Mi sono a lungo interrogata su quale fosse il modo migliore per iniziare la mia rubrica e, infine, ho scelto di raccontarvi la mia Capraia, un piccolo paradiso dell’arcipelago toscano per me molto significativo. Il mio intento, infatti, è quello di farvi viaggiare con me alla ricerca del bello, del buono e soprattutto dell’insolito e penso che Capraia, che sicuramente ha piantato il seme della curiosità in me, possa essere un ottimo punto di partenza per chiunque altro.
Quest’isola ha il sentore della fiaba e non a caso si è spesso giocato nel definirla “l’isola che non c’è”. È lontana, obiettivamente parlando, da tutto. Se non si possiede una barca, l’unica alternativa è il traghetto che parte da Livorno, che per giungere a destinazione impiega quasi tre ore.
Una volta approdati ci si sente davvero distanti dalla terraferma. I ritmi sono lenti, scanditi soltanto dall’orario dei pasti. Non ci sono macchine e nell’aria si sente quel forte odore di salsedine misto a macchia mediterranea che contraddistingue le nostre isole e ci fa subito pensare che quella è ‘aria di vacanza’. Davanti a noi, in ogni angolo, luoghi meravigliosi a perdita d’occhio. Il mare è di quel blu lucente che ricorda le piume di un pavone, la terra brulla è riparata soltanto da pochi pini marittimi che si stagliano verso un cielo quasi sempre senza nuvole.
L’amministrazione locale e il Parco negli anni hanno sempre cercato di tutelarne la bellezza selvaggia, puntando principalmente sullo sviluppo di un turismo eco-consapevole. E così hanno fatto anche gli imprenditori, che senza eccezioni hanno sempre cercato di offrire prodotti sostenibili e di qualità. Una delle imprese più floride è la “Cooperativa Maricoltura e Ricerca” che si dedica all’allevamento di branzini e orate attraverso un impianto a basso impatto ambientale e nutrendo i pesci soltanto con mangimi naturali e certificati; il risultato finale è un pesce di alta qualità, particolarmente saporito e magro.
Imperdibili sono poi i formaggi di capra locali, che a ogni boccone sprigionano tutti i profumi della macchia mediterranea di cui le capre si nutrono brucando in giro per l’isola. Il caseificio dell’azienda agricola “Il Saracello” ha una piccola produzione, ma i formaggi sono talmente apprezzati che già nelle prime ore del mattino sono facilmente andati esauriti.
Un’altra chicca è l’azienda agricola “Arura” di proprietà di Susanna, Capraiese doc, innamorata della propria terra. Nel suo laboratorio è possibile acquistare tutti i prodotti ricavati dalle erbe del posto: sciroppi, liquori, confetture... Non ci si può non innamorare del suo entusiasmo ed è in grado di raccontare qualunque aneddoto legato a Capraia.
Un’ultima splendida realtà è quella dell’azienda agricola “La Piana”, che dal 2000 si è imbarcata nell’avventura di produrre vino in loco, attraverso quella lunga e complessa trafila che può certamente essere definita “viticoltura eroica”. La Piana oggi produce quattro tipologie di vino, prevalentemente a base di Aleatico, ma anche Vermentino, Ansonica, Ciliegiolo e Sangiovese; grazie alla loro qualità sta cominciando a farsi conoscere in tutta Italia. Una delle caratteristiche che rende più interessanti questi vini è sicuramente il fatto che il terreno sia di origine vulcanica e questo si traduca in un elegante sentore minerale all’assaggio e una forte intensità gusto-olfattiva.
L’elenco delle produzioni artigianali si è notevolmente arricchito negli ultimi anni, tanto da fare di Capraia una vera e propria ‘perla’ dell’arcipelago toscano. Da ultimo, infatti, è approdata perfino Slow Food, che qui ha aperto una condotta capitanata dal giovanissimo fiduciario Giorgio Romano.
Il ‘mangiar bene’ è quindi una parola d’ordine sull’isola, che offre alternative per tutte le tasche, senza mai rinunciare all’eccellenza degli ingredienti.
Da sommelier appassionata di gastronomia, ma soprattutto in quanto amante dell’isola, non posso che consigliare di scoprire Capraia a tavola. Magari in primavera, quando i colori sono più intensi e in certi ristoranti è possibile assaggiare le tradizionali frittelle di samole (piccole piantine di aglio selvatico). O nel periodo autunnale, quando si tiene la sagra del totano (che in realtà è un calamaro) e tutti i ristoranti dell’isola cucinano prelibatezze a base di questo tipico ingrediente locale (ma preparatevi a orde di turisti). Dal momento in cui assaggerete la ‘parmigiana di totano’, o il ‘totano ripieno’, vi ricrederete sul fatto che la miglior cottura per questo mollusco sia la frittura. E mi raccomando, è doveroso abbinare il tutto a un calice di vino dell’isola, in questo caso magari di ‘Rosa della Piana’ che con la sua sfumatura di erbe aromatiche e l’ottimo equilibrio, accompagna perfettamente un piatto di pesce.
Per finire in dolcezza unite una dose abbondante di cantuccini freschi (siamo pur sempre in Toscana) a un calice di ‘Cristino’, aleatico passito dai forti sentori di macchia e amarena, e vi assicuro che dimenticherete per un po’ tutti i problemi che vi seguono da casa.
La pace a Capraia è assicurata.