La passione per il giardino ha conosciuto in quest’ultimo decennio una vera e propria rinascita. Dovremmo tornare indietro almeno di cento anni per rintracciare un altro periodo in cui “l'arte di creare giardini”, come la definiva Gertrude Jeckyll (1843-1932), designer di giardini e prolifica scrittrice di giardinaggio, era di stimolo all'aggregazione di gruppi sociali eterogenei che si trovavano appositamente per discutere su tale argomento.
Questi “circoli culturali”, le società di orticoltura, rappresentavano e rappresentano, associazioni, blog e siti web, un luogo ideale e democratico dove giardinieri di professione, appassionati, esperti botanici, illustri architetti del paesaggio, letterati, politici, capi di stato e first-ladies confrontano idee, esperienze, servendosi di un linguaggio dalle “nomenclature babeliche”, come le chiamava Italo Calvino, scambiandosi talee, bulbi, semi in una sorta di esaltazione verde ormai molto alla moda.
Negli ultimi anni sono spuntati centinaia di portali, riviste on line, blog e forum che ci proiettano in gruppi di orticoltori cittadini, associazioni per la coltivazione spontanea in luoghi metropolitani abbandonati e degradati: i famosi critical garden. Proprio grazie al web possiamo conoscere le opinioni di Amy Pennington, giardiniere a noleggio di Seattle che chiama la sua attività “Go Go Green Garden”, le esperienze orticole di bancari che durante l’ora di pausa praticano giardinaggio negli spazi attigui all’ufficio, le proposte avveniristiche di Sarah Mohd Salleh per ricreare foreste urbane autosostenibili, una specie di grandi funghi a celle solari in cui ogni “colonia fungina” produrrebbe per sé cibo ed energia, grazie all’utilizzo di giardini verticali e orti pensili.
Sociologi, studiosi di urbanistica e cultura di massa vedono in queste recenti tendenze il ritorno a una modalità di vita autentica, naturale, in certi casi il sintomo di un disagio sociale e di una incertezza per un futuro troppo globalizzato e rivolto esclusivamente al consumo. Gli apprendisti giardinieri che si affacciano alla pratica e alla grammatica del giardinaggio sono assai numerosi; purtroppo, però, sono ben pochi quelli che si possono definire effettivi cultori e profondi conoscitori della materia. La cultura del giardino, che a volte diventa folle passione non può limitarsi alle letture e ai corsi virtuali che promettono di trasformare chiunque in maestro giardiniere, in sole dieci lezioni.
Un lungo percorso di pratica e di studio aspetta coloro che vogliono intraprendere il cammino che li porterà a conoscere il giardino in tutti i suoi aspetti: la sua natura, la sua storia, la sua organizzazione, il modo in cui si coltiva e la sua gestione nel tempo. Come dice Gabriella Buccioli nel libro Chiacchiere di giardinaggio insolito (Pendragon, 2010) – un considerevole contributo per la botanica e la pratica del giardinaggio - “nella creazione di un giardino non si deve aver fretta… tanto non finirà mai!”.
Gabriella è una delle persone che del giardino ne hanno fatto un appassionato cammino di vita. È la maestra giardiniera per eccellenza e a Loiano in provincia di Bologna ha creato dal 1980 un bosco-giardino sperduto nell’Appennino apparentemente impervio e lontano da tutto. La conobbi nel 2004 quando fui incuriosita dalla storia del suo espatrio dalla città alla campagna - I giardini venuti dal vento (Ed. Pendragon, 2003) - dove decise di cambiare vita dedicandosi all’ascolto della natura per trarne alimento e allo stesso tempo godere della sua bellezza con atteggiamento di rispetto radicale. Il bosco-giardino, ormai noto è diventato fondazione, ed è articolato in piccoli giardini e spazi più ampi in cui si possono osservare centinaia di specie diverse dagli arbusti ai sempreverdi alle erbacee perenni alla flora spontanea locale, e poi bulbose, rampicanti e piante palustri. Andare al Casoncello significa provare un’avventura botanica e scoprire questo “libro verde” attraverso un contatto che coinvolge tutti i sensi.
A volte basta ispirarsi all’esperienza e alla storia di Maestri Giardinieri italiani che ci possono testimoniare come non basti una vita per conoscere una materia così affascinante e coinvolgente come l’arte di fare giardini. Voglio portarvi altri due esempi se qualcuno volesse ispirarsi senza dover andare troppo lontano. Ormai moltissime le figure in Italia di esperti della materia ma alcuni di loro li ricordo con affezione particolare.
