Il terreno è una sostanza vivente dinamica, particolarmente versatile, la cui fertilità è fortemente influenzata dalla quantità di acqua e dalle diverse percentuali di composti organici, sostanze minerali e batteri in esso contenuti. Al suo interno, lontano dalla luce, si sviluppano le radici delle piante le quali trovano, in questa dimensione ipogea, il substrato ideale da cui prelevare materia ed energia.
Le radici, nonostante siano caratterizzate da una fisiologia complessa e raffinata, nel loro insieme rappresentano un organo fortemente “conservatore” che nel corso dell’evoluzione non ha subito grandi modificazioni. Le loro funzioni primarie, infatti, si sono mantenute stabili nel tempo, assolvendo principalmente compiti di sostegno, assorbimento di nutrienti (sali minerali) e accumulo di sostanze nutritive di riserva (basti pensare ai rizomi, ai tuberi e ai bulbi di molte piante, come carote, patate, barbabietole, topinambur).
Nella biologia degli organismi vegetali (e animali) un ruolo fondamentale è svolto dal bilancio idrico che ruota intorno a tre principali funzioni: assorbimento, conduzione e dispersione. Questo delicato meccanismo biologico deve essere mantenuto costantemente attivo e nel giusto equilibrio di saturazione. Per contrastare gli effetti negativi esercitati dall’ambiente e dal clima, è necessario assicurare il continuo ripristino dell’acqua che viene consumata nei processi metabolici o dispersa dalle foglie attraverso la traspirazione; le radici lavorano senza sosta per assolvere a questo compito fondamentale (una piccola quantità di acqua piovana o di rugiada può essere assorbita anche dalle foglie).
Il processo di assorbimento è regolato da precisi meccanismi di natura fisico-chimica (imbibizione, osmosi ecc.), mentre la risalita dell’acqua lungo i vasi conduttori avviene per opera di un sistema di pompaggio in cui le foglie, con il coinvolgimento degli stomi, svolgono una funzione fondamentale nei processi di traspirazione ed evaporazione; processi attraverso i quali viene dispersa un’enorme quantità di liquidi.
Le radici sono implicate anche nella regolazione di alcuni comportamenti territoriali attraverso la produzione di fitormoni (regolatori di crescita come citochinine, gibberelline e auxina) e sostanze tossiche capaci di ostacolare l’accrescimento dell’apparato radicale di piante vicine con mire espansionistiche (questo fenomeno, chiamato ‘allelopatia’, è particolarmente diffuso tra gli alberi).
Alla luce delle più recenti evidenze scientifiche, lo stereotipo diffuso secondo il quale le piante sono degli organismi viventi primitivi, programmati per vivere una vita passiva e apatica, non ha più ragione di esistere. La vita dei vegetali, anche se governata da un senso del tempo diverso dal nostro e da una capacità di movimenti calibrati (tropismi) a una velocità che sfugge alla sensibilità umana, non deve essere considerata meno ricca e avventurosa di quella animale.
La crescita, il movimento e la direzione di radici, fusti e foglie sono condizionati da vari stimoli, tra cui la gravità (geotropismo), l’acqua (idrotropismo), la luce (fototropismo), il contatto fisico (tigmotropismo). Le piante, pur essendo prive di un apparato nervoso e specifici organi di senso, sono in grado, come gli animali, di interagire con l’ambiente, elaborando messaggi di natura chimica, elettrica, magnetica e vibrazionale, capaci di mettere in contatto e armonizzare la funzionalità dei vari organi interni, di comunicare a breve e a lunga distanza con i propri simili e con vari animali, sfruttando a proprio vantaggio le opportunità messe a disposizione dalla natura.
Alcune specie vegetali riescono a distinguere i danni provocati dai predatori rispetto a quelli di altra natura; altre piante, definite mirmecofile, instaurano un rapporto di reciproco scambio di favori con certe colonie di formiche, le quali, in cambio di riparo e nutrimento, offrono protezione dagli insetti fitofagi, rilasciano sostanze nutritive nel terreno con i loro escrementi e favoriscono la disseminazione.
