La ricerca della Felicità è una tensione che ha caratterizzato gli esseri umani di tutti i tempi, di tutti i luoghi e di ogni condizione sociale.
I filosofi greci da Socrate a Platone, da Aristotele agli stoici, da Epicuro agli scettici, i grandi Saggi, i Santi e i Religiosi, politici e governanti, artisti e scrittori, intellettuali e poeti, si sono chiesti cosa fosse la Felicità e come riuscire ad essere Felici.
Il 4 luglio 1776 la stessa Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d'America sanciva i tre Diritti Inalienabili dell’Umanità: La Vita, la Libertà e il perseguimento della Felicità.
Allora anche noi possiamo porci questa domanda: l’Evoluzione dell’individuo, la Civilizzazione della società, il Progresso tecnico scientifico, pur avendo senza dubbio facilitato la vita, hanno davvero contribuito ad avvicinare l’uomo a uno stato di crescente Felicità?
In merito a questo tema abbiamo intervistato un’esperta, Dora De Sfefano, Counselor, Formatrice, Life Coach, Conduttore di Bioenergetica e di Training Autogeno, Ceo & Founder de "L'arte di essere felici".
Come si è configurata nella nostra Società globalizzata l’esigenza di essere Felici?
Viviamo in un mondo globale, e questo implica che siamo interconnessi, sempre. C'è troppo rumore, troppo movimento, troppo stimolo. La gente soffre per questo, non la ha possibilità di fermarsi a sentire, e molti pensano che la vita sia così, che non ci sia possibilità di invertire la rotta.
Cosa ci rende infelici nella realtà di tutti i giorni?
L'individuo vive “scollato” tra il “dover fare” e il suo “essere”. Cerchiamo di essere più forti, più veloci, più belli. Siamo continuamente distratti dalla pubblicità, dalla televisione, da Internet… siamo appesantiti, in tutti i sensi. Ma abbiamo la possibilità di cambiare questo processo che sembra irreversibile, ritornando a “sentire”, attraverso l'esperienza personale, fisica, concreta.
Quanto è importante la Centralità della persona, il suo benessere psico-fisico, spirituale e culturale per raggiungere un livello soddisfacente di Felicità?
La maggior parte della gente non vive una vita sana e dà la colpa allo stress, chiamato in causa per tutto ciò che ci accade. Lo stress è la risposta organica a una situazione che produce ansia – un esame, un appuntamento di lavoro, un lutto. Il corpo ci sostiene nell'affrontare il momento di difficoltà con la produzione di vari ormoni tra cui il cortisolo, prodotto dalle ghiandole surrenali, e “dà istruzioni” ai vari sistemi interni che si attivano producendo le sostanze adatte a stimolare determinate funzioni e metterne a riposo altre. Dopo la fase di allarme, dovrebbe esserci la fase di ripresa, in cui cessa l'azione dello stimolo disturbante e l'organismo recupera progressivamente il suo equilibrio.
E questo è il punto da affrontare. Se a uno stimolo stressante se ne aggiunge un altro, e un altro ancora, al corpo manca letteralmente il respiro, i meccanismi biologici di difesa non riescono più a produrre gli ormoni adattivi e le scorte di esauriscono. Le batterie si scaricano, ed ecco che arriva la malattia.
Quanto tempo e attenzione dedichiamo al nostro corpo per raggiungere un buon livello di vitalità?
Nei seminari che svolgo, le persone mi parlano della difficoltà di dedicare del tempo – anche poco – a se stessi, per i motivi che tutti conosciamo, la vita frenetica in cui siamo immersi, le responsabilità lavorative, familiari, ecc. E anche quando fanno qualcosa per sé - attività fisica o ginnastica in palestra, sport o altro - lo fanno per migliorare la propria immagine (che spesso non amano), e non per amore di sé. Facendo così però non riescono a “sentire”, a entrare in contatto con i propri bisogni. Il sentire non c'entra con l'intelligenza, né con la forza, ma con il “percepire” e stare in ascolto delle proprie sensazioni.
Un altro tema che arriva dalle persone è il loro bisogno di voler capire.
Come dice Osho: “La mente, fondamentalmente, mente”, vale a dire che il nostro bisogno di avere il controllo prevale sulle nostre emozioni. Ma io aggiungo che il corpo obbedisce alle sue regole, che sono infinitamente più sagge.
Leggere tanti post sul benessere o l'autostima non aiuta certo a mettere in atto un cambiamento, perché la vera trasformazione avviene nel momento in cui si fa esperienza di una nuova verità, e non quando la mente acquisisce altre nozioni.
Nell’epoca dei lavori artigianali e creativi, l’uomo acquisiva autostima attraverso le sue creazioni, cosa deve fare l’uomo moderno per imparare ad amarsi?
Deve ritrovare il suo equilibrio, riprendere il dialogo con se stesso senza giudicarsi o compiangersi.
Quanto è importante la relazione con gli altri per essere in armonia ed equilibrio?
Gli altri rappresentano lo specchio in cui ci guardiamo, e ci rimandano degli aspetti di noi, sia quelli che ci piacciono, sia quelli che vogliamo nascondere. Una persona che è in un percorso di “consapevolezza” può imparare moltissimo dal confronto con gli altri e anche dalle reazioni che provoca negli altri. Del resto, siamo animali sociali, per questo il bambino piccolo ha una predisposizione innata a stabilire una relazione con le figure di riferimento (i genitori) che lo possano sostenere nel suo processo di sopravvivenza.
