La postura eretta, che alle persone in salute appare come una condizione naturale, è in realtà un equilibrio instabile, che si mantiene grazie a una continua e complessa attività neuromuscolare gestita dal cervelletto, volta a contrastare la forza di gravità, che ci vorrebbe distesi a terra.
L’equilibrio viene definito come: “la condizione di un corpo che, in un sistema fisico, rimane immobile perché sollecitato da forze uguali e contrarie”. Il mantenimento dell'equilibrio dopo una perturbazione esterna richiede la modifica dei piani motori in corso e la selezione di schemi di attivazione muscolare contestualmente appropriati, che rispettano la posizione del corpo e degli arti.
Ogni modalità sensoriale fornisce informazioni alquanto ambigue sull’orientamento posturale e sul movimento del corpo (vi è capitato di trovarvi seduti in una carrozza ferroviaria ferma in stazione e non capire se si muove la vostra carrozza o quella a fianco?). Solo confrontando continuamente la somma delle singole afferenze sensoriali (somatosensitive, visive e vestibolari) il cervelletto registra correttamente la situazione posturale e può elaborare degli schemi motori per pianificare ed eseguire i movimenti con la maggior sicurezza possibile: tutto questo avviene in frazioni di secondo. Questa integrazione sensoriale, in definitiva fornisce un quadro completo della posizione dei nostri segmenti corporei in senso statico e dinamico, permettendoci di mantenere una postura ottimale in relazione agli stimoli esterni.
Quando questa auspicabile situazione viene a mancare possono verificarsi spiacevoli infortuni a carico soprattutto delle strutture articolari portanti l’intero peso del corpo. Le distorsioni della caviglia costituiscono il 15% di tutti gli infortuni negli atleti, con circa 23.000 lesioni dei legamenti della caviglia dichiarate ogni giorno negli Stati Uniti. Sono più frequenti nel basket, nella pallavolo, nel calcio e nella danza. La maggior parte dei pazienti recupera completamente, ma nel 20-40% circa compaiono dolore e instabilità cronica.
La stabilità di un’articolazione dipende dai vincoli intrinseci costituiti dalla configurazione ossea e dal contenimento attivo e passivo dei tessuti molli. I tre componenti principali del complesso legamentoso laterale sono il legamento astragaloperoneale anteriore (LAPA), il legamento calcaneoperoneale (LCP) e il legamento astragaloperoneale posteriore (LAPP). Il LAPA è rilasciato in posizione neutra (piede in appoggio) e teso nella flessione plantare: è il primo freno alla supinazione (rotazione del dorso verso l’esterno) nella flessione plantare. Anche il LCP è rilasciato in posizione neutra, ma è teso nella dorsiflessione (piede verso l’alto).
Statisticamente i più comuni infortuni della caviglia comportano lo strappo isolato del LAPA, seguito dallo strappo combinato del LAPA e del LCP. Il meccanismo della lesione è di solito una supinazione del piede in flessione plantare. Analizzando vari protocolli riabilitativi si osserva come l’approccio riabilitativo a una caviglia infortunata non sia diverso da quelli di infortuni in altri distretti corporei.
La classificazione della gravità degli infortuni alla caviglia è composta da 3 gradi:
-Grado 1 o distorsione leggera: legamento solo stirato, non compaiono rotture macroscopiche; presente una modesta tumefazione o dolorabilità, danno funzionale assente o minimo, non compare instabilità articolare.
-Grado 2 o moderata: parziale rottura del legamento con moderata tumefazione e dolorabilità; perdita parziale della funzione articolare, lieve instabilità.
-Grado 3 o grave: rottura completa dei legamenti (LAPA e LCP) con tumefazione, ecchimosi e dolorabilità; incapacità di sostenere il peso sull’arto e instabilità meccanica dell’articolazione.
Fino a non molti anni or sono le distorsioni di caviglia venivano trattate con immobilizzazione e riposo. Come spiega S. Brotzman in: Clinical Orthopaedic Rehabilitation la letteratura attuale sostiene come metodo preferito di trattamento per le distorsioni della caviglia la riabilitazione funzionale, che permette, rispetto all’immobilizzazione con il gesso, un più precoce ritorno al lavoro e all’attività fisica senza determinare un tasso più alto di sintomi tardivi (instabilità della caviglia, dolore, rigidità e ipostenia muscolare).
