Non è Sabaudo è anarchico. Viene da una terra “reale”: Torino. Realizza tracce emotive dei corpi governati dall’ego nel ruolo della realtà attribuita. La sua è l’arte della sequenza del sangue che si esprime, da polso a polpastrello, in tensione libera di nocche e falangi accecata dalla simultaneità dell’emozione con l’incontrato. L’attività grafica è il mezzo per tradurre l’alterità e l’affinità. Paolo Galetto disegna, dipinge e impressiona con la letteratura della semantica e con l’imprimere nel suo gesto la cattura del senso di esistere.
Galetto è il mezzo d’espressione, tra pensiero e atmosfera, di quanto i corpi impaginano in illuminotecnica, ingegneria ed energia emotiva, sino all’immersione nella vanitas come mezzo di contatto con l’anima e la sua evanescenza. Nei ritratti, così come negli oggetti, il tema orfico fa da contrappunto alla densa postura di sé. Il lavoro svolto da questo torinese, in bilico tra origine e mondo, è di profilatura aperta del potere comunicativo del segno.
Torino, Parigi, Antibes, sono alcuni dei luoghi delle sue sperimentazioni antistatiche della presenza. Antistatico ed eretico della maniera per favorire l’oscurità e il vuoto come tratto del pieno esprimersi ingiustificato: perché non vi è giustezza nella personalità se non la specularità in se stessa. La sua mano e il suo atteggiamento cromatico hanno colpito redazioni come Vogue, per cui realizza la striscia di ritratti femminili nota come “Voguette” e personalità del mondo della cultura che si sono lasciate ritrarre considerate da forze introspettive palesanti l’anima e le sue allegorie per il quotidiano La Stampa di Torino, o ancora i ritratti dei personaggi della Storia per la società numismatica Bolaffi.
Ad Antibes ha messo a segno il tema dell’incontro tra generi e del potenziale propulsivo dei corpi femminili e maschili quando ogni dovere decade: “Tender is the night”. Eros nella valenza immateriale in favore della termica cromatica e delle delocalizzazioni luministiche dei corpi. La traccia liquida è stata la dominante di questa produzione. L’ombra e l’elusione all’occhio, del dettaglio, sono stati il contesto portante dell’esecuzione. Acquerello come potere evocatore delle macchie nel fortilizio di Rorschach.
Paolo Galetto è lo stratega delle quinte atmosferiche tra l’occhio e la forza di chi lui osserva mentre esegue il suo esserci, conosce le leve dell’ego, cemento della storia: una delle parti propulsive dell’azione dell’umano sentire. Dalla punta di una scarpa (altro soggetto della sua produzione artistica) alla sua elevazione, oltre il definibile del segno, la sua è una mano che ci porta all’abbraccio dell’insieme. Che sia matita, tempera, o pigmento idrico, la sostanza energetica è l’elemento del tratto di Paolo nel giustificato di una superficie oltre il giustificabile della coscienza per la verità dei corpi e dell’essere. Minerario e liquido sono la mossa dell’anima che l’artista vibra a contatto con la sua pupilla.
Nei disegni di Galetto, invaso da un colore, l’io si ribella e di esso fa virtù nel sentimento di vita che l’autore “solfeggia” in verbo liquido e grafico mentre l’aria si fa appoggio al vigore di emergere per l’amore di esistere in corpo e spirito.