Aveva ragione Umberto Eco: i libri parlano di altri libri. Sono essi che ci vengono incontro e ci scelgono, a seconda del momento della nostra esistenza e della curvatura del nostro Fato. Anche i libri già letti dieci anni prima. Essi dialogano tra di loro e mandano messaggi dal territorio dove abitano, il lontano e misterioso pianeta della Conoscenza Trasformativa. Pianeta, orbitante nel cuore della galassia dell’inconscio collettivo.
E nei libri noi troviamo conferma dei nostri pensieri. Formulati, ma inibiti dal ragionevole dubbio di essere i soli ad avere quel pensiero e che esso deve essere sospeso, in attesa di qualche verifica o condivisione. E’ vero anche il contrario. Un pensiero espresso in un libro può trovare conferma nel già pensato della nostra mente. Coloro che hanno sperimentato nella propria esistenza il divino potere trasformativo della conoscenza (quale altra più efficace voce del Fato!) sanno di essere il terreno in cui le voci del sapere si incrociano, si evolvono e realizzano.
Rileggi per caso un paio di libri dopo dieci anni, come I fratelli Karamazov; 2001: Odissea nello Spazio e, sincronisticamente, dopo un mese ti accorgi che le riletture erano, a tua insaputa, preparatorie al nuovo libro che ti viene incontro adesso, che ti parla delle profezie presenti negli altri due. L’urlo di Ivan; Il grande Inquisitore; il potere della tecnologia cognitiva (computer). L’archetipo del Senso e il Cristo come paradigma di sviluppo per l’inconscio di Dio. Vicenda descritta da Carl Gustav Jung in Risposta a Giobbe, opera su cui è calato il silenzio della cultura dominante. Qui l’autore ha raggiunto la più alta vetta della sua riflessione sulla ininterrotta o periodica catastrofe europea a far data dal 1916. Profeta che aveva previsto il risveglio di Wotan, l’inconscio collettivo tedesco. Profezia coeva e per tanti versi contigua a quella economica di J. M. Keynes sulla Germania, subito dopo la prima guerra mondiale.
Jung è morto nel 1961, con la consapevolezza di essere, in buona sostanza, inascoltato. Oggi assistiamo all’agonia della psicoanalisi, come una delle forme dell’autoconoscenza. E all’agonia della Conoscenza Trasformativa in generale. Perché le dinamiche di potere, anche dei soggetti ed istituzioni detentori di competenze, sciolte dalla missione formativa, autoformativa, e della salute, si sono impadronite finanche dell’accademia, della scuola, degli ospedali, degli ordini professionali. Agonia simmetrica e opposta al trionfo della cupola finanziaria, del vitello d’oro e del dio danaro, di Mammona (cfr. Vangelo secondo Matteo, 6, 19-34). Di un autonomizzarsi dell’Ombra collettiva.
Un libretto aureo, uscito da qualche mese, ci illustra la storia di questo trionfo e chiama alla rivolta esistenziale contro l’Ombra collettiva. Sergio Di Cori Modigliani con Unfuck. Per una rivolta esistenziale, edizioni Atmosphere, ci rende consapevoli che lo spettro di Ivan Karamazov, con il suo urlo del “se tutto è assurdo, allora tutto è lecito, tutto è permesso”, si è dilatato a dismisura in terra d’Occidente. Abbiamo già incrociato questo autore nell’estate scorsa quando, per un bisogno di comprensione, di rifiuto della rimozione e di bonifica della dissonanza cognitiva, tutti fenomeni mentali indotti dai media in cui siamo immersi, esploravamo la rete per capire per quale strano motivo Assange si fosse rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador. Abbiamo così scoperto questo paese e il suo straordinario presidente, che ha messo in galera la vecchia classe politica, confiscandole anche i beni, come avviene per i mafiosi. Abbiamo cominciato a documentarci sulla strada che i Pesi dell’America Latina hanno imboccato in direzione opposta al rigore recessivo perseguito in Europa. Abbiamo letto della guerra tra le due Cristine e della sconfitta giudiziaria del gigante petrolifero Chevron.
