Quello del Salone del Mobile è un periodo speciale, dal mio punto di vista, il più importante evento nel calendario annuale di Milano. Oltre all’immancabile appuntamento in Fiera, tutta la città cambia faccia, grazie agli eventi del Fuorisalone. Milano si veste di colori festosi primaverili e apre le porte e i cortili nascosti all’esigente publico del design. Ogni volta viene nominano un quartiere nuovo come capo sede della creatività. Per anni lo è stato quello di zona Tortona, dopo la periferica zona Lambrate, e negli ultimi anni il protagonista assoluto è diventato il quartiere delle 5VIE. Situato nel cuore della città, a due passi dal Duomo, è il più vecchio quartiere, l’unico che è rimasto intatto dopo la ricostruzione che aveva subito la città con l’arrivo di Buonaparte. Le 5 vie sono strettissime, quasi tutte a senso unico ed è molto facile perdersi nel labirinto degli incroci.
Abito a Milano da tanti anni e mi sembrava di poter orientarmi tranquillamente in questa zona, invece mi aspettava una sorpresa. Non sono mai capitata prima nella strettissima via Gorani. È una viuzza che scopri solo se la cerchi appositamente. La scoperta del Foyer Gorani, che quest’anno è diventato il quartiere generale delle 5VIE, ha preso il primo posto assoluto nella mia classifica personale fra le meraviglie del Fuorisalone. La nuova, ma molto antica, area Brisa-Gorani è stata appena ristrutturata da Cecchi&Lima Architetti Associati. Qui si incontrano e si sovrappongono epoche diverse: il Palazzo Imperiale, due torri, mura massimigliane e i resti dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale. La parte ristrutturata gode di una bellissima piazza pedonale con un giardino contemporaneo, realizzato sul progetto di Antonio Perazzi. Oltre all’architettura è stato molto affascinante e creativo anche il contenuto della mostra curata da Federica Sala e coprodotta da 5VIE. Si tratta di quattro mini personali.
L’australiana Sabine Marcelis, che lavora a Rotterdam, ha presentato il progetto Lucent, mettendo insieme le ultime creazioni: Dawn Light e Voi Lights, basate sulla fusione dei tubi di neon con la resina. Questa particolare combinazione crea un effetto spettacolare di luce e colore, trasparenza e opacità. Un altro interessante approccio è la serie Seeing Glass, creata insieme a Brit van Nerven, che gioca sugli effetti ottici creati dai vetri di diversi colori e sovrapposizioni.
Philipp Weber (classe 1987, Munster, Germania) ha sperimentato sul vecchio modo di produrre il carbone, creando una mini cokeria, una macchina che scolpisce gli oggetti dalla materia che di solito serve per la produzione di ferro. In assenza di ossigeno, a 1000 gradi centigradi il carbone fossile non brucia, ma diventa puro, senza componenti volatili. In questo modo Philipp ha creato la sua serie From Below. Sono forme geometriche molto astratte, lontane dal comune senso estetico, ma belle nella loro natura primordiale.
Un altro genere di sperimentazione sulle forme è stata fatta da Matteo Cibic con la sua serie Vaso Naso. 365 vasi, uno per ogni giorno dell’anno, e ogni vaso è diverso dall’altro: una ricerca individuale sulla personalità e il carattere degli oggetti, un’analisi sulle linee, curve e colori.
Sigve Knutson (Norvegia, classe 1991) ha presentato Drawn to production, una serie di oggetti rari e anomali, un esperimento sulla coesione di forma e materiale; alla domanda di Sigve “Come potrebbe essere il lavoro di designer se si applicassero le regole del disegno su varie fasi del processo produttivo?” Stieg risponde creando delle superfici specchiate, sedie super leggere, ma resistenti, fatte di polistirolo prodotto dai pacchi da shopping “on line”, ottenendo una serie di oggetti-sculture archetipiche e molto poetiche.
I progetti presentati al Foyer Gorani hanno in comune un forte senso del umorismo, nonostante le caratteristiche diverse tutti rappresentano le risposte dei designer a circostanze e riflessioni personali.