Il soggetto emerge al mondo integrandosi nell’inter-soggettività. L’inter-soggettività è il tessuto di esistenza della soggettività, l’ambiente di esistenza del soggetto senza il quale deperisce. Ma come l’individuo non si dissolve né nella specie né nella società che sono in lui come lui è in esse, il soggetto non può dissolversi nell’inter-soggettività che gli assicura la sua pienezza. L’io del soggetto è solo un relè di trasmissione in un tessuto di inter-soggettività. Conserva la sua irriducibile auto-affermazione.
(Edgar Morin)
Alcuni grandi studiosi del nostro tempo ci hanno indicato una via diversa rispetto a quella dominante per comprendere come sorge la nostra mente e come si manifesta la nostra intelligenza. Ci hanno spiegato in che modo, attraverso le nostre relazioni con le altre persone e con l’ambiente, creiamo e sviluppiamo un’interpretazione “soggettiva” del mondo e, con essa, un’azione “personalizzata”. Ognuno di noi desidera vivere al meglio e perseguire degli obiettivi; per questo, ci mettiamo in azione sulla base di schemi ricorrenti disegnati dall’esperienza. Li moduliamo e li sintonizziamo personalizzandoli a seconda delle relazioni che gestiamo e dei contesti in cui siamo immersi. È la nostra azione che riconosce la vita dell’altro; è la vita dell’altro che riconosce la nostra azione.
Ogni azione ha una motivazione personale e uno scopo relazionale e solo una mente cieca e ripiegata su se stessa non riesce a divenire consapevole dell’essere umano come mente aperta che guida le proprie azioni verso uno scopo collettivo e, dunque, di natura sociale. Le azioni assumono un significato esclusivamente se poste in relazione all’altro ed al contesto che le contiene. Ognuno di noi è quotidianamente impegnato attivamente nel fare e nell’essere qualcuno in un mondo abitato da altri uomini che ne riconoscono l’operato. Il fatto che ci si “attivi” conferisce un significato alle nostre azioni: il mondo in cui siamo nati e che abitiamo non esisterebbe senza le nostre attività che lo producono e lo rigenerano costantemente. La vita, tutte le sue situazioni, non avrebbe ragion d’essere se non in concomitanza con l’agire umano e in accoppiamento con un mondo che ne convalida l’esistenza e attesta la presenza di altri uomini.
Qual è l’insegnamento che traiamo da queste riflessioni? Che esistono altre capacità oltre quelle cognitive in grado di spiegare ed esprimere la motivazione all’azione perché costruttrici di ragionamenti etici fondati sui valori dell’apprendimento personale maturato attraverso l’esperienza. L’intelligenza è una categoria molto più ampia di quella puramente logico riflessiva misurata dal QI ed è strettamente collegata al modo in cui ognuno di noi interpreta il mondo attraverso la storia delle proprie relazioni con gli altri e con il contesto in cui agisce. Ciò che manca al modo di intendere e valutare l’intelligenza umana nella nostra quotidianità è la “comprensione” del suo dipendere dall’essere in relazione; manca la valorizzazione di quel “cum”, di quella piccola ma preziosa preposizione che ci spiega in modo assai immediato che “noi siamo” grazie alla presenza contemporanea ed inscindibile dell’io e dell’altro, dell’uno e dei molti.
Essere intelligenti vuol dire comprendere la trama di significati che si formano attraverso le relazioni; vuol dire comprendere la molteplicità effettiva e potenziale delle specifiche personalità con le quali ogni giorno ci relazioniamo nella nostra vita familiare e di lavoro. Essere intelligenti vuol dire essere capaci di non distorcere l’umanità dell’altro riducendola alle sue abilità cognitive ma includere nella relazione la complessità e la completezza dell’altro, l’uno, il gruppo, la comunità. Essere intelligenti vuol dire comprendere le specificità dei contesti in cui ci muoviamo, il movimento delle forme che si stanno rinforzando, indebolendo o trasformando, la dinamica delle forze complementari ed antagoniste che stanno agendo, le opportunità di sviluppo che stanno nascendo. In sintesi: essere intelligenti vuol dire comprendere l’altro, gli altri e l’evoluzione dell’eco-sistema per scegliere l’azione più efficace.
L’intelligenza relazionale costituisce una nuova filosofia d’azione per il management. La nostra mente sorge e si alimenta dalle relazioni umane. Daniel Siegel, docente all’Università della California, parla al riguardo di mente relazionale: “Le esperienze interpersonali influenzano il funzionamento della mente nel corso dell’intera esistenza (…) è facile cogliere la natura incarnata e relazionale del cervello. (…) Le relazioni con gli altri influenzano direttamente la nostra esperienza e le nostre azioni”. Le più recenti scoperte della neurobiologia relazionale ci permettono di affermare che l’intelligenza di una persona non è una “capacità finita”, il cui limite risiede in una misura assoluta e confrontabile perché correlata alle sue abilità cognitive, quanto piuttosto una “capacità relativa”, che emerge in funzione delle dinamiche interpersonali che caratterizzano una o più situazioni in mutamento.
La mente apprende proprio grazie al suo essere in relazione con altri ed è sulla base di questo continuo processo interpersonale che si provano emozioni, si percepiscono schemi di connessioni tra gli elementi, si formano ed assumono decisioni e si compiono azioni. Ben oltre la sola abilità cognitiva personale, l’intelligenza è una capacità relazionale ed esperenziale che si manifesta mettendo in gioco l’intero apparato senso motorio. Si approda così alla possibilità di abbracciare una filosofia del comportamento manageriale fondata sull’attivazione incarnata dell’intelligenza relazionale, che ponga al centro delle sue riflessioni i condizionamenti reciproci e le implicazioni delle azioni organizzative sulla dinamica delle relazioni tra le persone e tra le persone e l’ecosistema ambientale.
Serve un nuovo modello di intelligent management; è urgente imparare ad attivare con efficacia l’intelligenza in modo relazionale. Oggi è necessario che l’intelligenza manageriale si parametri a delle nuove metriche, non più individuali ma di tipo relazionale: qualitative, circolari, plurilivello e multidimensionali. Un’adeguata e coerente comprensione e governance delle interazioni con gli altri, singoli e gruppi, assume un ruolo decisivo per svelare le trame relazionali nascoste dell’organizzazione e favorire la fioritura ed il pieno utilizzo di talenti sempre più frammentati nello spazio e nel tempo così come per garantire il coordinamento tra le reti dei sistemi che determinano l’orizzonte operativo del business aziendale.