Gli Echinodermi rappresentano un gruppo di invertebrati esclusivamente marini suddiviso in cinque classi attualmente esistenti e due estinte. Quelle presenti comprendono: Asteroidei (stelle di mare), Echinoidei (ricci di mare), Ophiuroidei (ofiure o stelle serpentine), Crinoidei (gigli di mare), Oloturoidei (oloturie o cetrioli di mare). Il nome echinoderma (dal latino echinatus: spinoso, dal greco derma: pelle) indica la presenza di spine o spicole sul corpo degli organismi, caratteristica che permette una prima distinzione rispetto ad altri gruppi animali.
Tutti i membri di questo grande phylum, che conta più di 6000 specie, dispongono inoltre di un endoscheletro calcareo (scheletro interno), formato da ossicoli o piastre, di un sistema acquifero formato da diversi canali e utilizzato principalmente per la locomozione ma anche per l’alimentazione, l’escrezione e la respirazione, le pedicellarie (particolari spine a forma di pinza che tengono pulito il corpo e aiutano nella presa del cibo), branchie dermiche e simmetria raggiata.
Gli echinodermi sono pressoché cosmopoliti, ritrovandosi in tutti gli oceani, dalle acque basse alle profondità abissali, dalle barriere coralline alle acque antartiche, dai fondali sabbiosi alle rocce alle grotte. Talvolta, negli ambienti marini profondi e nelle acque antartiche, sono gli organismi più numerosi, con aggregazioni che superano le centinaia di unità in pochi metri quadrati di fondale.
I crinoidei o gigli di mare, i quali comprendono circa 625 specie, sono organismi pressoché sessili, che vivono cioè attaccati al fondale, a differenza degli altri echinodermi, sebbene alcune specie siano in grado di compiere brevi spostamenti. I crinoidi possono essere peduncolati oppure no, con un corpo generalmente simile a quello di un fiore (da qui il nome giglio), con un lungo peduncolo ancorato al substrato, e una corona di cinque braccia flessibili, ciascuna formata da numerose altre ramificazioni e dotata di pinnule. Si nutrono filtrando microscopici organismi grazie alla bocca presente nella parte superiore (orale) del corpo, mentre lateralmente, in un certo tratto, è presente l’ano. Una specie tipica ed endemica del Mediterraneo è l’Antedon mediterranea, dal colore giallo-arancio al rosso, tipica di fondi duri ma anche presente nelle praterie di Posidonia, nell’ambiente del coralligeno e sino a una profondità di 100 metri.
Alla classe Holoturoidei appartengono le oloturie o cetrioli di mare, che annoverano organismi dalle forme strane del tutto dissimili dagli altri echinodermi. La maggior parte di essi ha forma allungata simile al vegetale dal quale traggono il nome, altri assomigliano a grossi organismi vermiformi, ma tutti presentano numerosi tentacoli orali, pedicelli ambulacrali modificati attorno alla bocca. Presentano inoltre l’albero respiratorio, composto da due lunghi tubi pluriramificati, utilizzato sia per la respirazione sia per l’escrezione, organo assente in tutti gli altri gruppi di echinodermi viventi. Molte specie, per sfuggire ai predatori, rilasciano parti di intestino, chiamate Tubuli di Cuvier, dall’aspetto filamentoso, che rendono del tutto inappetibile l’organismo rilasciando sostanze tossiche e appiccicose. I sessi sono generalmente separati ma alcune oloturie sono ermafrodite.
Gli Echinoidei, ricci di mare, sono circa 950 specie, ampiamente distribuite in tutti i mari e si distinguono in due gruppi principali: ricci regolari e ricci irregolari. Nella prima categoria, alla quale appartengono la maggioranza delle specie, rientrano i classici ricci dalla forma emisferica, a simmetria radiale, abitanti delle rocce e dei fondi duri. I ricci irregolari, invece, hanno una simmetria bilaterale e vivono principalmente nelle sabbie. Appartengono i cosiddetti dollari di sabbia per la loro forma simile a quella di una moneta. Tutti gli echinoidi sono dotati di una teca scheletrica formata da diverse piastre che portano spine mobili e appuntite, e di un organo chiamato Lanterna di Aristotele, un sistema di masticazione dotato di muscoli retrattori e protrattori. Sono organismi brucatori, che raschiano le rocce nutrendosi di alghe o microscopici organismi. Tra le specie più comuni del Mediterraneo si ricordano l’Arbacia lixula, il noto riccio di colore nero presente sugli scogli da pochi metri d’acqua sino a un massimo di 50 metri, costituito da aculei appuntiti lunghi sino a 6 cm; il Paracentrotus lividus, di colore violaceo-rossastro, con aculei lunghi anche sino a 8 cm, presente su fondi rocciosi ma anche tra le praterie di Posidonia, generalmente dagli 0 ai 30 metri di profondità, che può rinvenirsi eccezionalmente sino a 80 metri. Questa specie è commestibile e di essa vengono consumate le gonadi di colore rosso-arancio. La pesca del P. lividus è attualmente regolamentata da un decreto ministeriale che ne regolarizza la pesca sulla base delle dimensioni degli individui, della quantità e del periodo di prelievo.