E abbiamo così nutrito gratitudine verso un Autore che ci consente di rettificare il registro mentale, l’igiene del pensiero e il ripristino concreto della kantiana critica della ragion pratica calata nei drammi dell’attualità. L’abbiamo dovuto cercare con la lanterna di Diogene. Non l’abbiamo trovato nelle pagine dei giornali critici e antagonisti all’establishment. L’abbiamo rintracciato prima sul sito di Beppe Grillo e poi, seguito periodicamente, sul suo blog. Non ama, Di Cori Modigliani, la rivolta sterile contro le banche e il recente imbeverci tutti di linguaggio, concetti e ricorsi spasmodici ai guru dell’economia. Auspica il primato della conoscenza e della cultura attraverso la venerazione della letteratura. Ricolloca nei caposaldi dell’Anima d’Europa gli spiriti che l’hanno nutrita nei secoli e auspica la restituzione agli intellettuali critici del loro ruolo di guide della coscienza collettiva.
Le parole del suo testo, che a un primo approccio sembrano inscriversi nell’alveo della diffusa critica sociale, acquistano subito uno spessore fonico riverberante, una tridimensionalità storica, una profondità sapienziale, un’ampiezza multidimensionale. Dallo sfondo delle rappresentazioni del legame tra anima collettiva e anima individuale, analizzate da Di Cori Modigliani, emerge l’eco, via via più ravvicinata, della parola di Diogene Laerzio: “Se Febo non avesse dato la vita a Platone nell’Ellade come avrebbe potuto curare con le lettere le anime dell’uomo? Suo figlio Asclepio è il medico del corpo: dell’anima immortale è Platone”.
Di Cori Modigliani indica come finalità della letteratura quella di ampliare la mente, riconducendola al cuore semantico dell’identità europea: "dal greco antico εὐρύς (eurus), che significa 'ampio' e ὤψ/ὠπ-/ὀπτ- (ōps/ōp-/opt-), che significa 'occhio, viso', quindi Eurṓpē, 'largo sguardo', 'ampio d'aspetto'" (da Wikipedia). Ulteriore sintonia del Senso è che l’etimo di Platone è lo stesso “uomo dalla fronte ampia”.
L’ampiezza come cura dell’anima collettiva imprigionata nell’asfissia e nell’angustia dei significati. Angustia somatizzata dalle sindromi degli attacchi di panico, delle nevrosi d’ansia e dei tratti isteriformi sempre più diffusi tra bambini ed adolescenti. Ampiezza come psicologia della storia e dello stesso patrimonio della cultura d’Occidente, già auspicata da James Hillmann, ma sostanzialmente disattesa dagli junghiani contemporanei, a tratti, e in certi casi, stranamente tentati da una regressione verso la farmacologia e la neurologia. Oppure smaniosi di un contraddittorio “junghismo critico” che è servito solo a disattendere la necessaria elaborazione della periodica e ricorrente catastrofe europea del Novecento, come condizione permanente dei nuclei distruttivi dell’inconscio collettivo, costitutivi del suo dualismo. E dell’ambivalenza della realtà, del cosmo, di Dio.
