Uno dei principali benefici dello Sport è senza dubbio la prevenzione della salute, tanto che il Piano della Ciclabilità del Comune di Roma afferma che per la «riduzione dell’inquinamento atmosferico e acustico, incoraggeranno l’uso della bicicletta e della pedonalità contribuendo all’incremento della salute e alla riduzione dell’obesità».
Ciclismo, trekking, equitazione, atletica leggera, ginnastica artistica sono tutti quegli sport favoriti dai percorsi alternativi che costituiscono la linea verde della città. E tanti altri sport possono essere svolti liberamente nei parchi attrezzati, nelle aree verdi, lungo i fiumi. Affrontiamo il tema dello sport attraverso le parole di Daniele Pasquini, Presidente del Centro Sportivo Italiano di Roma e dal 2011 incaricato per la pastorale del Turismo, Tempo libero, Sport e Pellegrinaggi della Conferenza Episcopale del Lazio a organizzare la maratona Betlemme Gerusalemme.
Hai trascorso una vita al servizio dello sport, percorrendo tutte le tappe, dal volontariato, all’impegno totale. Cosa ti spinge?
Mi spinge la missione di elevare l’anima dell’Uomo attraverso lo sport. È una passione che mi accompagna da sempre, così come quella per il gioco di squadra o per la pallavolo, lo sport che ho praticato fin da giovane. Siccome ero alto e magro, mi serviva per irrobustirmi, forse, anche nella vita. La palla che passa da una mano all’altra con la sua forma sferica, mi fa pensare alla grandezza del creato, alle stelle, come il Sole, e ai pianeti e loro satelliti, come la Terra e la Luna. In realtà, la palla ha connesso molte persone, pensiamo al calcio, alla pallacanestro, alla pallavolo, perché ognuno di noi insegue la sua sfera di Luce, la sfera magica che lo condurrà verso gioia e felicità.
Quali sono gli ingredienti della pallavolo che la differenziano dagli altri giochi con la palla?
La pallavolo ha due elementi che mi hanno sempre affascinato: il primo è la ‘rete’, un sottile velo di protezione tra una squadra e l’altra che offre la possibilità di connessione con l’altro, di annusarlo da vicino, ma con rispetto, senza interferire col suo campo d’energia. Il secondo è che bisogna fare almeno tre passaggi perché si possa compiere un’azione, si è costretti a ricevere e dare la palla per finalizzare il gioco, questo ne fa davvero un gioco di squadra. Mi piace anche il fatto, poi, che i vari ruoli nel campo vengano continuamente scambiati: non occupando sempre la stessa posizione, si vede il gioco da tutti i possibili punti di vista. La pallavolo, inoltre, è l’unico gioco che finisce quando la palla tocca terra, questo comporta che la palla debba essere sempre in movimento, come sarebbe auspicabile per le nostre energie vitali. Si tratta, infine, di uno sport simmetrico nel quale tutto il corpo si muove, mentre nel calcio, per esempio, si sviluppa prevalentemente la parte inferiore del corpo. A me che sono alto e magro ha rinforzato tutta la muscolatura, soprattutto la spina dorsale…
Sei partito dalla pallavolo, ma poi ti sei appassionato a tutti gli sport, perché?
«Sono convinto che attraverso lo sport sia possibile far scattare dei processi educativi. Lo sport consente di intervenire semplicemente e senza forzature sull’educazione dell’atleta e dell’individuo nel suo complesso, anche se, affinché il processo vada a buon fine, è necessario accompagnare la crescita degli atleti con pazienza e disponibilità. Lo sport ci insegna ad affrontare, come con la bici, le salite e le discese della vita, le sconfitte e le vittorie, le gioie e i malumori, la strada da percorrere con fatica, ma anche con la leggerezza del gioco. Lo sport è una forma di gioco, è il modo di giocare che hanno grandi e piccoli nella società contemporanea.
C’è anche una forma di liberazione ancestrale in ogni gioco sportivo?
Rito e mito sono strettamente connessi con le gare, la preparazione atletica, la premiazione, il ritiro: ad ogni partita si rinnova un rituale per chi la gioca e per chi la guarda. Nel mondo greco, nella sapienza tramandata con l'Iliade, si narra che, durante l'assedio di Troia, per ricordare l'amico Patroclo morto, Achille gli abbia dedicato dei giochi sportivi. Lo sport rappresenta un rituale così dentro all’anima dell'uomo che tocca le corde più profonde come la vita e la morte. Anche nel passato è sempre stato legato alla spiritualità e alla religiosità: San Paolo, come afferma Edio Costantini nel suo libro San Paolo e lo sport. Un percorso per campioni, conosceva molto bene il mondo sportivo del suo tempo e suggeriva di darsi continuamente una meta, di uscire dalla routine del quotidiano, dall'abitudine, dalla mediocrità della vita, invitandoci a lottare, ad avere coraggio…
È possibile che lo sport degeneri in aggressività: come possiamo evitarlo?
