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È evidente a tutti che in questi ultimi anni il nostro modo di relazionarci con gli altri è totalmente cambiato. Non è cosa banale dire che oramai è quasi tutto regolato dalle tecnologie. Grazie alle applicazioni facciamo nuove conoscenze, sfogliando dei cataloghi virtuali che spesso ci portano a scegliere dei perfetti sconosciuti con caratteristiche che rispecchiano i nostri desideri e con i quali siamo disposti a fare del sesso. Ci mettiamo insieme, litighiamo e ci lasciamo tramite le chat, paghiamo le bollette, contiamo i nostri passi e i nostri battiti cardiaci con il nostro smartphone, ma la cosa più incredibile è che nel frattempo abbiamo perso il vero contatto umano.
Il costante confronto con i ragazzi nelle scuole mi ha permesso di scoprire che la loro vita è organizzata da decine di chat diverse. Quella dei compagni di classe, una con gli insegnanti, l’altra con i genitori, la palestra, la festa, il regalo, il gossip fino ad arrivare a quelle esclusivamente erotiche. Insomma nessuno va più a bussare a casa del suo compagno per uscire o ad andare a giocare insieme. Troppo vintage e anacronistico. Se non sei in chat sei out!
Quante volte vi è capitato di ritrovarvi in momenti di socializzazione come una festa di compleanno e di rendervi conto che dopo qualche minuto tutti i presenti erano praticamente isolati con il proprio cellulare?! Una sala piena, ma di tante solitudini che non comunicano veramente fra di loro. Un’immagine sociale davvero forte che spesso viene giustificata dal fatto che in realtà siamo collegati con il resto del mondo e quindi non siamo soli, ma anzi siamo connessi costantemente con tutti.
Io per primo mi rendo conto che senza telefonino o il mio portatile entro in uno stato di agitazione e a volte di sofferenza. Non posso nascondervi, infatti, che proprio mentre vi sto scrivendo del nostro rapporto con le tecnologie è successo qualcosa di paradossale: pochi minuti fa, il mio stato psichico ed emotivo è stato fortemente compromesso e volete sapere il perché? Perché non ho una buona connessione WI-FI e quindi non riesco a connettermi a Internet. È bastato così poco per farmi sentire letteralmente come un tossicodipendente in piena crisi di astinenza. Il mio corpo in totale agitazione si muoveva come una scheggia impazzita per la casa, correvo da una stanza all’altra cercando di trovare un punto dove prendesse meglio…ma senza successo. Poco dopo è subentrata un po' di rabbia e per calmarmi ho iniziato a ripetere ad alta voce: "Io non posso lavorare senza connessione. Devo trovare subito una soluzione. Sono completamente fuori dal mondo!".
Ho scelto volutamente di omettere l’elencazione della lista infinita di brutte parole che ho espresso in quegli interminabili minuti come se fosse un mantra terapeutico. Ero quasi sull’orlo di una crisi di nervi quando mi sono precipitato allo specchio per osservarmi con attenzione. Ero stressato, esausto e mi vedevo incupito e più brutto del solito. Dopo una grassa risata auto ironica, ho messo in cuffia Mozart e mi sono ripreso.
Dall’autoanalisi tragicomica del mio comportamento emerge che sono fortemente influenzabile dalle tecnologie al punto di rendermi vulnerabile emotivamente. Pensate a quella volta che avete perso o vi hanno rubato il telefonino o semplicemente lo avete dimenticato da qualche parte e non ricordate dove. Vi siete mai visti in faccia proprio in quei momenti? Sono certo che figurativamente potremmo ritrovare grandi similitudini con l’urlo di Munch. Vi ricordate lo stato di nervosismo e agitazione estrema nel quale vi siete ritrovati? Sarebbe interessante poter rivedere al rallentatore il dramma e la disperazione mista a rabbia che si manifesta sul nostro corpo immediatamente dopo l’amara scoperta. Una sorta di tragedia greca causata dall’epoca tecnologica.
Avete mai riflettuto sul fatto che siamo più orientati a immortalare emotivamente quello che stiamo vivendo in determinati momenti piuttosto che viverlo pienamente e in modo intenso? Una spasmodica riproduzione live della realtà reinterpretata da un mezzo tecnologico tramite foto o video e spedita immediatamente a tutti quelli che sono in rete, forse in trepidante attesa di sapere che cosa stiamo facendo, o forse no. La riproduzione dell’immagine ha preso il totale sopravvento nella nostra vita e così anche il gossip. Molti social media sono l’evoluzione 2.0 delle due comari di paese che si raccontano tutti i pettegolezzi della comunità dal balcone. Sui social è più importante apparire, costruirsi un personaggio e avere più follower possibili, piuttosto che essere autentici.
Spesso però si può cadere vittime anche di queste logiche quasi maniacali di controllo di quello che fanno gli altri. Quante visualizzazioni ha fatto il mio post? Chi sta seguendo la mia storia? Perché i miei amici non danno i like ai miei successi? A volte ti senti come all’interno di un film di spionaggio dove noti cose che prima passavano inosservate, come la gente che ti aggiunge solamente per spiare quello che fai o per rubarti i contatti oppure nasce il sospetto su chi non ti ha mai dato un segno “social” di comunicazione. È proprio in quei momenti che come terapia si possono usare due pulsantini magici che possono regalare grandissime soddisfazioni: UNFRIEND e BLOCK.
Siate sinceri e descrivetemi l’intensità dell’emozione che vi provoca il fare “pulizia” sui social delle persone che non vi piacciono o che vi fanno stare male. Con un semplice click avete rimosso uno stress enorme, cosa che nella vita reale diventa molto più difficile. A rifletterci bene questo è anche uno dei motivi per il quale spesso si usa la chat per chiudere una relazione affettiva. È più facile, è un’operazione chirurgica e riesci a dire quello che vuoi senza eccessiva paura della reazione fisica ed emotiva dell’altro. Praticamente non lo vedi in faccia e puoi tecnicamente evitare la replica.
Mi diverte osservare anche come ci comportiamo con i bambini. Il bambino sta piangendo e fa i capricci? Signori e Signore ecco a voi la magica soluzione: basta l’Ipad o uno smartphone e il problema è risolto. Ebbene sì, questo è divenuto uno dei sistemi contemporanei per calmare i piccoli e tenerli imbambolati per un po'. Capita non di rado di vedere bambini piccolissimi in carrozzina con questi aggeggi in mano, a volte più grandi di loro, ammutoliti e totalmente ipnotizzati dalle immagini.
È indiscutibile che le tecnologie possano essere uno strumento straordinario e utilissimo per migliorare la nostra qualità della vita e accorciare le distanze, ma è necessario che l’uso non diventi abuso e non porti alla dipendenza. Studi specifici dimostrano un forte aumento delle patologie legate a questi mezzi, un dissolvimento dei legami interpersonali, e ci pongono di fronte a un grande rischio: quello di andare incontro a una totale disumanizzazione!
P.S. Corro a cercare un WI-FI perché altrimenti non posso spedirvi questo testo e rischierei di avere una ricaduta.