Quanto le programmazioni familiari e sociali inficiano le nostre relazioni?
Il bambino, prima ancora di scegliere di identificarsi con una delle due figure genitoriali, li ha già “ingoiati”, inconsapevolmente, vale a dire ne ha già acquisito le rappresentazioni mentali, aspettative, credenze che arrivano anche dalle generazioni precedenti – l'inconscio collettivo per dirla con Carl Jung. Nel suo saggio Il disagio della civiltà, Freud parla di quanto l'indole umana deve “piegarsi” alle regole sociali e reprimere al contempo i propri bisogni.
In che modo siamo condizionati dal giudizio nella nostra crescita personale?
Ti rispondo con una domanda: che differenza c'è tra il formarsi un'opinione di una persona e tenersela per sé, e invece rovesciarle addosso una serie di commenti non richiesti?
La mente umana tende a “riempire i vuoti”, a elaborare tutto ciò a cui non riesce a risalire spontaneamente, per questo anche un incontro fugace con uno sconosciuto viene ricostruito dalla mente al fine di formarsene un'impressione. Questo è un processo normale.
La critica tuttavia è un processo diverso, malsano e che scatta quasi in automatico. Premesso che secondo me non esistono critiche costruttive, ma esistono solo le critiche, colui che critica compulsivamente ha bisogno di proiettare fuori di sé aspetti che non riesce a “digerire” dell'altro, siano essi portatori di negatività che portatori di positività.
Come è possibile liberarsi dal giudizio degli altri?
Lavorando sulla propria autostima si impara a farsi scivolare addosso le critiche degli altri. Chi è in equilibrio con se stesso riesce a disinnescare la mina della critica altrui, la intercetta e la rispedisce al mittente, meglio ancora se con un sorriso!
Quali sono i ruoli del “Triangolo drammatico” - di cui parla lo psicologo statunitense Sfefan Karpman - che bisogna evitare per instaurare relazioni sane?
Secondo Karpman - uno dei teorici dell'Analisi Transazionale - le relazioni possono strutturarsi su una forma di un triangolo rovesciato ai cui vertici si trovano i tre possibili ruoli ricoperti dai due membri della relazione: Vittima, Carnefice o Salvatore.
Una relazione così strutturata non è una relazione sana, perché - anche se inconsapevolmente – ogni soggetto manipola l'altro e ne viene a sua volta manipolato. Nessuno dei due si comporta in modo genuino e autentico. Per modificare una relazione di questo tipo è necessario “uscire dal triangolo”, cioè smettere di ricoprire il ruolo di Salvatore, Persecutore o Vittima. Facile a dirsi, molto difficile a farsi, soprattutto nelle relazioni di lunga durata, che in genere sono nate proprio perché le due persone si sono “attratte” a vicenda grazie a ruoli complementari.
I Ruoli di Vittima, Carnefice e Salvatore, quali limiti hanno?
Sono ruoli, appunto, e sono necessariamente incanalati su un binario fisso, schematico, senza via di uscita. Tali ruoli non possono che sfociare in una “coazione a ripetere”.
La Vittima è costretta a interpretare questo ruolo perché non ne conosce altri, ha imparato a codificare il mondo nella modalità “Quello che mi succede è sempre colpa degli altri”. Ogni relazione in cui sarà coinvolta, ogni situazione nuova che dovrà affrontare la vedrà agire sempre in questo ruolo, immutabile e senza sbocchi. A meno che non decida di voler spezzare questa catena a cui inconsapevolmente ha legato se stessa, e avviare un cambiamento. Di conseguenza, ogni cambiamento che essa porterà nella sua vita genererà un cambiamento in tutti i soggetti che in un modo o in un altro gravitano intorno a lei.
Per una relazione di coppia soddisfacente ed equilibrata, che lavoro occorre fare su se stessi?
Puoi amare un'altra persona solo quando hai imparato ad amare te stesso. Sei la prima persona al mondo che devi imparare ad accettare, ecco il presupposto indispensabile per una relazione di coppia sana ed equilibrata. L'amore non è “bisogno”, non è la stampella cui aggrapparsi e non è neanche il cestino dei rifiuti in cui scaricare tutte le proprie frustrazioni. Tutto questo materiale “non riciclabile” va smaltito in prima persona. Il partner va rispettato e il tempo da trascorrere insieme va onorato.
Quali diversità di comportamento occorre integrare per favorire il rapporto tra i due sessi?
La coppia sana presuppone la libertà di essere se stessi, la capacità di accogliere anche i lati del partner che ci piacciono poco. “Io lo cambierò” è una strada che ha fatto migliaia di vittime, sentimentalmente parlando. Noi tendiamo a complicarci la vita, mentre la tensione verso la Felicità, ci dovrebbe condurre a investire sulla semplicità, per prima cosa perché: “La semplicità è la necessità di distinguere sempre, ogni giorno, l'essenziale dal superfluo” (Ermanno Olmi), secondo perché: “Se non sei in grado di spiegarlo a un bambino di otto anni, non sei in grado di spiegarlo a te stesso” (Einstein).