La fotografia è il suo impegno e la sua passione. Daniela Trunfio, milanese di nascita e torinese d’adozione, ha contribuito alla nascita della Fondazione Italiana per la Fotografia di Torino, e nel 2006 ha costituito con Uliano Lucas, l’associazione AIRE con l’intento di promuovere e valorizzare il lavoro dei fotoreporter italiani. Tre anni fa ha dato vita al progetto www.photoltd.it che raccoglie oltre 60 fotografi italiani, un’altra strada per valorizzare il collezionismo fotografico e, nel 2012, ha aperto a Torino Una Stanza per la Fotografia per dare visibilità alle oltre 300 stampe d’autore che ormai compongono il progetto Photoltd e per presentare i più interessanti autori della fotografia italiana. È la curatrice di FotograficaMente, da sabato 7 settembre al 17 novembre, una rassegna di mostre, conversazioni, letture portfoli e workshop alla Fondazione Bottari Lattes a Monforte d’Alba (Cn).
Mariateresa Cerretelli: Quali sono la filosofia e gli intenti di FotograficaMente?
Daniela Trunfio: Facendo riferimento alla più banale affermazione: “viviamo nel mondo delle immagini”, diventa fondamentale riflettere e promuovere manifestazioni che si caratterizzino fortemente per progettualità e contenuti d’insieme. Diciamo che la filosofia che muove il concept di FotograficaMente sta nella M maiuscola che separa l’atto di fotografare, ormai alla portata di tutti e con esiti estetici globalizzati e più che soddisfacenti, dall’atto intellettuale, cioè dal pensiero che muove lo scatto. Chi, come la sottoscritta, s’impegna da molti anni nella promozione della cultura fotografica, non può non sentire l’urgenza di “mettere un po’ d’ordine” nella democratizzazione dell’arte. Intendiamoci non sono del tutto contraria all’arte alla portata di tutti, ma se parliamo di progettare eventi che promuovano la fotografia come pratica artistica, allora è fondamentale fare altri discorsi. Uno su tutti quello di spingere le nuove generazioni che facilmente, grazie alla tecnologia, ragionano sulla quantità delle immagini, sulla rapidità della distribuzione e sull’anonima condivisione sfrenata tramite i social network, a svoltare e prediligere la qualità, il piacere di raccontare una propria storia, di utilizzare parimenti le immagini e la scrittura. Praticare la fotografia significa conoscerla e studiarla: a questo servono i libri, la frequentazione dei fotografi, il confronto critico, la capacità di assimilare e saper leggere il “mondo delle immagini”. Saper vedere e non semplicemente fermarsi all’atto del guardare, né tantomeno avere la frenesia di mostrarsi a tutti i costi. A questo proposito sarebbe utile fare una riflessione sul valore o meglio sul “che cosa lascia una mostra, al visitatore e all’appassionato”.
Fatta questa premessa FotograficaMente ha scelto come filo conduttore il rapporto tra Fotografia e Narrazione; prevede al suo interno, delle conversazioni (preferisco questo termine all’abusato incontro); una lettura portfolio; un workshop e da ultimo una mostra articolata in una personale e in una collettiva per mettere a confronto le diverse declinazioni della tematica. L’intento è quello di offrire diverse occasioni di riflessione, abbracciare un pubblico differenziato e inserire momenti formativi di approfondimento.
MC: Quando è nata questa rassegna?
DT: La Rassegna è frutto di un consolidato rapporto curatoriale con la Fondazione Bottari Lattes di Monforte d’Alba (CN), e segue l’appuntamento meramente espositivo dell’anno scorso che ha messo a confronto i Diari Fotografici di Pepi Meriso e Mario Dondero. La Fondazione con FotograficaMente ha voluto “allargare” e approfondire il suo discorso sulla Fotografia e ha condiviso con entusiasmo questa mia scelta con l’intento comune di farne un luogo nel quale periodicamente si possano promuovere percorsi alternativi e particolari, mirati all’approfondimento e all’educazione alla Fotografia.
MC: Può spiegare l'importanza della Lettura Portfoli e il criterio di selezione dei lettori?
