Un articolo pubblicato sulla rivista Applications in Plant Sciences riporta lo sviluppo di un protocollo per migliorare la qualità del sequenziamento del DNA, in particolare quello dei plastidi, organi cellulari delle cellule vegetali. La possibilità di sequenziare lunghi frammenti di DNA migliora notevolmente l'assemblaggio dei genomi dei plastidi e ciò si traduce in un vantaggio nelle ricerche avanzate sulla biodiversità.
Le tecnologie per il sequenziamento del DNA sono state ideate a partire dagli anni '70 ma per molti anni i vari metodi sviluppati avevano il problema che sequenziavano piccoli frammenti genetici. Nel corso degli anni sono arrivati diversi miglioramenti, con la possibilità di sequenziare più frammenti di DNA contemporaneamente e nel corso di questo decennio è cominciato lo sviluppo dei cosiddetti sistemi di terza generazione, che permettono di generare letture decisamente più lunghe rispetto ai precedenti.
I progressi sono stati ottenuti in parte grazie a miglioramenti negli strumenti usati per manipolare fisicamente il DNA e nelle tecniche usate per manipolarlo ma ci sono anche importanti contributi connessi all'informatica. Da anni la bioinformatica è diventata una disciplina importante per l'applicazione delle tecnologie informatiche a lavori nel campo della biologia, come appunto il sequenziamento del DNA.
Il vantaggio di queste nuove tecnologie non è solo in termini di rapidità del sequenziamento ma anche per il fatto che frammenti più lunghi sono decisamente più facili da assemblare in modo corretto. Genomi complessi in cui sono presenti parecchie ripetizioni di certe sequenze genetiche sono difficili da assemblare con i vecchi metodi perché può essere impossibile capire in quale posizione nel DNA vada inserito un frammento che contiene sequenze presenti in diverse posizioni.
Un team di ricercatori guidato dal dottor Thomas Couvreur, direttore delle ricerche all'Istituto nazionale di Ricerca per lo Sviluppo Sostenibile francese di Montpellier, ora offre un protocollo per migliorare la possibilità di sequenziare lunghi frammenti di DNA applicabile al genoma completo dei plastidi delle piante.
I ricercatori sono riusciti a catturare frammenti di DNA di plastidi contenenti oltre 3.100 coppie di basi contro le circa 400 coppie di basi dei frammenti ottenuti con precedenti tecnologie di sequenziamento. Ciò rende molto più semplice il lavoro di assemblaggio dei vari pezzi di DNA.
Questo protocollo è stato testato con il riso (Oryza sativa) per poi estenderlo ad altre piante dello stesso genere come il riso africano (Oryza glaberrima) per poi continuare con altre della famiglia delle Poaceae fino ad altre del superordine delle Lilianae. Tra le piante usate per i test ci sono anche tre specie di palme.
La maggiore efficienza nel sequenziamento, in questo caso specializzato perché pensato per migliorare quello delle piante, può aiutare le ricerche sulla biodiversità. Solo una piccola parte delle piante esistenti è stata studiata al punto da averne sequenziato il DNA completo. Ciò significa che esistono ancora molte specie che vengono usate come cibo, per trarne medicinali o per altri usi di cui dobbiamo ancora scoprire qualche segreto.
Le nostre conoscenze delle piante stanno migliorando anche grazie ai progressi nelle tecniche genetiche ma quante piante potenzialmente utili esistono, magari in qualche area remota, di cui sappiamo poco? Nella sola foresta amazzonica ne vengono scoperte in continuazione e ciò significa che c'è molto lavoro da fare per capirne pienamente il potenziale. Conoscere il DNA completo delle piante può aiutare anche a migliorare la conservazione di specie in difficoltà a causa dei cambiamenti climatici e in certi casi ciò può essere cruciale per mantenere la stabilità di certi ecosistemi.
Questo studio è concentrato sulle piante ma certi progressi possono essere adattati anche ad altri tipi di studi. Ad esempio, le nostre conoscenze dei moltissimi microrganismi esistenti al mondo sono ancora limitate, al punto che i miglioramenti nelle tecniche genetiche hanno permesso di identificare interi gruppi che erano del tutto sconosciuti solo negli ultimi anni. Sono i casi in cui nuove scoperte portano gli scienziati a rendersi conto di quanto non sappiamo ancora.