Intervista a Roberta Ubaldi, una “donna di ferro” tra rinascimento e contemporaneità.
Ti definisci un’artista? Come è entrata l’arte a far parte della tua vita e come si è evoluto il tuo rapporto con lei nel tempo?
Mi definirei piuttosto una persona che non può fare a meno di esprimere visivamente quello che sente nell'anima, non so se questo sia essere artisti, sensibili sicuramente. L'Arte non è entrata nelle mia vita, c'è sempre stata. Da bambina la “esercitavo” senza consapevolezza guardandomi intorno con occhi sempre curiosi e con la matita sempre pronta a muoversi per creare figure fantastiche. Crescendo ho conosciuto tecnica e colore e li ho usati per esprimere i miei sogni e i miei incubi. Il mio rapporto con l'Arte non è cambiato, sono sempre la stessa, alla ricerca di qualcosa che alla fine devo creare, perché non mi accontento mai di quello che già esiste.
Tecnica estrema e cromie ridotte all’osso nelle tue opere. Spiegaci meglio le caratteristiche del tuo stile così personale.
Dopo aver padroneggiato la tecnica si avverte l'esigenza di “usarla” per esprimersi. Mi sono resa conto che non m'interessava la perfezione totale, volevo avere un punto di assoluta realtà in un contesto irreale. Le linee casuali della ruggine in simbiosi con la mia pittura, che per celarsi nelle ossidazioni, ha imitato la sua cromia fino ad arrivare alla mimetizzazione.
Tra i materiali che prediligi c’è il ferro, per quale motivo? Quale tipo di effetto produce l’ossidazione del ferro?
Dal 2005 ho sostituito le tele con lamiere di ferro che prendo “vergini” e ossido con metodi naturali mettendo a contatto con esse plastiche, stoffe, altre lamiere, annaffiandole e aspettando la naturale reazione chimica, l'ossidazione. Amo le linee leggere che si ricamano sulla superficie metallica, quei colori caldi, quella perfetta metafora della metamorfosi che il tempo esercita su tutto. La ruggine, questo termine dispregiativo, che io trasformo in immagine di bellezza. Gli spazi che si trasformano, i miei segni che completano l'armonia... si visualizza un nuovo mondo, il mio.
Corpo umano, tempo, memoria. Come si legano questi tre elementi tramite le tue opere?
Il corpo umano è stato sempre al centro dei miei studi e dei miei lavori. Il tempo esercita su ogni cosa il cambiamento, dipingere corpi in metamorfosi esorcizza questa ossessione tipica dell'uomo di ogni tempo. Quando dipingo non penso a tutto quello che ho acquisito con anni di studi, non ho la consapevolezza dei capolavori del passato che ho visto, ma nella mia anima queste immagini hanno trovato casa e riaffiorano interpretate dalla mia sensibilità.
Le mani, spesso protagoniste delle tue opere, cosa rappresentano?
Le mani sono diventate protagoniste dal 2010. Prima dipingevo volti, occhi persi tra le ossidazioni, poi ho voluto concentrarmi su questa parte del corpo così espressiva. Mani che proteggono un grembo gravido, che abbracciano, che trattengono, che sfiorano... confuse nei ricami di ruggine rappresentano per me poesia allo stato puro.
A quali mostre hai partecipato finora?
Ho iniziato a esporre nel 1998, da allora ho perso il conto tra personali e collettive. Dal 2010 espongo in gallerie e location in tutta Italia e all'estero. Ho conosciuto molti degli artisti contemporanei che ammiravo attraverso il web e i miei lavori vengono trattati oggi da varie gallerie.
A volte raffiguri dei teschi, sono un richiamo alla morte o un simbolo di rinascita? Come vede il futuro un artista?
I teschi sono soggetti interessanti, mi fanno pensare alla conclusione della vita a cui tutti sono destinati, ma al contrario del loro aspetto macabro ci devono far riflettere sulle cose importanti. Al loro interno contengono quella meravigliosa macchina che è il cervello, sede del pensiero che se unito all'anima genera una spinta importantissima verso la passione, che è il motore di tutte le Arti.
La maternità, un altro tema presente nei tuoi lavori. Ce ne puoi parlare?
Sono una madre e il mio lavoro non può non essere influenzato da questo. La donna per sua natura è portatrice di vita, la custodirà nel suo ventre, e in verità anche se si distaccherà fisicamente da questo nuovo essere autonomo non lo farà mai a livello empatico. Nelle mie lamiere ossidate e dipinte con la classica tecnica della pittura a olio tutto questo si percepisce, in quelle mani che proteggono forme sferiche che in origine erano pance, c'è una parte importante della mia vita.
Osservando le tue opere, mi viene in mente un film a tinte forti uscito al cinema di recente Un sapore di ruggine e ossa, in cui corpo e spirito fanno tutt'uno, si ammaccano e si rimarginano insieme, senza bisogno di troppe parole; al contrario, la comunicazione, specie quella femminile, passa attraverso un linguaggio muto, ma intimamente comprensivo. Questo film ha in qualche modo ispirato i tuoi ultimi lavori?
Sarò sincera, non conoscevo questo film, ma la mia curiosità mi ha portato a cercarlo nel web e ho letto la trama. Mi ha colpito il fatto che la sofferenza unisca molto di più due anime che la frivolezza di una vita vuota. Certamente non poteva influenzarmi non conoscendolo, ma posso affermare con sicurezza che solo attraverso la sofferenza e il tormento si può generare l'Arte, la storia dei grandi insegna.
Ti senti una donna tra rinascimento e contemporaneità? Quali aspetti del primo e della seconda fai tuoi?
Sono una donna che conosce il passato e vive il presente. Tra i miei tanti dubbi, mi considero un punto interrogativo in cerca di risposte, credo veramente che senza conoscenza non ci possa essere superamento e senza onestà artistica non si possano trasmettere emozioni. Il Rinascimento italiano come epoca storico-artistica ha rappresentato un periodo straordinario soprattutto per la sua filosofia di rinascita, dove figure di altissimo spessore hanno avuto la possibilità di esprimersi avendo il giusto riconoscimento. Mi auguro un Rinascimento Contemporaneo dove l'Arte torni ad avere quell'importanza di educazione al “bello”, riportando di moda nelle nuove generazioni il tempo lungo della riflessione e dello stupore.
Cambiamento e metamorfosi, quali sensazioni ti evocano e come le trasferisci su lamiera?
Sono alla base di tutto il mio lavoro. La scelta della lamiera di ferro, il suo cambiamento accelerato dal mio intervento e in parte pilotato dal materiale che metto a contatto, sono la perfetta metafora della metamorfosi e del tempo. Parti di corpi che si generano dal degradare della superficie, e dalla magia del dipingere e dare volume alla bidimensionalità, sono sensazioni visualizzate e tappe importanti del mio percorso. Quando sento che una sola pennellata può rovinare l'armonia dell'immagine la fisso con delle resine opache, mi illudo di bloccare il cambiamento e per un periodo sicuramente ci riuscirò; ma come diceva il grande Jorge Luis Borges “Sempre è una parola che non è permessa agli uomini”.