A proposito di radici, un rapporto simbiotico importante, che dimostra quanto le piante interagiscono in modo attivo con l’ambiente, è quello che si crea tra i peli radicali e alcuni funghi; attraverso queste associazioni (chiamate micorrize) la pianta fornisce linfa elaborata, particolarmente gradita ai funghi, i quali, attraverso i loro miceli, oltre a rilasciare preziose sostanze minerali (soprattutto azoto, potassio e fosforo), aiutano il vegetale con cui sono in contatto ad assorbire l’acqua dal terreno e a produrre sostanze chimiche utili alla difesa.
Numerose evidenze scientifiche avvalorano l’ipotesi secondo cui, attraverso la rete dei miceli, le piante riescono, impiegando segnali chimici, a scambiarsi sostanze nutritive e informazioni, tra cui messaggi di allarme riguardanti attacchi in corso da parte di predatori.
Esistono vari meccanismi (in cui sono coinvolte anche le foglie) che si attivano in situazioni di pericolo (come infestazioni batteriche, micotiche o attacchi d’insetti), permettendo l’emissione di sostanze atte a svolgere funzioni difensive o a facilitare la comunicazione e la cooperazione tra simili. Ad esempio, in caso di aggressione da parte di predatori, le foglie delle piante di fagioli di Spagna (Phaseolus lunatus) liberano delle sostanze volatili che funzionano da repellente nei confronti di alcuni scarabei, e allo stesso tempo i fiori secernono un nettare che attira artropodi notoriamente ghiotti di questi insetti. L’aspetto sorprendente è che le stesse sostanze, diffondendosi nell’ambiente circostante, stimolano i meccanismi di difesa delle piante di fagiolo vicine.
Recenti studi hanno inoltre dimostrato che le piante, come gli uomini, sono in grado di modificare i loro comportamenti in base alla simpatia o antipatia provati nei confronti di altri vegetali, sfruttando però forme di comunicazione non convenzionali, cioè senza l’impiego di sostanze volatili o altri agenti biologici. A queste conclusioni sono giunti alcuni scienziati australiani, dopo avere osservato, in condizioni sperimentali di completo isolamento, il tasso di germinazione di semi di peperoncino in presenza di piante di basilico o di finocchio. Nel primo caso la loro crescita veniva accelerata, mentre nel secondo subiva una drastica inibizione; tale comportamento sembra essere influenzato da messaggi di tipo acustico legati addirittura a oscillazioni nanomeccaniche generate dal citoscheletro delle cellule.
In Italia, nel laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale dell’Università di Firenze, il professor Stefano Mancuso e la sua équipe stanno conducendo una serie di sperimentazioni sulle capacità mnemoniche di alcune piante dopo essere state sottoposte a diversi gradienti luminosi: quelle coltivate in ambienti poco illuminati e sottoposte a stimoli particolari presentano dei tempi di reazione più veloci rispetto ad altre, della stessa specie, irradiate con maggiore luce. Il diverso comportamento sembra essere attribuito a un meccanismo di risparmio energetico e, all’occorrenza, tale capacità rimane memorizzata per un periodo che può superare i quaranta giorni.
Le radici sono in continuo movimento per garantire alla pianta un sufficiente ancoraggio e, in relazione con l’ambiente di sviluppo e con le funzioni che devono svolgere, assumono forme e dimensioni diverse sviluppandosi sia in senso verticale sia orizzontale. Tra i principali tipi di radici abbiamo quelle a fittone (di forma verticale, rappresentano il prolungamento diretto del fusto verso il basso; scendono in profondità e presentano radici secondarie laterali ampiamente ramificate, più corte rispetto alla radice principale) e quelle fascicolate (in questo caso le diramazioni secondarie presentano uno sviluppo maggiore rispetto alla radice principale).
In altri casi si possono distinguere apparati radicali che derivano da porzioni di fusto trasformati: sono di forma variabile e ricchi di sostanze nutritive, come i bulbi, i tuberi, i rizomi o i rizotuberi. Esempi tipici di piante bulbose sono l’aglio, la cipolla, lo scalogno, lo zafferano, mentre tra i vegetali muniti di tubero abbiamo la patata, la curcuma, lo zenzero, il topinambur, la rapa, la barbabietola.