DT: Mi riallaccio alla riflessione iniziale. Chi opera nel settore sa perfettamente che soprattutto in Italia, dove non esistono o scarseggiano, istituzioni specifiche sia pubbliche che private dedicate alla Fotografia, la “lettura portfolio” è una delle pochissime possibilità che gli autori hanno per presentare il proprio lavoro cercando un confronto intellettuale e professionale. Frequentando come lettore, molte visioni portfolio che sono giustamente il clou dei festival, credo, come alcuni colleghi, che anche qui sia necessaria una svolta: non più l’apertura incondizionata, ma una pre selezione che dia diritto all’accesso e che consenta ai lettori, come a coloro che sottopongono il portfolio, di appagare il più possibile l’aspettativa e di perseguire il fine vero della lettura: occasione di arricchimento e di proficuo confronto.
Per FotograficaMente abbiamo riservato la lettura a un numero limitato. La preselezione oltre alla qualità delle immagini deve ubbidire ad altri criteri che sono: la tenuta del progetto in termini di racconto visivo, la descrizione scritta, e la coerenza tra intenti e risultato. Per quanto riguarda i lettori: Roberto Mutti, Elena Ceratti, Laura Davì e Riccardo Costantini rappresentano alte professionalità diversificate (critico, photoeditor, gallerista, curatore, docente). Credo che la ricetta selezione, alta professionalità e diversificazione, possa realmente offrire una buona possibilità, ripeto sia per gli autori che per gli ospiti professionali di “scoprire” nuovi progetti, e far nascere ricchi confronti per entrambi le parti.
MC: Come sono stati selezionati gli workshop di quest'anno?
DF: FotograficaMente vuole abbracciare pubblici diversi e per questo, ragionando attorno al rapporto tra Fotografia e Narrazione, abbiamo voluto inserire il workshop di Antonella di Girolamo che è rivolto principalmente al pubblico che con l’aiuto di un professionista potrà imparare o reimpaginare il proprio album di famiglia. Se andiamo indietro nel tempo non possiamo che riconoscere il valore dell’album familiare non solo come memoria del nucleo affettivo, ma anche, fuoriuscendo dalle mura domestiche, come strumento di studio dell’evoluzione del costume e dell’ambiente.
C’è poi una seconda riflessione che riguarda il nostro presente: in quale modo è possibile conservare il valore di questa memoria nell’era del digitale? Sopraffatti dalla quantità degli scatti, dall’incapacità di prevedere una selezione rigorosa a posteriori; preferendo il documento digitale a quello cartaceo, questa memoria rischia di disperdersi in un mare di file disarticolati che, con l’evolversi dei supporti informatici, potrebbero anche rivelarsi illeggibili alle successive generazioni, interrompendo così quella catena che permette nel tempo (e parlo di unità di decenni) di trasferire e mantenere in vita i nostri ricordi. E la domanda ora è la seguente: i nostri nipoti potranno come noi conservare la memoria dei loro nonni? Imparare a conservare, ma anche imparare a scattare. Troppe immagini di famiglia sono oggi autoreferenziali, non sono inserite nel contesto, si limitano al primo piano quasi a voler affermare: “guarda sono io” e non “guarda sono qui”.
MC: Chi sono i protagonisti delle Conversazioni?
DT: Per rendere piacevoli e soprattutto più confidenziali queste due Conversazioni che aprono il 7 e l’8 settembre la rassegna FotograficaMente, abbiamo deciso di proporle alle Cantine Conterno Fantino a pochi minuti dalla sede della Fondazione. Tra assaggi di vini pregiati, salumi e formaggi, Uliano Lucas dialogherà con Carlo Degiacomi e il giorno successivo sarà la volta di Guido Harari con Piero Negri Scaglione. Ho chiesto ai due fotografi di scegliere il loro partner nella sfera degli amici, di coloro con i quali hanno una frequentazione più intima e meno professionale, perché vorrei far emergere i racconti di vita più che gli aspetti critici e didattici, per stimolare e avvicinare, nel modo più informale possibile, il pubblico agli autori, abbattendo in termini teatrali la quarta parete che molte volte nei classici incontri crea distacco e difficoltà di relazione. Le Conversazioni devono sollecitare curiosità, generare il piacere “leggero” dello scambio, e non l’abusato sfoggio della propria bravura.
