra mosaici e resti di costruzioni, ancora molto ben conservati. In pieno agosto sotto il sole cocente qualche turista si aggira rapito dalla bellezza dei mosaici, sembra di essere proiettati 2000 anni indietro quando nel vestibolo lunghe vesti di donna toccavano con grazia l’immagine di Nettuno e Anfitrite su un carro trionfale trainato da due ippocampi, tra delfini danzanti. Scendo nel tablinum e vedo Bacco attorniato da un tondo e da motivi prospettici dal disegno raffinato, poi mi appare la testa di Medusa, irta di serpentelli, con un emblema esagonale centrale in una grande sala che presenta una complessa policromia di motivi geometrici e vegetali. Ci si perde tra scene di caccia, con un battitore che indossa i caratteristici abiti, corta tunica e gambali in pelle e due cani che incalzano rispettivamente un capro selvatico ed un cinghiale. La semplicità di questi luoghi, la pace e l’accoglienza dei suoi abitanti attenti a valorizzarne le loro ricchezze, contrasta con una bellezza prorompente che esce dagli scorci naturali, le viste aperte su colline libere da costruzioni per interi chilometri di cammino, chiese romaniche e poi palazzi rinascimentali e torri medioevali di avvistamento con fortilizi che si fondono in complessi architettonici di rara grazia. Non si finisce di scoprire questo borgo fuori del tempo e allo stesso tempo vivace e attivo per ricevere turisti ma di lì a poca distanza vedo nella cartina un altro tutto da godere… Urbania, mi chiedo perché non proseguire … il viaggio!