La riprova agghiacciante del fenomeno di un autonomizzarsi dell’Ombra collettiva, cioè il suo sciogliersi dalla metabolica relazione trasformativa con il sistema cosciente, Di Cori Modigliani la ripercorre nel suo testo quando analizza la psicopatologia estrema, nei termini di veri e propri nuclei psicotici, di cui la legislazione italiana si è resa portatrice, molto più di altre nazioni. Come quella "di lanciare 'legalmente' la diffusione della pratica di massa del gioco d’azzardo. E’ il momento più basso, più degradante e avvilente mai raggiunto dal sistema collusivo di complicità della classe politica italiana". Vi sono dati impressionanti, sistematicamente rimossi dal dibattito attuale. Il fatturato del gioco d’azzardo in Italia raggiunge, rispetto ad altri settori anche di prestigio internazionale come la moda, il quinto posto nel 2009; il terzo posto nel 2010; il secondo nel 2011. Ciò "ha determinato uno stato di emergenza sociale sanitaria, con aggravio spaventoso della spesa sociale pubblica (depressione, sindrome da dipendenza, conflittualità familiari, aumento vertiginoso nell’uso e abuso di psico-farmaci) e ha prodotto la perdita di almeno cinquecentomila posti di lavoro in diversi segmenti dell’industria". L’autore prosegue sull’analisi dei meccanismi neuronali analoghi, innescati dall’attivazione di dopamina, la sostanza che provoca euforia, sia nel gioco d’azzardo sia nell’assunzione di cocaina, "la sostanza più diffusa a livello di massa in Italia, dal 2010 il più grande consumatore di questa droga nel mondo occidentale, come dai dati forniti dall’OMS. (…) Dal 2001 al 2005 c’è stato, in Italia, un incremento del 350% nell’uso della cocaina. Dal 2005 al 2007 del 235% e dal 2007 al 2011 del 450%". La conclusione di questo passaggio chiude il circolo satanico tra gioco d’azzardo, cocaina e finanziarizzazione globale dell’economia.
Il satanismo di simili collegamenti non è elucubrazione solipsistica di Di Cori Modigliani. La sua analisi è veicolata dal famoso articolo del 1925 di J. M. Keynes sulla previsione inascoltata della crisi del 1929 e dal contributo di Guido Rossi, Il mercato d’azzardo, per Adelphi. Se a ciò aggiungiamo, per attenersi allo specifico italiano, la recente vicenda della trattativa tra Stato e mafia; i livelli di corruzione politica; la messa tra parentesi della democrazia rappresentativa, viene spontanea la domanda: ma questa, tra le altre specificità e primati, non è anche la terra del Vaticano? Il nome di questo colle di Roma deriva dal latino vaticinium, come sapienza religiosa che dagli etruschi passò ai romani. Il più recente contributo sulla relazione tra chiesa cattolica e Ombra colletiva si trova nel dialogo tra R. Scarpinato e monsignor Mugavero su Dio, mafia e potere (in La Chiesa gerarchica e la Chiesa di Dio. Ed. MicroMega, 7/2012). E il lavoro che Jung fece di ri-vivificare il simbolismo del cristianesimo come fattore di contenimento dei nuclei distruttivi dell’inconscio collettivo europeo che fine ha fatto? Ringraziamo il buon padre Agostino Gemelli e i suoi allievi, che detenevano il monopolio della psicologia in Italia sino agli anni Settanta del Novecento, di aver snobbato, sottovalutato e svuotato il considerevole potenziale trasformativo di quel lavoro.
Di fronte a tali considerazioni sembrano, per certi versi, trovare conferma; per altri, addirittura impallidire, sia le affermazioni, del 1932, del carteggio Freud-Einstein sulla guerra sia la diagnosi di “pseudologia phantastica” che Jung stilò su Hitler (Jung veniva consultato sulla condizione psicologica di Hitler da Allen Dulles, capo del servizio segreto americano durante la seconda guerra mondiale, cfr. Maidenbaum-Martin, Wotan e Mosè. Jung, Freud e l’antisemitismo, edizioni Vivarium).
Per comprendere i livelli di psicosi collettiva, ai quali si sta esponendo attualmente la terra d’Occidente, bisognerebbe integrare le analisi precedenti con le dimostrazioni che, circa trent’anni fa, presentò J. Cremerius sul trattamento psicoanalitico dei ricchi e dei potenti. In buona sostanza, egli ha dimostrato, sul piano della metodologia e delle casistica clinica, che tali soggetti sono incarnazioni dello spettro di Ivan Karamazov. Ritengono che a loro tutto sia permesso e, cosa di interesse pubblico di cui nessuno parla, sono in grado di far ammalare chi li circonda (cfr. J. Cremerius, Il mestiere di analista, edizioni Boringhieri).
