Il 9 novembre 1918 morì il poeta Guillaume Apollinaire. Era nato a Roma nel 1880, da un ufficiale del Cantone dei Grigioni che non lo riconobbe, e da una nobildonna polacca. Trasferitosi da piccolo a Parigi con la madre, conobbe numerosi artisti e scrittori, tra i quali Ungaretti e Picasso. Ebbe parte alle discussioni sul Cubismo e ci scrisse un libro. Per avere espresso la necessità di aprire i musei, venne accusato del furto de La Gioconda avvenuto al Louvre il 20 agosto 1911 (venne accusato del reato anche Picasso), arrestato, a lungo interrogato e incarcerato. Dichiarato estraneo ai fatti, dato che l’autore del rocambolesco furto fu Vincenzo Peruggia, sostenne il Futurismo di Marinetti e la pittura metafisica di De Chirico.
Nel 1913 diede alle stampe Alcools, raccolta di liriche scritte a partire dal 1898. Molte delle liriche della raccolta sono dedicate, una a Picasso. Il titolo rimanda all’inebriante del vivere, anche se non mancano note nostalgiche, malinconiche, anche rinunciatarie. Proprio come succede a chi beve: tanto può essere l’allegria, quanto il momento di ripiegamento in sé. Famosa la poesia Il ponte Mirabeau sotto il quale scorre la Senna e guardando il quale pensa che l’amore se ne va come l’acqua della corrente, la vita è lenta e la Speranza violenta: la voglia di agire e cambiare che urge, tanto quanto si può stare fermi a osservare qualcosa che accade e basta. Allo scoppio della Grande Guerra si arruolò volontario per partecipare al “grande spettacolo” in cui agì come sottotenente. Venne ferito alla testa nel 1916 e sottoposto a un delicato intervento di trapanazione cranica.
Accanto alla sua famosa opera Il poeta assassinato del 1916, in prosa, ricordiamo le novelle, il dramma Les mammelles de Tirésias rappresentata per la prima volta nel 1917 e i Calligrammi, carmi figurati che, oltre ad essere letti, sono componimenti poetici che possono essere contemplati perché scritti con forme interessanti, come dei disegni di lettere. La raccolta è del 1918, quando sposerà nel mese di luglio Jacqueline Kohl, e quando morirà di febbre spagnola, non essendosi mai realmente ripreso dall’operazione subita. Al capezzale presso l’ospedale italiano di Parigi dove era stato portato, accanto alla moglie, Ungaretti, che era andato a trovare l’amico nel suo attico in città per comunicargli la vittoria italiana della guerra, firmata solo pochi giorni prima.
Tra i suoi calligrammi, Cuore, corona e specchio: “Il mio cuore simile a una fiamma rovesciata/ I re che muoiono volta per volta rinascono nel cuore dei poeti/ In questo specchio io sono rinchiuso vivo e vero come si immaginano gli angeli e non come sono i riflessi”. La cravatta e l’orologio, spesso presente nelle antologie scolastiche: “Dolorosa che tu porti e che ti orna o civilizzato toglila se tu vuoi respirare bene” e che sottende un profondo significato, preciso commento sulla vita da parte dell’autore. Lo sperimentalismo grafico ma anche sintattico dei calligrammi, con uso del verso libero e mancanza di punteggiatura, permettono ad Apollinaire una più profonda riflessione sulla società, libera dai vincoli metrici della poesia classica.
Tour Eiffel esprime così la grandezza della Francia: “Ciao mondo di cui io sono la lingua eloquente che la tua bocca o Parigi tira e tirerà sempre ai tedeschi”. E ancora Piove, con riferimenti alle donne, spesso presenti nelle sue opere: “Piovono voci di donne come se fossero morte anche nel ricordo siete anche voi che piovete meravigliosi incontri della mia vita o goccioline […] ascolta cadere i legami che ti trattengono in alto e in basso”.
Un poeta che parla anche ai lettori di oggi.