Stella è un film di Sylvie Verheide del 2008 che racconta la storia di una ragazzina di 11 anni all’ingresso della scuola media, in un istituto prestigioso di Parigi frequentato da gente “bene”. A Stella, diversamente dalle sue coetanee, della bambina non le rimane che l’aspetto, a volte è artefatto anche quello, perché l’ambiente dove è vissuta l’ha costretta, suo malgrado, a una pseudo-maturazione anticipata e forzata, impedendole di accedere e di godere dell’esperienza dell’infanzia.
È cresciuta, infatti, nel bar dei suoi genitori e i suoi amici non sono stati i bambini della sua età, ma i clienti affezionati del locale, personaggi complessi e problematici, alcolizzati alcuni, segnalati come casi sociali altri, in genere tutti con una vita senza regole e senza confini. Nonostante tutto il viavai e la rumorosità di cui è circondata, Stella è fondamentalmente sola, è immersa in quella solitudine di chi è senza casa, casa intesa come proprio ambiente, come rifugio, come contenitore comprensivo e bonificante. Apparentemente Stella si è abituata ad essere senza il suo “luogo”, appare tranquilla, pacata, sembra non lasciare tracce tanto è leggera e silenziosa, quasi volatile, non disturba nessuno; in questa inconsistenza esistenziale non può che mostrare un atteggiamento distaccato e diffidente nei confronti della vita e delle esperienze significative, per esempio non si mostra disponibile a frequentare coetanei né ad apprendere, le sue conoscenze sono altre: il flipper, le canzoni del juke box, i cocktail, come “scopare”, i segreti dei grandi, ecc.
Questo è il mondo dove vive, ma dove “non abita”: dal punto di vista etologico l’habitat è quel “complesso dei fattori fisici e chimici che caratterizzano l’ambiente in cui vive una specie animale o vegetale”. Parte essenziale della formazione di un’identità è il riconoscere e il riconoscersi in un luogo proprio, cioè emotivamente investito, che offra quelle coordinate spazio-temporali che aprono al reale in una dimensione protetta e sicura, è quella base sicura che permette di sperimentarsi con fiducia anche all’esterno.
La nuova scuola rappresenterà l’incontro con un ambiente sociale e culturale totalmente diverso, addirittura “straniero” rispetto al suo, ambiente che le suscita perplessità e soggezione, forse anche paura, ma che la toccherà profondamente, anche perché Stella è in un’età di cambiamento ed è fisiologicamente disponibile a recepire il nuovo e a mettere ordine alla confusione interiore ed esterna. Inoltre, nella nuova situazione vivrà finalmente l’esperienza strutturante e, allo stesso tempo, inebriante di essere ascoltata, da una compagna prima e da un’insegnante in seguito e, grazie a queste relazioni importanti riuscirà, dopo un faticoso percorso di riconoscimento della verità dolorosa sulla sua realtà, a trovare alla fine il suo posto dentro e fuori di sé. Questo semplice e fisiologico avvenimento quale è la frequenza scolastica, costituirà per Stella un evento di straordinaria importanza, perché sarà l’occasione per ripensarsi, per rimettersi in gioco e per aprirsi in modo diverso al mondo.
L’ambiente sociale-scuola entra subito in risonanza con l’ambiente familiare, proprio perché apre a questioni quali il rapporto con i pari, la disponibilità ad apprendere, la sessualità, il rapporto con gli adulti, la capacità di tollerare le frustrazioni, la costituzione dell’identità, ecc. e l’ambiente familiare, con la sua qualità relazionale costituisce l’imprinting della modalità di relazionarsi, al di fuori, coi vari aspetti della vita. Per Stella sarà allora questione di rivoluzionare il funzionamento che, fino a quel momento, era stato il suo modo di essere.
Il film accompagna in maniera delicata e puntuale i passi di Stella alla ricerca di se stessa, sottolineando la faticosità e la dolorosità di questo percorso che è reso non solo dall’ottima interpretazione della ragazzina, ma anche dal contenuto delle sue parole che descrivono minuziosamente il movimento dei suoi pensieri, pensieri-specchio che ci permettono di addentrarci nei meandri della sua mente e nelle vibrazioni del suo cuore per assistere allo sbocciare della sua vera personalità.
Stella, nella nuova scuola, è spaesata, disorientata da un mondo che non le è consono, si sente estranea, non appartenente al gruppo-classe, osserva trasognata i compagni, non riesce a seguire il discorso dell’insegnante, la sua mente è chiusa, non ricettiva, e mentre si svolge la lezione, i suoi pensieri seguono un percorso interno “… sembrano dei bambini, quelli del genere che vanno a letto alle otto e mezzo senza il permesso di guardare la televisione. Genere patetico, non è il mio caso …”.