Platone non aveva tutti i torti quando concepiva la politica come medicina sociale. Forse all’ONU e nel FMI i politici autorevoli dovrebbero essere affiancati da psichiatri e psicologi di tutte le nazioni. Particolarmente stimolante nel metodo di psicologia della cultura, di Di Cori Modigliani, è la cadenza temporale del decennio che egli individua nella scansione storica che dal 1968 arriva alla crisi economica del 2008. Oltre a tutto ciò che è largamente noto sul 1968, Di Cori Modigliani indica nel dibattito suscitato da C. Percy Snow, sulla separatezza tra cultura umanistica e cultura scientifica, un filone significativo di coinvolgimento della coscienza collettiva, rilanciato da A. Clarke e S. Kubrick con 2001: Odissea nello Spazio. Opera che anticipa i fantasmi, tuttora diffusi, nella relazione tra l’uomo e la macchina intelligente del computer. In tal senso, bisognerà ritornare a riflettere, con il senno di oggi, sulle riserve che già Platone aveva espresso sulla scrittura come tecnologia, in quanto delega, che l’essere umano compiva, a un sistema tecnico a detrimento delle sue facoltà di memoria. Va ricordato inoltre, ai fini di una più ampia comprensione del precedente snodo di storia della cultura, che F. Yates e J. Hillman segnalarono che i sistemi di memoria fondati sull’immaginazione, coltivati in Occidente sino a Giordano Bruno – sistemi che la cultura occidentale aveva rimosso per oltre tre secoli; riscoperti e ricostruiti da F. Yates – coincidono per molti versi con la concezione moderna dell’inconscio.
Nel 1978 si afferma la rivoluzione komeinista. Ne consegue lo “scontro di civiltà” che Di Cori Modigliani individua come prodromo di un processo decennale che vedrà nella caduta del comunismo sovietico, sancita dal crollo del muro di Berlino del 1989 e dell’unificazione della Germania, l’espansione economica iperliberista dell’Occidente e il varo della globalizzazione. Tale processo assume crisma legale il 12 novembre 1999, altra scadenza decennale, con la firma di Clinton alla nuova legge bancaria, che spazza via quella di Rooselvet del 1933, redatta con la consulenza di J. M. Keynes. Del 2008 è il terremoto finanziario con epicentro in America, che la cupola finanziaria ha spostato in Europa, con i drammi che stiamo vivendo in questi giorni.
Oggi siamo esattamente a metà del decennio successivo al 2008. Cosa ci aspetta per il 2018? Anche se disponessimo di nuovi Tiresia e moderne Cassandre o degli autorevoli e saggi profeti dell’Antico Testamento, chi li ascolterebbe? Platone ce l’aveva già detto 2.500 anni fa con il mito della caverna: chi vuol liberare gli altri dalle catene corre il rischio di essere messo a morte. Il Grande Inquisitore di Dostoevskij ci ha insegnato, un secolo e mezzo fa, che, anche se ritornasse Cristo sulla terra, per riprovare a salvarci, sarebbe di nuovo prontamente condannato, guarda un po’, proprio dalla chiesa che proclama il suo insegnamento. Più recentemente, nel 1996, ci ha pensato anche Stephen King ne Il miglio verde, vista la forte tendenza umana alla rimozione e alla negazione, a riattualizzare lo stesso messaggio del Grande Inquisitore: anche se spunta qualcuno dotato di facoltà straordinarie per lenire sofferenza e dolore, prima o poi va a finire sulla sedia elettrica. Lo spessore culturale di Beppe Grillo è emerso, proprio in relazione a questa millenaria configurazione storica, durante la campagna elettorale in Sicilia, quando ha dichiarato la sua paura per il fatto che lo percepivano come un salvatore, perché queste figure, affermazione letterale, “fanno tutti una brutta fine”. Inoltre, il suo appello inedito, rispetto ai messaggi degli altri partiti, è alla responsabilità individuale; alla mobilitazione dei singoli attraverso il rifiuto di ricatti e manipolazioni dei poteri forti.
La rivolta esistenziale richiede che il soggetto umano impari una buona volta a stare in piedi da solo e ad assumersi, di fronte all’evento inevitabile della propria finitudine, la responsabilità del proprio Fato, del Mito personale e della propria individuazione.
Testo di Pasquale Picone
Per maggiori approfondimenti: sergiodicorimodiglianji.blogspot.it