Sottraendosi al nostro sguardo, la radice sembra possedere un modello di vita autonomo, riservato, lontano dall’ammirazione che normalmente riserviamo ai fiori e ai frutti, ma dobbiamo considerare la parte esterna, quella visibile, solo come il proseguimento e la conseguenza biologica di quella, più importante, nascosta nella terra.
Negli organismi viventi la testa e gli organi sessuali sono generalmente separati e disposti su un asse interpolare; in questo senso, possiamo dire che il nucleo ‘pensante’ delle piante è localizzato nelle radici. La scoperta del territorio e la captazione dell’acqua e dei sali minerali sono assicurate da lunghe e sottili strutture, chiamate peli radicali. Ogni radice è munita all’apice di una sorta di cappuccio protettivo (chiamato ‘cuffia radicale’) il quale, nonostante la continua pressione e usura a cui è sottoposto, mantiene integra la sua struttura cellulare, grazie a una sorprendente ed efficace capacità rigenerativa. L’azione di penetrazione nella terra è facilitata dalla secrezione di un liquido di consistenza vischiosa che svolge una funzione lubrificante, così da attenuare gli effetti negativi esercitati dalla forza di attrito. Gli apici radicali, oltre a presentare una complessa struttura anatomica, sono dotati di un’elevata sensibilità in grado di percepire e gestire contemporaneamente numerosi parametri ambientali di natura fisica e chimica, come acqua, umidità, sali minerali, luce, gravità, campi elettromagnetici.
La cosa più interessante (come confermato dalle ricerche effettuate da Stefano Mancuso) è che le cellule localizzate nella cosiddetta ‘zona di transizione’ (grande circa un millimetro) degli apici radicali svolgono un’attività paragonabile a quelle dei neuroni. Infatti, studi effettuati sulle piante di mais e di arabetta (Arabidopsis thaliana) hanno evidenziato in questa zona la presenza di segnali elettrochimici e un elevato consumo di ossigeno: indizi che confermano la presenza di potenziali d’azione che si propagano velocemente anche in assenza di vere e proprie sinapsi, comuni tra i neuroni animali.
Un altro importante contributo a sostegno di queste osservazioni viene offerto dalla scoperta, negli apici radicali, di tracce di numerosi composti simili a quelli rivenuti nel cervello degli animali (soprattutto glutammato, glicina, acido gamma-amminobutirrico, acetilcolina e sinaptotagmina); la stessa auxina (principale fitormone che regola la crescita e lo sviluppo delle cellule vegetali) sembra comportarsi alla stregua della melatonina e della serotonina. Anche se gli apici radicali sono di piccole dimensioni e possono contenere solo poche centinaia di cellule, in alcune piante con apparato radicale ben sviluppato si possono contare fino a 10 milioni di radici in grado di diffondersi attraverso 500 chilometri di terminazioni, dando origine a un’estesa rete capace di acquisire, immagazzinare e trasmettere vari tipi di informazioni.
Nessun’altra struttura organica stabilisce un contatto così intimo con il terreno! Le radici, affondando verso il centro del pianeta, diventano una parte inseparabile della Madre Terra. Le radici mostrano ancora altri aspetti in netta similitudine con gli organismi animali. Ad esempio, come il vestibolo dell’orecchio interno dell’uomo contiene delle ciglia sensorie e delle piccole strutture cristalline (otoliti) che si muovono in risposta alla gravità, anche all’interno delle cellule poste nella parte centrale della cuffia radicale esistono degli speciali gravicettori, chiamati statoliti, costituiti da microstrutture sferiche che, seguendo la direzione della gravità, si spostano sul fondo, indicando la giusta direzione da prendere.
Le radici sono una struttura dalle caratteristiche straordinarie; sono il centro pulsante e pensante della pianta e rappresentano la sintesi silenziosa di due polarità inscindibili: da una parte il buio e l’umidità della terra, dall’altra il calore e la luce del cielo.
Tratto da Cultura e salute delle piante selvatiche – Le radici, di Maurizio Di Massimo e Sandro Di Massimo, Aboca Edizioni