La formazione dell’embrione è la conseguenza dello sviluppo di tre distinti strati (foglietti) cellulari, denominati endoderma, mesoderma ed ectoderma. Dalla prima di queste matrici, quella interna (endoderma), derivano gli organi che metabolizzano “energia” attraverso i processi della digestione e dell'ossigenazione, come lo stomaco, l'intestino e i polmoni.
Dallo strato intermedio (mesoderma) si originano gli apparati legati al movimento e all'azione, come quello muscolare, scheletrico e cardiovascolare. Lo strato dorsale esterno (ectoderma), invece, è responsabile della formazione degli organi di senso, della pelle e del sistema nervoso (compreso il cervello), cioè i sistemi organici interessati al contatto, alla registrazione degli stimoli e all'elaborazione delle risposte che riguardano la relazione con l'ambiente esterno.
Nell’organismo maturo tale vissuto embriologico trova espressione in una memoria energetica e funzionale che coinvolge la totalità degli organi e degli apparati. Ad esempio, una disarmonia a livello della matrice endodermica può riflettersi nell’adulto in uno squilibrio funzionale (scarsa o eccessiva attività) degli apparati gastro-intestinale e respiratorio, deputati a mantenere attivo lo scambio reciproco tra ambiente interno ed esterno: in questo caso viene compromessa la capacità dell'individuo, dal punto di vista emotivo-pulsionale, di procurarsi la giusta quantità di energia sia sotto forma di cibo che di protezione e cure.
L’apparato digerente, grazie alle sue ampie dimensioni interne (solo l’intestino tenue ha una superficie assorbente di oltre 300 metri quadri), permette un contatto continuo e costante con tutto ciò che proviene dal mondo esterno. Attraverso questa interazione che non conosce sosta, salvo durante il digiuno, il cibo è costantemente disgregato, assorbito e in parte eliminato (l’intestino è a stretto contatto con la circolazione sanguigna che distribuisce le sostanze nutritive e raccoglie quelle da scartare).
In questi termini l’alimentazione permette di accogliere e assimilare parte della materia dell’Universo (ridotta a micronutrienti) secondo un processo dinamico di contrazione (fame) ed espansione (sazietà), che permette un’efficacia integrazione tra i distretti centrali e periferici dell’organismo. “Noi siamo quello che mangiamo” e, in questa profonda osmosi, la materia, i pensieri e le emozioni, si mescolano per essere “digeriti” e trasformati in elementi essenziali. Nonostante il suo alto grado di automatismo, la digestione è un processo complesso che risente degli effetti dello stress e degli stati mentali.
La psiche e l’apparato digerente manifestano, su piani diversi, lo stesso malessere: nello stomaco i cibi “bruciano”, ma quelli che non vengono digeriti, allo stesso modo delle emozioni, intossicano, provocano disagio e sofferenza. Spesso una fame eccessiva (o al contrario il rifiuto del cibo), nasconde delle forme di dipendenza affettiva e relazionale. Anche i disturbi dell’apparato digerente (nausea, vomito, coliti, ulcere, ecc.) sottintendono una natura psicosomatica: ansia, rabbia e stress sono difficili da digerire e sono un ostacolo alla realizzazione della nostra individualità. “Del resto, è noto che, proprio nel ventre, che è il posto del cibo, le preoccupazioni, le passioni, si fanno sentire con ogni genere di eventi meccanici e chimici. D’altre parte, la base della serenità, del piacere, del godimento, è nel sentirsi sazio. Il ventre non è soltanto il luogo dove si digerisce, ma è anche il luogo dove, attraverso il cibo, l’anima tocca il corpo” (Mario Bacchilega, 1982).
L’apparato digerente è dotato di un vero e proprio sistema nervoso che ammonta a circa 500 milioni di neuroni distribuiti in vari plessi (una quantità superiore a quella del midollo spinale), in costante comunicazione con il resto del sistema nervoso centrale tramite il nervo vago. L’intestino è responsabile del 90% della produzione totale di serotonina, un neurotrasmettitore, che oltre a regolare i processi digestivi (peristalsi, tono vascolare, fame, sazietà, nausea, vomito, ecc.), ha un ruolo fondamentale nella caratterizzazione di stati emotivi come la gioia, il dolore e la depressione. Però la componente più importante e dinamica dell’apparato digerente è rappresentata dal microbiota, cioè l’insieme dei microrganismi che popolano i vari tratti dell’intestino; questo delicato ecosistema pesa quasi un chilo e mezzo e comprende miliardi di cellule batteriche che vivono in perfetta simbiosi con il nostro organismo.
Questa insolita popolazione è in grado di distribuirsi in maniera uniforme formando uno strato di gel compatto, il quale, oltre a proteggere la superficie interna dell’intestino, crea un effetto barriera ostacolando la proliferazione di eventuali agenti patogeni. Inoltre, attraverso la degradazione di alcune sostanze grasse, stimola la produzione di acido butirrico, un composto che partecipa a mantenere integre le cellule della mucosa dell’apparato digerente.
Il microbiota partecipa attivamente anche alla regolazione della motilità intestinale, alla sintesi di aminoacidi, vitamine (K e gruppo B) e ormoni, ai processi di assimilazione di grassi e carboidrati, e alla stimolazione del sistema immunitario (promuove la presenza di linfociti B e T e la produzione di anticorpi). L’equilibrio della flora batterica intestinale è influenzato da diversi fattori, tra cui l’alimentazione, lo stress, l’inquinamento ambientale, il consumo di farmaci, droghe e alcool.
L’abuso degli antibiotici, in particolare, può compromettere seriamente la stabilità del microbiota, con delle conseguenze inaspettate. Negli allevamenti intensivi, l’uso indiscriminato di questo farmaco, oltre a incrementare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, agisce sul metabolismo, promuovendo la crescita degli animali (un effetto collaterale molto gradito dagli allevatori). Anche in ambito umano, ricerche incentrate sull’importanza del ruolo svolto dal microbiota hanno evidenziato una serie di dati sperimentali particolarmente interessanti (anche se di difficile spiegazione, almeno per ora). Ad esempio, è stato confermato uno stretto legame tra la proliferazione di ceppi batterici intestinali appartenenti al genere Bacteroidetes e un significativo incremento di grasso da parte dell’organismo; in alcuni casi, il semplice ripristino dell’equilibrio della flora batterica intestinale è sufficiente per risolvere problemi di obesità. Inoltre, l’impiego di probiotici (batteri utili per l’intestino) a base di Lactobacillus helveticus, L. reuteri e L. rhamnosus, contribuisce ad alleviare i sintomi legati allo stress, come ansia e depressione; mentre la somministrazione di Bacteroides fragilis risulta efficace per la cura del disturbo ossessivo-compulsivo manifestato dai bambini autistici.
E le sorprese non finiscono qui: secondo alcuni studiosi esiste addirittura un nesso di causalità tra gli squilibri del microbiota e lo sviluppo di patologie come diabete, allergie e malattie autoimmuni (tra cui rettocolite ulcerosa, morbo di Crohn e artrite reumatoide).