Da sempre gli essere umani comunicano attraverso l'arte, utilizzando varie forme di espressione. La musica, in particolare, rappresenta un linguaggio universale carico di enormi potenzialità creative, un canale privilegiato per suscitare e condividere stati d'animo ed emozioni.
La credenza che tutto abbia avuto origine dal suono o meglio da una forma di energia vibrante, è appannaggio di diverse culture, lontane tra loro nel tempo e nello spazio. Ad esempio, nel vangelo di Giovanni è scritto: “in principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”; mentre nella tradizione indiana, l'essenza nell'Universo viene espressa attraverso la sacra sillaba “Aum”. Lo stesso significato simbolico è presente nella forma danzante del dio Shiva (Shiva Nataraja); tale divinità, impegnata a suonare e ballare all’interno di un cerchio di fuoco, è il fulcro di una vibrazione che accompagna il ciclo infinito di alternanza tra creazione e distruzione dell'intero cosmo. Anche per il Nada-yoga (lo yoga del suono), dove tutta la materia ha una matrice vibratoria, gli strumenti più efficaci per riequilibrare il corpo e la mente sono la voce, i mantra e la musica.
Lo stesso Pitagora (IV secolo a.C.) era un fervente sostenitore dell'esistenza di uno stretto legame tra musica e materia: egli ideò la prima scala musicale e arrivò a sostenere che i suoni e i ritmi della natura erano in sintonia con quelli dei pianeti (la cosiddetta “armonia delle sfere celesti”). Le idee di Pitagora influenzarono il pensiero di vari scienziati, filosofi e compositori come Didimo, Tolomeo, Zarlino, Galilei, Rameau, Leibniz, ecc.
Lo sviluppo di nuovi algoritmi matematici, i progressi compiuti nel campo della fisica acustica e quelli più recenti dell'elettronica e del trattamento digitale del suono, hanno aperto nuovi orizzonti di ricerca. Non è un caso che nell'ambito della fisica moderna si parli di “teoria delle stringhe”, un'interpretazione della realtà capace di conciliare i principi della fisica quantistica con quelli della relatività generale. Secondo questa visione i costituenti fondamentali della materia sarebbero costituiti da sottili “filamenti di energia”, paragonabili a delle microscopiche corde. Queste strutture, infinitamente piccole, sono capaci di vibrare in una moltitudine di differenti modi, all'interno di uno spazio formato da più dimensioni nascoste, compattate e ripiegate su se stesse (si parla di uno spazio-tempo non quadridimensionale ma formato da almeno dieci dimensioni); i vari modi in cui queste stringhe vibrano condizionano la natura e la forma della materia di tutto l'universo. Mentre i suoni sono entità fisiche che possiamo misurare e classificare in maniera oggettiva con appositi strumenti, la percezione sonora è legata, oltre che alla sensibilità del sistema uditivo, anche al grado di elaborazione e valutazione di ogni singola persona.
L'orecchio umano è sensibile a suoni compresi tra le 16 oscillazioni o Hertz al secondo (l'Hertz è l'unita di misura della frequenza) e le 20.000. La maggior parte degli animali possiede capacità uditive superiori a quella umana; ad esempio i pipistrelli sono sensibili a suoni che arrivano fino a 90.000 Hz, mentre i delfini fino a 130.000 Hz. Il grado di sensibilità acustica rimane comunque una capacità soggettiva, basti pensare alle persone (in media 1 su 10000) dotate del cosiddetto “orecchio assoluto”, in grado, cioè, di identificare l’altezza di una nota senza dover ricorrere a un suono di riferimento (ad esempio un diapason).
La possibilità di percepire e analizzare i suoni è legata alla funzionalità di diverse parti del cervello; tali meccanismi assumono un'importanza fondamentale alla luce delle moderne acquisizioni nell'ambito delle neuroscienze, in particolare per quanto riguarda la plasticità cerebrale, cioè la potenzialità del cervello di rimodellarsi e riorganizzarsi, sia dal punto di vista strutturale che funzionale. Da queste ricerche è emerso che l'ascolto della musica stimola generalmente l'emisfero destro del cervello, legato alla sfera creativa e capace di conoscere e comprendere le melodie, e in seguito, specialmente nei musicisti, anche l'emisfero sinistro da cui dipendono l’elaborazione del linguaggio musicale, la scrittura, la composizione e l’esecuzione della musica.
Gli studi sui meccanismi cerebrali coinvolti in questo genere di esperienze sono supportati dall'uso delle moderne tecniche di “neuro-visualizzazione”, come ad esempio la PET (Tomografia a Emissione di Positroni), la fMRI (Risonanza Magnetica Funzionale) o la MEG (Magnetoencefalografia). Questi metodi di indagine permettono di visualizzare le regioni di “attivazione”, cioè le specifiche aree del cervello interessate da variazioni locali del flusso ematico; tali parametri, indicativi di una stimolazione in corso, permettono di studiare il legame tra substrato neuronale e attività cognitive.
Quando le onde sonore raggiungono l'orecchio interno, si originano dei segnali bioelettrici che attraverso il nervo acustico raggiungono il cervello attraverso il tronco cerebrale, una struttura localizzata alla base del cervello, in diretta continuità con il midollo spinale. In questa area cerebrale i suoni sono analizzati in base alla loro durata, frequenza e intensità. In seguito le informazioni acustiche raggiungono il talamo, impegnato sia a valutare in maniera più approfondita questo materiale sia a elaborare delle risposte motorie (con la supervisione del cervelletto) condizionate dal ritmo impresso dalla musica, come segnare il tempo con un piede oppure oscillare la testa o le spalle (risposte controllate in sinergia con il sistema nervoso parasimpatico).
L'ultima tappa di questo viaggio sonoro avviene nella corteccia cerebrale o neocorteccia: è merito di questa parte del cervello se riusciamo a riconoscere e ad apprezzare la qualità dei brani musicali. Non bisogna dimenticare che la musica rappresenta un potente veicolo di emozioni, infatti, in questa complessa rete di interazioni entra in gioco anche il sistema libico (un'area interna del cervello che include l'ipotalamo, l'amigdala e l’ippocampo), strettamente connesso con svariate funzioni psichiche come l'emotività e la memoria.
Le sensazioni positive che nascono dall'ascolto di un brano musicale, generalmente sono accompagnate da un aumento dell'attività elettrodermica (la classica sensazione di “pelle d'oca”) e da una marcata dilatazione delle pupille. Il cervello aumenta la produzione di dopamina, un importante mediatore chimico, prodotto dalle cellule nervose, che regola il metabolismo cerebrale e svolge un ruolo cruciale nel controllo dei comportamenti legati al piacere e al benessere (una carenza di dopamina è responsabile di tristezza, apatia, stanchezza e ansia).
Ricerche sperimentali hanno confermato che l'ascolto di una musica che soddisfa il gusto personale può accrescere “temporaneamente” il livello di autostima; mentre un brano rilassante induce delle risposte neurovegetative caratterizzate da una riduzione dell'attività cardiaca, del ritmo respiratorio e delle tensioni muscolari.