La soglia del mio essere,
la soglia su cui esitano
grandi passeri.
Sono uccelli colmi d'abisso
Quali stanno nei sogni.
Se scandaglio e ripenso, dubito.
Ed è cataclisma all'anima
La soglia su cui sta.(Pessoa, Poesie)
Fin dai titoli di testa del film di Hitchcock Gli uccelli siamo investiti da una frattura; infatti, in primo piano, i nomi degli attori e degli operatori si frantumano uno dopo l'altro sullo sfondo di un agitarsi di corvi. La silhouette nera degli uccelli si staglia in un'improvvisa irruzione di luce, quale ombra scura e oscura, creando immagini e visioni fantasmagoriche e inquietanti.
Da subito si crea uno stato d'animo d'attesa angosciante, seppur poco motivata dall'incipit della storia che appare leggera e spensierata, ma in realtà, proprio per la sua sottile insinuosità, possiamo considerare l’angoscia come la protagonista assoluta del film, che poi prenderà forme diverse, incarnandosi nei diversi personaggi.
L'angoscia sembra attraversare la persona di Hitchcock in maniera più devastante dell'usuale, perché in nessun film come in questo, il regista sarà così meticolosamente attento, ansioso, molto presente sul set, come se si sentisse concretamente parte della storia, e anche irremovibilmente fermo nelle sue decisioni, come se fosse impellente e intransigente il bisogno di mettere in scena il suo incubo, di sognarlo fino in fondo, andando incontro anche a conflitti nella realizzazione del lungometraggio.
La commistione tra film e realtà, tra personaggi e persone, quasi una non differenziazione tra sogno e veglia, ha caratterizzato la realizzazione del lungometraggio. Durante le riprese, quasi ogni giorno un membro della troupe doveva ricorrere a cure mediche per l'attacco reale degli uccelli, i lavori si sono dovuti interrompere per alcuni giorni perché la protagonista, l'attrice Tippi Hedren ferita al viso da un uccello, fu trovata in stato di shock e non poté proseguire il lavoro per una settimana, inoltre Rod Taylor, il co-protagonista aveva sviluppato un'angoscia persecutoria nei confronti di un corvo che pareva averlo preso di mira e lo aspettasse appoggiato su una trave del set per inseguirlo e beccarlo.
Pare quindi che lo stato angosciante di sir Alfred fuoriuscisse dal sogno filmico per invadere concretamente il set richiedendo di essere condiviso dagli attori e dalla troupe tutta, come se sorprendentemente si attuasse quel meccanismo mentale inconscio che è l'identificazione proiettiva, per cui si verifica un passaggio continuo di dolorosità non digerite da una mente all'altra, sperando così di trovare accoglienza e possibilità di trasformazione.
Sembra anche di assistere alla trasmissione di problemi irrisolti da una generazione all'altra, come se il regista simbolicamente rappresentasse il padre che riverberava negli attori-figli le sue inquietudini per sgravarsene; tra l'altro, la protagonista nel film si chiama Melania, non a caso con riferimento al colore nero che aveva così psichicamente patito durante le riprese, come chiamerà sua figlia, con lo stesso nome del suo personaggio, quasi inconsciamente a trasmetterle la dolorosità del trauma forse ancora non del tutto elaborato.
Le relazioni tormentate nel film sono riprodotte nel set, dove l'atmosfera emotiva è permeata da una sensazione di inquietudine sottile, ma continua, finché, in un crescendo, arriva a diventare panico.
Ma ecco la storia
La bella e ricca Melania Daniels si reca a Bodega Bay, un ridente paesino di mare californiano, per portare all'avvocato Mitch Brenner una coppia di pappagallini inseparabili da regalare alla sorellina per il suo compleanno. Resterà intrappolata nella casa del giovane con sua madre e la sorella per un improvviso, imprevisto e inspiegabile attacco di uccelli agli esseri umani che sembra una rivolta apocalittica.
Gli uomini risultano inermi e spaventati, non in grado di far fronte a tanta furia distruttiva, come se la potenza degli animali avesse cortocircuitato il pensiero rendendoli incapaci di organizzare una difesa efficace. La loro distruttività è inarrestabile, feriscono e uccidono barbaramente persone, distruggono case e oggetti.
Alla fine del film, assistiamo alla fuoriuscita dal paese dei protagonisti per portare all'ospedale Melania in stato di shock dopo essere stata ferita al volto da un corvo; sembrerebbe finalmente una via di fuga, ma gli uccelli, nel frattempo, si stanno silenziosamente raggruppando, come sono soliti fare prima di sventare attacchi, come dietro un preciso piano di guerra, è la loro strategia muta di raccoglimento prima dell’esplosione della ferocia. Arriviamo angosciati all'ultimo fotogramma chiedendoci cosa succederà, ma niente: nero, nessuna immagine, nessun suono, un infinito senza storia e senza pensiero. Il nero. Una domanda aperta, una bocca spalancata muta, l'Urlo di Munch ...
Il regista, quindi, non porterà a termine il suo sogno e, per rendere ancora più tormentata la sensazione di sgomento, ha preteso di non scrivere la parola "Fine" sull'ultimo fotogramma, ma di lasciare il finale in sospeso, quasi come gli uccelli in volo, come se depositasse il suo incubo nelle menti degli spettatori attribuendo loro il compito di concludere quel sogno che da solo non era riuscito o non aveva voluto finire.
