Il termine "disastro" deriva etimologicamente dalla parola greca dis = cattivo e aster = astro; ora, che il dramma che ha colpito la città di Livorno nella notte tra il 9 e il 10 settembre, sia da imputarsi a un influsso negativo di una congiunzione stellare non credo, ma che la natura abbia dato un colpo sulla spalla all'umanità per ricordargli chi è che comanda, quello sì, sicuramente.
Le città crescono, le aree antropizzate si estendono e mangiano suolo, quel suolo che è così importante per il mantenimento degli equilibri di convivenza uomo-terra. Le acque alluvionali che riempiono i letti dei fiumi impermeabilizzati dalla siccità estiva, i canneti che crescono selvaggi lungo le rive, la cattiva abitudine di chi getta rifiuti nei corsi d'acqua e l'urbanizzazione senza scrupoli che fa costruire sotto gli argini o troppo in prossimità dei corsi d'acqua, tutto questo, insieme a tanta superficialità nei confronti di un rischio magari non apparente ma quantunque silente, provoca le disgrazie che abbiamo visto trasmettere in tutta Italia dalla martirizzata Livorno.
La pioggia è scesa incessante dal pomeriggio del 9 settembre e in poche ore ha raggiunto valori drammatici. Abbiamo ascoltato che dal Lamma sono caduti oltre 250 mm di acqua in poche ore, ecco, in pluviometria significa che su ogni superficie di 1 mq si sono rovesciati otre 250 litri di acqua. Oltre a richiedere l'attenzione per i forti temporali, il Centro funzionale di monitoraggio meteo-idrologico della Regione Toscana ha emesso nel bollettino pubblicato il 9 settembre sul sito del Comune di Livorno, per l'area “Costa” il rischio idrogeologico idraulico di criticità arancione relativo anche al reticolo minore che così avverte:
“Possibilità di fenomeni diffusi di instabilità di versante, localmente anche profonda, in contesti geologici particolarmente critici nonché di frane superficiali e colate rapide di detriti o di fango; possibilità di significativi ruscellamenti superficiali, anche con trasporto di materiale, e di aperture di voragini per fenomeni di erosione; possibilità di innalzamento dei livelli idrometrici dei corsi d'acqua minori, con fenomeni di inondazione delle aree limitrofe, anche per effetto di criticità locali (tombature, restringimenti, occlusioni delle luci dei ponti, etc.). Possibili allagamenti di locali interrati e di quelli posti a pian terreno lungo vie potenzialmente interessate da deflussi idrici e danni e allagamenti a singoli edifici o centri abitati, infrastrutture, edifici e attività agricole, cantieri, insediamenti civili e industriali esposti ai suddetti fenomeni; possibili interruzioni della rete stradale e/o ferroviaria in prossimità di impluvie a valle di frane e colate di detrito in zone depresse in prossimità del reticolo idrografico; possibili danni alle opere di contenimento, regimazione e attraversamento dei corsi d'acqua; possibili danni a infrastrutture, edifici e attività agricole, cantieri, insediamenti civili e industriali situati in aree inondabili; possibili criticità connesse a cadute massi in più punti del territorio. Si segnala la necessità di porre particolare attenzione alle aree che siano state interessate nei mesi scorsi da incendi boschivi o di vegetazione e che presentano condizioni di elevata pendenza. In tali situazioni è da ritenersi molto probabile, in concomitanza con le precipitazioni più intense, la mobilitazione della copertura superficiale del suolo, di detriti e di rocce ove presenti. Dovrà pertanto essere valutata a scala locale la possibilità di instaurarsi di condizioni di rischio a valle di tali aree in particolare relativamente alla viabilità, agli edifici e al regolare deflusso del reticolo idrografico”.
Purtroppo nessuna allerta è stata diramata ai cittadini per la loro messa in sicurezza e il risultato è stato quello di 9 morti e circa 15mila famiglie colpite dal nubifragio. Chi scrive ha spinto con la propria vettura l'auto del figlio bloccata nel sottopasso a pochi metri dal rio Ardenza, fuori dall'acqua oltre lo stesso, un'ora prima dell'esondazione, sottopasso che per la sua nota criticità avrebbe dovuto essere chiuso per sicurezza. Le critiche adesso fioccano e la politica viene messa al centro delle colpe, ma sia ben chiaro che l'uomo, a qualsiasi bandiera appartenga, deve porsi in modo critico di fronte alle opere di urbanizzazione e prevenire il disastro non essere capace di gestire il day after.
Come si poteva non pensare che la frazione di Stagno non si allagasse? Il nome stesso definisce il luogo, non per niente era porto pisano in epoca antica, e luogo di pesca con le lontre. È chiaro che il tipo di terreno sia soggetto ad allagamenti e affioramenti di acque sotterranee nonostante le bonifiche. Come è chiaro che non si poteva non pensare che un giorno il Rio Maggiore, più copioso del normale si fosse stufato di essere strizzato dentro un tubo di cemento e potesse fragorosamente liberarsi nel suo volume e percorso. Anche Leonardo da Vinci pensò di deviare il corso dell'Arno in prossimità di Pisa per annichilire i pisani resistenti a Firenze, ma “il fiume si rise” scrisse Leonardo (cioè lo derise) travolgendo tutto e tutti, riprendendo il corso che la natura gli aveva creato.
Una considerazione scaturisce dalla tragedia comunque con un senso positivo: l'altruismo e il senso di comunità. Oltre alle associazioni, enti e corpi militari che hanno compiuto e stanno ancora compiendo un lavoro sovrumano ininterrottamente dalla notte della tragedia, la cosa che colpisce è l'umanità delle persone. Colpisce la bellezza commovente delle centinaia di ragazzi che abbandonati cellulari e play station spalano fango nelle case di chi casa l'ha persa, nei garage allagati, lungo le strade bloccate dai detriti e lo fanno sorridenti, felici di aiutare, consapevoli che finalmente il senso di appartenenza a una comunità e non a un social è ben più gratificante ed edificante. Sono lezioni di vita, purtroppo solo a seguito di eventi tragici si cresce, ma questi giovani sono cresciuti in una notte e in una notte hanno realizzato l'importanza dell'altro.
La procura di Livorno ha aperto un'inchiesta per disastro colposo, non si sa come andrà a finire, come in ogni tragedia, la città piange i suoi morti e cerca di aiutare chi ha perso tutto, l'importante è come ha gridato il Vescovo di Livorno, monsignor Giusti, alla messa in suffragio per i defunti in Cattedrale: “Mai più, mai più, mai più!”.