Carlo Pagani, emiliano, si fa chiamare proprio così, maestro giardiniere, e coltiva la sua passione da lunghissimo tempo. Si occupa, infatti, di vivaismo ornamentale da quarant'anni, nel corso dei quali si è dedicato alla ricerca e al recupero di piante in via di estinzione, come rose antiche, peonie, lillà e tante altre. Sono celebri le sue lezioni presso l’Alta Scuola di Giardinaggio Flora 2000, di cui è anche direttore, a Budrio, in provincia di Bologna. Attraverso Flora 2000, l'azienda creata su misura per questa attività, ha realizzato oltre mille giardini in tutto il territorio nazionale e in Nord Africa, cercando la giusta collocazione paesaggistica delle sue piante delle quali studia accuratamente le esigenze e le qualità anche al fine di esaltarne le caratteristiche. Ottimo comunicatore, trasmette da oltre 10 anni la sua passione coinvolgente a un vastissimo pubblico di apprendisti giardinieri e avvicina con sensibilità chi è attento e appassionato alla natura.
Celebre e molto seguita è la sua rubrica sulla rivista Gardenia, grazie alla quale da molti anni è possibile imparare le tecniche tradizionali e innovative di potatura, di innesto, di allevamento dei frutti, di semina e altro ancora. La sua passione più viva sono però le rose, come testimoniato dalla sua monografia Rose perdute e ritrovate (Sole 24 Ore Edagricole, 2000). È anche un grande divulgatore ha condotto per molto tempo su Leonardo, rubrica sul canale satellitare 418, dei programmi come: Guida al verde e Le stagioni in casa, nei quali educava gli spettatori sulle piante e sui loro segreti attraverso lezioni magistrali di giardinaggio applicato. A chi gli chiede se si ritiene più progettista o vivaista, risponde sempre in un solo modo: sono un maestro giardiniere!
Da ultimo ecco un altro esempio di vita dedicata alla passione verde, ma in questo caso è una coppia d’eccezione unita dall’amore profondo per una genere ben preciso: le Camelie. Gianmario e Mirella Gloria Motta, entrambi milanesi, professore di ingegneria lui e architetto lei, dedicano buona parte del loro tempo libero ai viaggi nei paesi delle camelie e dei rododendri. Coltivano con amore il loro giardino storico, situato sul Lago d’Orta, e cercano sempre nuove specie per arricchirlo e migliorarlo.
Mirella Gloria si laurea in architettura al Politecnico di Milano con Aldo Rossi, poi, come lei stessa racconta, “dal 1979, ho iniziato ad occuparmi di giardini, prima in modo generico e poi facendo esperimenti ‘sul campo’ nel giardino della casa di famiglia sul lago d’Orta. Anche i miei interessi si sono evoluti verso il restauro edilizio e i giardini. È stato quindi naturale occuparsi di dimore storiche o più genericamente antiche, collaborando al loro studio e restauro. Nel 1982 ho creato uno studio professionale autonomo poi ho iniziato a interessarmi alla progettazione dei giardini e particolarmente alle piante acidofile, come azalee, rododendri, camelie”.
Proprio la passione per le piante acidofile, le camelie in particolare, unisce Mirella e Gianmario che, pur essendo un filosofo e avendo fondato la prima Laurea Specialistica in Europa di Ingegneria dei Servizi, entrato in possesso del parco di famiglia sul lago D’Orta, decide di dedicarvisi con impeto e spirito di speculazione scientifica. Non molto più tardi intraprende una serie di viaggi che hanno sempre lo scopo di reperire nuove specie, varietà e forme di cui diventa esperto di fama internazionale. Cina, Cambogia, Indonesia, Giappone, Australia sono solo alcune delle mete dei viaggi compiuti da Mirella e Gianmario alla ricerca di rarità botaniche.
Fotografano, scrivono articoli, reportage di viaggio, scoprono nuove specie; una Camelia porta proprio il nome di Gianmario, Camellia Professor Motta, attribuitole dal Professor Gao, esperto cinese di acidofile. Proprio le Camelie specie, quelle spontanee nelle varie parti del mondo, sono la grande passione di Mirella e Gianmario: ne posseggono fra le più rare, raccolte nei loro luoghi di origine. Da alcuni studi è emerso, ad esempio, che gli esemplari di camelia invernale, a differenza di quelli della Camellia japonica, sono presenti solo in poche e isolate realtà, tra cui proprio Villa Motta. Mirella Motta, vicepresidente per l’Europa dell’International Camellia Society, Gianmario Motta, vicepresidentee della Società Italiana della Camelia hanno fondato insieme ad altri appassionati, tra i quali Guido Piacenza, la Società Italiana del Rododendro; inoltre con altri proprietari di giardini storici, sono stati i soci fondatori dell’Accademia Piemontese del Giardino.
Questa nostra penisola apparentemente così distratta rispetto all’attenzione al paesaggio e alla sua storia botanica ha degli illustri rappresentanti del mondo del giardinaggio e della passione per la natura, basta seguire l’opera di tanti maestri giardinieri come quelli incontrati oggi…