Lo Sphaerechinus granularis, conosciuto meglio come riccio di prateria, molto presente nelle praterie di Posidonia, e in generale su roccia e coralligeno, che può raggiungere i 12 cm di diametro, si riconosce per la presenza di aculei bruno-viola con punte bianche e dal corpo leggermente schiacciato. Il riccio diadema, Centrostephanus longispinus, specie presente un po’ in tutto il Mediterraneo, è dotato di aculei molto lunghi e sottili con bande alternate bianche e viola, e predilige fondi rocciosi o sabbiosi da 10 sino anche a 200 metri di profondità. L’Echinus melo, chiamato riccio melone per la sua rotondità e somiglianza al frutto, è una specie diffusa anch’essa in tutto il Mediterraneo, di dimensioni notevoli, raggiungendo i 17 cm di diametro, colore arancio-rosato e aculei lunghi e sottili di colore verdastro.
Tra i ricci irregolari fanno la loro comparsa nel Mediterraneo le specie: Brissus unicolor, riccio di sabbia grigio, lungo fino a 14 cm, che vive infossato nella sabbia e nel detrito grossolano, dai 3 ai 30 metri di profondità; Spatangus purpureus, di colore porpora con aculei corti e lunghi lievemente ricurvi; Echinocardium cordatum, a forma di cuore giallastro o grigio.
Le Ophiure o stelle serpentine sono il più grande gruppo di echinodermi per numero di specie (circa 2000), e talvolta anche le più numerose in termini di individui. Sono provviste di cinque braccia sottili che si dipartono dal disco centrale, cinque piastre mobili che circondano la bocca, e il movimento avviene grazie alle braccia che si spingono in avanti e indietro. Le ofiure vivono generalmente in luoghi ombreggiati tendendo a nascondersi di giorno in anfratti dove la luce del sole non le raggiunge, essendo infatti più attive di notte. Si nutrono di particelle, brucandole dal fondale o raccogliendole direttamente dall’acqua; tuttavia, alcune specie sono carnivore e catturano piccoli pesci. Come le stelle di mare, anche le stelle serpentine sono specializzate nell’autotomia, l’amputazione cioè di braccia e la loro successiva rigenerazione. Generalmente, questo processo viene indotto per sfuggire ai predatori, i quali vengono in qualche modo attratti dall’arto amputato cosicché la “vittima” amputata riesce a fuggire.
Tra le stelle serpentine del Mediterraneo, l’Astrospartus mediterraneus è sicuramente una delle specie più belle, con una grandezza che raggiunge i 50 cm, presente su fondi duri o attaccata alle gorgonie, in zone oscure sino anche a 200 metri di profondità (termine della zona fotica). Dotata di cinque braccia, ognuna ramificata più volte, in Italia non è facile incontrarla, sia per l’habitat piuttosto profondo e oscuro (oltre i 30-40 metri di profondità), sia per la sua rarità.
Ophiothrix fragilis è una specie di medie dimensioni (fino a 10 cm) piuttosto comune nel Mediterraneo, presente sulle rocce, fra le pietre, dentro alle spugne e anche su fondi mobili. Ophiura ophiura è dotata di un disco centrale piuttosto largo, intorno ai 3 cm di diametro, una colorazione piuttosto opaca e corte braccia, mentre Ophioderma longicauda è dotata di un disco centrale con un disegno variabile, talvolta simile a petali di fiori rossi. Lunga fino a 15 cm, ha braccia lunghe ed è presente talora nelle praterie di Posidonia.
Le stelle marine o Asteroidei contano circa 1500 specie diffuse in tutti i mari, lungo le coste, su fondali rocciosi, fangosi e sabbiosi, talvolta raggruppate in gran numero. Sono molto diverse fra loro sia per le dimensioni che per la forma e i colori. Tuttavia presentano caratteristiche comuni a tutte le specie, come cinque (talvolta sei o più) braccia, pedicelli ambulacrali, una superficie orale dove si apre la bocca circondata da un anello nervoso, una superficie aborale con l’ano (di solito poco evidente, e in alcune specie assente); si tratta inoltre di organismi carnivori e predatori.
L’autotomia è molto diffusa e alcune specie, da un singolo braccio, possono riformare una stella marina completa purché la parte rimasta contenga circa un quinto del disco centrale. Tuttavia, in alcune specie la riproduzione asessuale, partendo da un singolo braccio distaccato, è piuttosto comune. Molto presenti e diffuse nel Mediterraneo sono le specie Echinaster sepositus, lunga sino a 30 cm, di colore rosso, ricoperta di spine, su fondi duri e praterie di Posidonia; Astropecten aranciacus, di notevoli dimensioni e forma robusta, colore aranciato-rosso, su fondi sabbiosi, attiva nel pomeriggio e nella notte; Ophidiaster ophidianus, dalle lunghe braccia flessibili e cilindriche, diffusa nel coralligeno sino a 100 metri di profondità. Del tutto diversa la specie Asterina gibbosa, con braccia molto corte, dorso grigio-verde, talvolta puntinato in arancione, bianco o azzurro, piuttosto piccola, sino a 6 cm di diametro. Questa specie è ermafrodita proterandrica, con individui che nascono maschi e diventano femmine da adulti.