Immediatamente dopo la lesione, nella fase acuta viene seguito il principio “PRICE” (protezione, riposo, ghiaccio, compressione, elevazione). L’obiettivo è ridurre l’emorragia, la tumefazione, l’infiammazione e il dolore. In funzione della gravità della lesione si consiglia un periodo di immobilizzazione.
La ricerca di una maggiore escursione articolare (nei limiti del dolore) dovrà iniziare in maniera precoce al fine di evitare una diminuzione dell’escursione articolare. Bisognerà concentrarsi anche sulla mobilizzazione delle articolazioni non direttamente infortunate, come ad esempio sulla mobilizzazione di ginocchio e anca, anche dell’arto controlaterale. Lo stretching controllato dei muscoli verrà proposto insieme alla mobilizzazione per favorire il corretto orientamento delle fibre collagene.
Verranno proposti esercizi attivi per l’articolarità, come dorsiflessione, supinazione, circonduzione del piede, flessione plantare, pronazione e rinforzo dei muscoli del polpaccio (gastrocnemio e soleo) dei peronei e tibiali. Tali esercizi verranno proposti tramite contrazioni concentriche/eccentriche, isotoniche e isometriche, ponendo attenzione a evitare l’esasperazione dei movimenti in base al tipo di lesione.
L’ambiente acquatico può essere usato con successo nella riabilitazione della caviglia infortunata tutte le volte che il lavoro a secco è controindicato. In acqua la forza di gravità è ridotta quindi anche il carico sulle strutture articolari risulta ridotto. In più vi è possibilità di progressione del carico diminuendo la profondità dell’acqua, aumentando le ripetizioni, incrementando la velocita o aggiungendo ausili che aumentino la superficie di sezione rendendo quindi l’avanzamento in acqua più difficoltoso.
Per quanto riguarda gli esercizi a secco, la “theraband”, ovvero una fascia elastica sarà un alleato prezioso. In posizione seduta si eseguono movimenti di supinazione, pronazione, flessione plantare e dorsiflessione contro resistenza elastica. La progressione del carico sulla caviglia avverrà passando dalla posizione seduta a quella ortostatica, passando dall’equilibrio mono podalico senza ausilio di nessun mezzo a quello su un piano instabile e poi con una distrazione che può essere afferrare una palla in mano.
Il condizionamento cardiovascolare e il miglioramento della stabilità e del controllo del tronco saranno fine comune di molti programmi riabilitativi. Tramite il “core” ovvero il nostro centro funzionale (retto dell'addome, obliqui e trasverso ma anche i muscoli paraspinali, quadrato dei lombi, i muscoli del pavimento pelvico, glutei e flessori dell'anca) vengono dissipate le forze esterne che agiscono sul nostro corpo.
Controllo neuromuscolare e il training propriocettivo svolgono un ruolo fondamentale nella rieducazione funzionale della caviglia infortunata in quanto un infortunio alle strutture articolari crea un danno di tipo meccanico e una perdita della sensibilità articolare dovuta alla deafferentazione dei meccanocettori periferici con conseguente perdita delle informazioni propriocettive. Il fine della attività di controllo neuromuscolare è elaborare gli stimoli neuromuscolari periferici che provengono dalle articolazioni e tradurli in risposte motorie coordinate.
Per atleti impegnati in discipline in cui la corsa svolge un ruolo predominante nelle loro attività inoltre sarà importante programmare degli esercizi che migliorino la sensibilità e la reattività dell’avampiede, che è la parte propulsiva durante la corsa. Nell’appoggio di avampiede, l’adattamento graduale della pianta del piede al terreno evita che siano generate forze di reazione di tipo impulsivo, bensì siano di tipo propulsivo. Tramite questi accorgimenti diminuirà il tempo di contatto al suolo durante la fase di appoggio e diminuirà sensibilmente il rischio di infortuni.
Tramite una scrupolosa analisi del soggetto si valuterà quale sarà l’ambiente più idoneo alla rieducazione della caviglia infortunata (se acqua o a secco), il segreto sta proprio nel capire come ottenere i migliori risultati da entrambi gli ambienti valutandone vantaggi e svantaggi.