«Lo sport genera movimento, fisico e interiore, governare queste potenti energie costruisce la persona nella sua integralità. L’emozione sprigiona energie che possono, però, bruciare l’atleta, occorre, quindi, trasformare il livello emozionale in sentimento duraturo che sia in grado di plasmare la persona. Nel movimento incessante ci sono stelle e buchi neri, esplosioni di supernove e ingressi in nuove galassie, un mondo di sfide e la paura di raggiungere l’assoluto. Traguardo dopo traguardo, vittoria dopo vittoria, possiamo governare i nostri talenti e canalizzare le nostre paure per vincere su ogni sconfitta. Se il gioco viene svincolato dalla sua matrice originaria, che è quella della formazione della persona e viene usato per altre finalità, allora può degenerare e diventare strumento di controllo o di divisione. Nell’antica Grecia, lo sport era lo strumento della formazione del carattere delle persone, il caposaldo dell'Istruzione dei giovani; con il mondo romano si è centrata l’attenzione sul suo aspetto spettacolare e lo sport è stato distorto, usato per fini politici e manipolatori, tanto che la Chiesa stessa lo ha valutato immorale e gli ha dato un taglio: per tutto il Medioevo l'attività sportiva è sparita. È tornata poi in auge soltanto nel tardo Settecento, utilizzata nei processi educativi dei college inglesi.
L’energia è vibrazione dei corpi che percuote ogni cellula dell’atleta: e tra il calcio e la ginnastica ogni tanto sorge una nuova danza, un teatro di personaggi che fanno sentire la loro musica…
Il CSI investe molto sulla Danza e sul Teatro: sono discipline che favoriscono il volo di ogni individuo. Ci misuriamo spesso con i ritmi musicali più adatti a mettere in movimento il corpo, lo spirito e ogni cellula dello sportivo. Quando il corpo vibra all’unisono con lo strumento musicale, significa che le vibrazioni più elevate hanno raggiunto il cuore dell’individuo e lo hanno condotto verso il cielo delle sue infinite potenzialità. La vibrazione penetra in ogni fibra del muscolo, lo allunga e lo contrae impercettibilmente, lo scollega dalle sovrastrutture mentali che ne bloccano il libero movimento. Il corpo apprende l’elegante flessuosità di ogni sua parte, trasforma le note in leggerezza ed eleganza e si slancia appassionatamente verso le vertigini dell’arte. Attraverso la musica il corpo attinge alla sua forza primordiale che è in grado di essere universalmente compresa.
A quali fasce d’età occorre dedicare maggiore attenzione nella formazione sportiva e del carattere degli atleti?
Anche se il numero di bambini coinvolti nel Centro Sportivo è maggiore, la nostra attenzione è rivolta piuttosto agli adolescenti. Essi, sono, da sempre - ma oggi ancora di più -, quella fascia d’età dimenticata, trasparente, invisibile. Rappresentano quel mondo di mezzo, a metà tra l’essere ancora bambini o in procinto di diventare adulti, che nessuno considera: non hanno potere d’acquisto perché dipendono ancora dalle famiglie, non hanno potere di voto e non interessano alla politica, non producono perché non lavorano. Eppure si trovano in un momento cruciale dell’esistenza in cui si sta realizzando una metamorfosi del loro corpo in grado di sprigionare energie pazzesche. Sono la nostra speranza per il futuro, la fascia d’età su cui possiamo costruire attraverso sane regole…
Siamo sicuri che le regole rendano gli adolescenti più creativi?
La creatività è un elemento fondamentale, non tanto nel senso di creare cose nuove, ma nel senso di creare nuove connessioni. Igor Stravinsky, compositore del Novecento, diceva nella Poetica della Musica che più l'arte ha dei vincoli e delle restrizioni e più la mente è libera. La musica possiede regole ferree, perché le note sono limitate e nella creazione occorre muoversi senza uscire da quel limite. “Se tutto mi è permesso… se nulla mi oppone resistenza… io non posso appoggiarmi a nulla per costruire… Sono dunque costretto a perdermi in questo abisso di libertà?” Sono, quindi, gli ostacoli - nel caso della musica le note nel caso dello Sport le regole - che, restringendo il campo d’azione, ci rendono più liberi e creativi.
Possiamo dire che allo sport si applica la Teologia del gioco?
Il gioco, quindi, la leggerezza, ci conducono verso l’alto e sviluppano la nostra creatività. Nella Bibbia, nel libro della Sapienza, c’è un passo in cui si parla della creazione del mondo e la Sapienza è donna, è una fanciulla - non una bambina - quindi un’adolescente, che balla, che danza davanti a Dio. E la fanciulla nella sua danza crea il mondo e lo crea per gioco. Questa è la Teologia del gioco. La creazione non ha una utilità particolare, è fatta solo per gioco, non per fini utilitaristici, ma solo per il piacere di giocare…
Pasquini ha ragione, il gioco rivela il nostro nucleo divino, l’essenza più pura e spontanea del nostro bambino interiore, come esprime questa conversazione tra la beata Umiliana de' Cerchi e un bimbo di quattro anni che gioca (tratta dalla biografia della Beata scritta da Vito da Cortona):
Carissimo bambino, non sai fare altro che giocare?
Che altro vuoi che faccia?
Voglio che tu mi dica qualcosa di bello su Dio.
Credi che sia bene che uno parli di sé stesso?