Nel film gli animali sono in primo piano, dall’incipit dei titoli di testa appunto, al negozio di animali dove Melanie si finge commessa, al cameo di Hitchcock che si vede coi suoi due cani al guinzaglio, alla richiesta di Mitch dei pappagallini inseparabili: da subito siamo immersi nel non umano, simbolizzante le esperienze di vita primitive, non mentalizzabili, l’inconscio non rimosso, dove non ci può essere ricordo né modo di un possibile riaffioramento se non nella dimensione del sogno.
Gli uccelli che possiedono una vista acutissima, una sorta di lente di ingrandimento, sembrano aver assunto i grumi impensabili del mondo interno arcaico per incarnarli e raffigurarli, facendoli uscire imprevedibilmente con una violenza traumatica.
Il mondo interno di chi? Di Melania, di Mitch, della madre di Mitch, della popolazione di Bodega Bay, degli abitanti di San Francisco... di Hitchcock? Il panorama si amplia sempre di più, c’è una sensazione di catastrofe illimitata, quasi un’apocalisse, la fine del mondo che non può scrivere la parola fine; la turbolenza che sconquassa la mente del suo sognatore, Hitchcock, allaga la storia e il set, tutti attraversati come da una psicosi collettiva.
Nel film non è facile la distinzione tra reale e allucinato, tra essere svegli o essere addormentati, tra uccelli veri o sagome, ma di certo assistiamo a relazioni spaventose e laceranti. Gli uccelli danno forma e contenuto alla pulsionalità sia erotica che aggressiva, alle parti arcaiche non mentalizzabili, alle sensorialità non metabolizzate, ai pensieri che fanno paura, pensieri selvatici incontenibili, danno concretezza alle parti interne aliene, non domate, alle paure subtalamiche dei periodi arcaici della vita, quindi ineffabili, rappresentano i pezzi psicotici che contribuiscono a comporre il puzzle variegato di cui è costituita la mente.
Gli uccelli raffigurano anche i grumi di dolorosità impensate che dalla psiche fuoriescono con violenza, con un impeto irrefrenabile, quasi un'emorragia improvvisa e inarrestabile come è resa perfettamente dalla scena dell'invasione degli uccelli inferociti dal camino di casa.
Gli uccelli addomesticati utilizzati nel film, a un certo punto, forse contagiati dall'atmosfera inquietante del set, hanno dato libero sfogo alla loro selvaticità, attaccando le persone e ferendole, interpretando concretamente il senso ultimo del film.
Nel film non c'è musica, ma solo rumore d'uccelli, solo pulsionalità non metabolizzata, non mentalizzata, si sente solo l'impatto doloroso dell'umano con la realtà.
La separazione sembra essere insostenibile, è inconcepibile una relazione buona tra soggetti differenziati, ma se si è diversi, l'altro è il nemico. O si è inseparabili o è guerra. O gli uccellini inseparabili o gli uccelli devastatori.
La separazione è un cambiamento catastrofico difficile da elaborare, da digerire, la cui dolorosità è espressa concretamente nel film dall'invasione di pensieri/stormi di uccelli aggressivi che aggrediscono, uccidono, cavano gli occhi, creano tragedia mettendo in scena la catastrofe interna. Di particolare tensione suggestiva è la scena del camino da cui fuoriesce una evacuazione inarrestabile di uccelli forsennati, emorragia di contenuti spaventosi e violenti.
Evidente è l'attacco all'apparato per pensare i pensieri: il primo becco, la prima ferita è sulla fronte/mente di Melania che si sta predisponendo a un cambiamento ansiogeno dentro di sé: l'innamoramento e le relazioni fanno paura, l'ignoto spaventa, l'impatto col nuovo attiva e presentifica parti di noi aliene, sono quelle a terrorizzarci e si concretizzano nella furia devastatrice degli uccelli, che ci rendono impotenti perché sono violente, invasive, distruttive.
La scena dell'incendio che non si riesce a evitare sta anche a raffigurare un'ustione mentale data dal contatto con sensazioni brucianti, non modulabili, così come non c'è modulazione musicale nella colonna sonora.
Il sonoro del film, infatti, è fatto soprattutto dai rumori e dai versi degli uccelli. La quasi totale assenza di musica ci immerge in silenzi inquietanti che presagiscono solitudini spaventose, sensazioni traumatiche delle parti primitive, sensoriali, che non hanno vissuto l'esperienza di riconoscimento e contenimento sonoro, ci fa provare angosce agoniche originarie, sono paure subtalamiche arcaiche quindi ineffabili: l'assenza di suono sta per assenza di materno, assenza di musicalità, di ritmo, di voce di mamma, di quel primo suono che ci forma, suono investito di affetto che ci riconosce nella nostra unicità.
Hitchcock non racconta semplicemente, ma ci fa vivere quell'esperienza angosciante, traumatica, di essere esposti, impreparati e impotenti, ai terrori senza nome, alle calamità incombenti date dall'impatto col reale.
Gli uccelli è' il film dell'insaturità per eccellenza, è una continua domanda, una continua ipotesi, una raffigurazione aperta a tantissimi, infiniti, significati, tutti verosimili, includenti o neganti le diverse intuizioni, non c'è risposta, non può esserci un vero assoluto, non c'è colpevole né innocente, tutto e il contrario di tutto sono contemporaneamente presenti, proprio come succede nel sogno, in una sovrapposizione e intersecazione di verità che contengono e sono, allo stesso tempo, contenute da una simultaneità di significati che compongono il magma inestricabile e misterioso di cui siamo fatti.
Nessuna cosa rivela mai
Cosa può farla apparire allo spirito
La responsabilità che noi ci assumiamo
È misteriosa in linea di diritto:
La conoscenza illumina l'ignoranza
Senza mai illuminare il mistero.(Magritte)