MC: Con che criterio hai scelto gli autori in mostra?
DF: Partiamo dal titolo: “Fotografia e Narrazione: dalla Cronaca alla Letteratura”, e dal concorso OpenPics realizzato lo scorso anno con alcuni amici dell’Associazione Imaginarium di Torino, con il sostegno della Regione Piemonte e del Salone Internazionale del Libro. L’indagine sul rapporto tra Fotografia e Narrazione mi sta molto a cuore e non lo ritenevo concluso con l’esperienza di OpenPics, quindi nella mostra ho cercato di raccogliere attorno al tema più voci. La mostra come una “corale” contempla una preziosa selezione una quarantina di fotografie di Uliano Lucas. Nel titolo specifico Racconti di Fotogiornalismo, attraverso quattro storie si evidenzierà il particolare approccio al reportage da parte del grande fotografo italiano e la volontà di documentare e di ritornare sul luogo dell’indagine in tempi successivi. L’uso della fotografia come scrittura documentale, e come sconfinamento oltre il territorio dello scoop e della notizia di cronaca.
Insieme a Lucas, al piano superiore della Fondazione, saranno in mostra i lavori di cinque nuovi autori. Il percorso inizia con Federico Massimiliano Mozzano e Daewong Kim vincitori delle sezioni “Autori Italia” e "Autori Mondo” del concorso OpenPics. La loro ricerca parte dall’interpretazione di due romanzi Gorky Park di Martin Cruz Smith e Seta di Alessandro Baricco. La serie Status Quo di Mozzano s’interroga sui buchi neri, terribili e irrisolti della storia del nostro Paese; mentre l’autore coreano in Silence Within rilegge la propria infanzia attorno alle parole chiave del testo di Baricco: solitudine, tristezza, libertà, silenzio e noia.
Michela Bernasconi in Uscite dall’Ombra capovolge la lettura dell’Odissea concentrandosi su quattro donne che hanno amato lo stesso uomo: Ulisse. Eroe per definizione, protagonista… oppure no… ingannatore… traditore… egoista… piagnone. Quattro donne, che custodiscono, proteggono, salvano il cosiddetto eroe, ma che nell’immaginario comune rimangono deboli e assoggettate al destino.
Laura Lamanda in Aeroracconto di un amore fatale intrecciando parole e fotografie, racconta le sue peripezie di figlia segreta. “Con minuscoli pupazzi immersi in scenografie dai materiali poveri, che illuminati creavano un universo fantastico, ho dato vita a un piccolo cinema. L’ho usato per ricreare la passione clandestina dei miei genitori e i tormenti della mia infanzia. Ho così dato forma a una disfavola, cioè a una storia di disillusione, che racconta la violenza della realtà, senza tacerne gli incanti”. (Laura Lamanda). La fotografia come mezzo per reinventare la propria storia, di scrivere il primo capitolo di un probabile e disincantato album di famiglia.
Infine, a chiusura del percorso, Maddalena Migliore la sua Stultifera Navis. Una Nave-Teatro, abitata da una ciurma del tutto speciale, artisti folli, rigettati via dalle città dei sani, nell’atto igienico di marginalizzare o espellere tutto ciò che è irriducibile a norma. Come ammutinati contro il loro battelliere, ultimo membro di quella società che li ha esclusi, questi demoni folli passano all’azione, s’impossessano del vascello e assumono le sembianze di pirati volitivi, pronti a urlare, beffardi, le loro “sragioni”. Un equipaggio che non teme i mari in tempesta e che riesce a plasmare l’errore in ricchezza e l’arte in nobile mezzo per creare nuovi modelli di pensiero, azione e socialità. Il lavoro della Migliore è concepito per generare un libro cartaceo la cui maquette viene esposta al pubblico.
Quindi un percorso espositivo articolato che certamente non esaurisce la tematica di Fotograficamente, ma ne offre sicuramente diverse e interessanti chiavi di lettura.
Per maggiori informazioni:
www.fondazionebottarilattes.it