Isolata e inadeguata a uno scambio coi pari, nega questi sentimenti dolorosi con una difesa massiccia, “… se non mi va non parlo con nessuno, chi se ne frega”, in realtà è curiosa dei suoi compagni, li sta studiando attentamente, quella è la materia che le interessa fondamentalmente. La nuova situazione le dà comunque l’opportunità di pensare al suo ambiente che descrive in maniera lucida e anaffettiva, ambiente squallido, promiscuo, “abito in un bar, per quello sono piena di amici, è anche un albergo … barboni, alcolizzati, per la maggior parte mandati dall’assistenza, li conosciamo solo per nome … muoiono spesso di cirrosi o altro, così c’è il ricambio”.
Da lì fanno capolino una serie di pensieri sulla sua famiglia: “… il capo è mia madre, la madre di mio padre era una puttana, …, mio nonno si è impiccato, …, mio padre non è cattivo, gli piace vivere, pazzeggiare, è un po’ bugiardo, un po’ donnaiolo”, Stella sembra davvero tenere nella mente tutto il dolore familiare anche se cerca di tenersene fuori emotivamente per sopravvivere, ma chi contiene il suo? Ormai è iniziato questo lavoro dentro di lei che non si arresta e prende sempre più forma il desiderio di essere come i compagni, ma per cambiare attinge dal pensiero magico infantile “dalla prima settimana mi sono messa vicino alla ragazza della prateria, forse se sto sempre accanto a lei divento altrettanto bella, altrettanto buona e profumata”.
Conoscerà Gladys, una ragazzina disponibile, aperta e desiderosa di conoscerla, è un’esperienza assolutamente nuova per Stella trovare qualcuno che la guarda con interesse, che la ascolta, che dà importanza ai suoi pensieri “Gladys mi piacerebbe averla per amica, così le potrei parlare…”. “In classe non capisco niente, non ci provo neanche, faccio solo finta … A dimenticare sono bravissima … A fare il mio dovere non ci riesco proprio. I miei non mi aiutano, non sanno neanche che cosa faccio … se ne strafregano!” Il dolore mentale del non riuscire ad apprendere è fortissimo, sente il bisogno di un aiuto e sa che non può venire dai suoi, è straziante il rendersi conto della solitudine, del non poter contare su qualcuno di affidabile. “Mi accorgo sempre di più di una cosa, che non so le cose che servono, so tutto sul varietà, sul flipper, su come si fanno i bambini e su come si scopa, sul resto sono una schiappa!”.
Il suo sapere è altro rispetto a quello dei compagni, è uno pseudo-sapere dall’esperienza perché esorbita dalla capacità di elaborazione, di metabolizzazione e perché manca un coinvolgimento emotivo. Quello che ha imparato riguarda il controllo del mondo esterno, non promuove cambiamento interiore, ma coinvolge solo a livello cognitivo per eludere il dolore mentale insito nel processo di apprendimento. Queste conoscenze illusorie portano a estraniarsi dalla propria cultura e a una “pseudità” che produce confusione invece che vero sapere. “Sono piena di buoni propositi, ho deciso di adattarmi, di fare come loro … la prof. di storia mi piace, la trovo bella, non so come è successo, mi sono messa ad ascoltarla …”.
In Stella si vede la volontà e lo sforzo di adattamento, inizia a tollerare la sofferenza mentale invece che negarla come aveva sempre fatto. Inizia anche a provare piacere nella lettura, a commuoversi con Balzac, a identificarsi con la Duras che “parla al posto mio”. “Ho preso quasi sufficiente alla fine del primo quadrimestre, non è un gran che ha detto mia madre, preferisco non pensarci …”. La mente di Stella inizia a funzionare grazie al legame emotivo stabilito con Gladys, infatti la capacità di conoscere e di apprendere dipendono da esperienze relazionali investite affettivamente. Gladys ha fiducia in lei, spera che possa farcela e nei consigli di classe di cui è rappresentante, sta molto attenta al parere degli insegnanti su Stella, ne ha cura, finché alla fine darà la notizia insperata a Stella che esploderà con un grido di gioia: “promossa!!! … Un miracolo!!!”.
È il miracolo del cambiamento, della nascita psicologica, dell’aprire gli occhi della mente alla vita. E Stella prova gratitudine per l’amica, non si sente più sola, questa esperienza affettiva l’ha resa piena, felice, è la prima volta che la vive. E riflettendo tra sé e sé sulla sua avventura scolastica, con forte determinazione si dirà “E se questa scuola è la mia occasione, credo che la coglierò!”.
La scuola è diventata il suo “luogo”, il luogo dove può essere promossa la sua crescita come persona, non c’è più rumorosità interna che disturba l’apprendimento, ma l’orecchio, dopo essere stato ascoltata, si è aperto all’ascolto dell’esterno. La mente si è schiusa e Stella inizia ad essere disponibile ad apprendere, a non avere paura di mettere dentro nuove cose e a poter realizzare l’aspettativa insita nel suo bel nome, diventare finalmente una Stella che brilla di luce propria.