Il concetto di “mobilità” assume frequentemente una connotazione positiva legandosi all’idea di crescita, sviluppo, progresso. Si ambisce a una maggiore mobilità misurata attraverso la distanza. Quali mete si possono raggiungere da una località data? In quanto tempo? E, soprattutto, con quali mezzi?
Si continua a perseguire una crescita economica senza fine e questo incide sulla promozione di una maggiore connettività attraverso le diverse forme di trasporto, sia pubblico che privato. Le politiche d’intervento messe in campo, però, non sempre tengono in considerazione alcuni effetti correlati quali l’aumento di emissioni di CO2 nell’atmosfera. In alcune delle più grandi conurbazioni mondiali l’aria è ormai irrespirabile con tassi di inquinamento preoccupanti. Esistono per fortuna esempi virtuosi dove sono state promosse iniziative di de-carbonizzazione volte a disincentivare l’uso dell’automobile attraverso una rete efficiente per il trasporto pubblico unito a un sistema sufficientemente esteso di piste ciclabili.
In ogni caso, sia dove l’inquinamento la fa da padrone, sia dove i movimenti ambientalisti sono riusciti a far sentire la loro voce, ci si trova inglobati in un sistema che vuole tutto e tutti in continuo movimento. Spostamento di merci. Spostamento di persone. Trasporti ad alta velocità e una logistica sempre più efficiente. Fino a quando? Qual è il limite di questa crescita smisurata?
Dietro all’aumento di mobilità risiede il concetto di accessibilità intesa in forma generale come la capacità delle persone di raggiungere servizi e attività. Esistono diversi fattori che influiscono sull’accessibilità, alcuni di questi già indirettamente menzionati in quanto correlati ai mezzi di trasporto. In particolare, sono importanti le condizioni dei veicoli (sicurezza, velocità), la loro varietà (possibilità di scelta fra un mezzo e l’altro) e la loro diffusione (le connessioni fra i percorsi e la loro frequenza). In sostanza, è importante raggiungere il più facilmente possibile un dato servizio o luogo avendo la possibilità di scelta su orari e mezzi a disposizione cosi da soddisfare le esigenze più disparate. C’è però un ulteriore fattore importante per garantire l’accessibilità e che non ha molto a che vedere con i mezzi di trasporto: la prossimità geografica. Ovvero, la possibilità di accedere a servizi e attività muovendosi lungo brevi distanze eventualmente percorrendoli a piedi.
Quest’ultimo fattore, non sempre adeguatamente considerato, si distacca dai precedenti perché necessita di un’analisi sull’accessibilità ad ampio raggio che sostanzialmente mette in discussione la suddivisione del territorio per aree omogenee tipica della pianificazione per zone. Al contrario, viene promosso un modello di città policentrica che opera su due fronti in parallelo: centralità e mobilità della rete. I servizi vengono pianificati seguendo una logica territoriale che considera quindi tempo e ritmo dell’accessibilità come elementi chiave. Si rivitalizzano in questo modo aree che precedentemente venivano relegate a ruoli più di second’ordine riutilizzando, ove possibile, le infrastrutture esistenti. I modelli di città che concentrano al loro interno i principali servizi mantenendo esterne le zone più residenziali impongono di fatto una mobilità che opera sulle lunghe distanze. Flussi di persone che si spostano nelle medesime ore verso le stesse mete generando strade congestionate e trasporti pubblici sovraffollati in un’unica direzione.
La risposta a questo non può essere, come spesso accade, il solo potenziamento dei percorsi più praticati attraverso l’aumento dei mezzi di spostamento o migliorando la tecnologia di questi (ad esempio introducendo collegamenti ad alta velocità). Bisogna invece agire sulle cause alla radice dei flussi ridistribuendo servizi e attività sul territorio.
Naturalmente la ridistribuzione va pianificata seguendo logiche che non entrino in contrasto con le sempre più necessarie politiche di risparmio energetico. Come evidenziato da uno dei più noti sistemi di classificazione dell’efficienza energetica, il LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), la localizzazione delle attività viene promossa quando si sfruttano aree non isolate, ma inserite in un contesto abitato all’interno di una rete esistente di collegamenti. Quindi, ad esempio, ridurre la centralità di città come Londra o Parigi significa potenziarne altre di media grandezza in modo da modificare la mobilità dei flussi di persone con una migliore accessibilità territoriale.