Baseball (insieme con il softball, sua versione al femminile), karate, skateboard, surf e arrampicata sportiva. Alle Olimpiadi di Tokyo, nel 2020, ci saranno anche questi cinque sport, come deciso all’unanimità dal Comitato olimpico internazionale nel corso della sessione svoltasi alla vigilia delle Olimpiadi di Rio de Janeiro, lo scorso agosto. Il CIO, massimo organismo dello sport mondiale, ha così confermato le intenzioni già annunciate portando da 28 a 33 il numero totale delle discipline del programma olimpico. A Tokyo (e poi in futuro? chissà… ) saranno 18 complessivamente le nuove medaglie d’oro in palio e 474 gli atleti in più che prenderanno parte alla manifestazione.
Le cinque nuove discipline erano state selezionate in precedenza dalla Commissione esecutiva del CIO, e già allora con voto unanime, dopo una certosina e forse dibattuta selezione tra le tante “novità” che erano state proposte. Va ricordato che soltanto il baseball/softball ha già fatto parte del programma dei Giochi: fu nelle edizioni che si disputarono dal 1992 al 2008. L’inserimento dei nuovi sport è stato deciso sulla base delle proposte del comitato organizzatore giapponese, come previsto dalle nuove direttive volute dal presidente del CIO Thomas Bach, per incoraggiare la partecipazione del pubblico locale ed attirare maggiori sponsor grazie a discipline popolari nel Paese organizzatore, senza con questo intaccare il programma degli sport olimpici di base, numero che oscilla attualmente tra 28 e 32.
Si tratta proprio di un bel salto (in alto… ) nel novero delle scelte e delle partecipazioni olimpiche, se si considera che al loro nascere, nella preistoria dell’evento, le Olimpiadi comprendevano solo quattro cimenti (la parola sport non era stata ancora inventata): corsa, pugilato, lotta, pentathlon. Secondo altri le prime Olimpiadi comprendevano invece tredici discipline, o gare sportive, dieci per gli adulti e tre riservate ai ragazzi tra i 12 e i 18 anni. Il primo giorno era dedicato alla cerimonia di apertura (come avviene, tutto sommato, ancora oggi), con riti e sacrifici in onore di Giove/Zeus; l’ultimo giorno alla cerimonia di chiusura, con la premiazione dei vincitori, incoronati con foglie di ulivo, e un gran banchetto. I cinque giorni centrali erano riservati alle gare, che si svolgevano seguendo un ordine tradizionale: corsa dei carri, corsa dei cavalli, montati da fantini, poi le cinque specialità del pentathlon – lancio del disco, salto in lungo, lancio del giavellotto, corsa dei 200 metri e lotta – quindi le gare di corsa, la lotta, il pugilato e infine il violentissimo pancrazio, una via di mezzo tra il wrestling e la lotta libera, ma praticamente senza regole.
A proposito dell’inserimento dei nuovi sport, Bach ha sottolineato come non si possa dare per scontato che i giovani, e i più giovani, apprezzino acriticamente (a prescindere, direbbe il principe de Curtis, alias Totò) l’evento olimpico e che quindi sia opportuno – ha detto Bach – “andare noi da loro”. Del resto, nell’“Agenda 2020” varata dal presidente del Cio per salvare le Olimpiadi (dal rischio di eccessivo campionismo, forse, o più probabilmente dal rischio di elefantiasi… ), si accennava proprio a nuovi sport per andare incontro sia ai gusti dei giovani che alle necessità degli organizzatori. Da qui l’opportunità di tener conto dell'urbanizzazione degli sport – non sempre e non più solo en plein air… – per avvicinare le nuove generazioni (ecco dunque lo skateboard, appunto), sia di procedere a innesti, scelti volta per volta, magari per una sola edizione, una sorta di privilegio agli organizzatori locali, come è toccato, per l’appunto, al Giappone che festeggerà così la "promozione" del karate nel programma olimpico di Tokyo 2020. Lo skateboard – di questo stiamo ora accennando – proporrà come eventi sia maschili che femminili lo Street e il Park, promettendo emozioni e spettacolo. Risulterebbe tuttavia che migliaia di appassionati abbiano stilato una sorta di petizione contro quest’inserimento nel programma olimpico, ritenendo lo skateboard un non-sport.
Malumore, a proposito di mancati inserimenti “olimpici”, serpeggia anche tra i fautori (dirigenti, tecnici e soprattutto atleti) del nuoto per salvamento, disciplina che pur figurando tra quelle ufficiali della Federnuoto in Italia e della FINA nel mondo, e vantando a livello internazionale campionati territoriali e primati riconosciuti ai diversi livelli, non riesce a … sfondare nel CIO. E rimane quindi fuori dalle competizioni a cinque cerchi. Con rammarico e bronci vari (al momento, ahimè, inutili… ), ancorché continui la seguitissima sequela di manifestazioni, in una delle quali, quella dei Primaverili di Lifesaving svoltisi a Riccione in febbraio, è stato registrato un gradevole, non solo per chi lo ha conseguito, primato mondiale. È successo quando Lucrezia Fabretti, romana che gareggia per la fattiva e gloriosa “Sergio De Gregorio”, ha realizzato una vera e propria superprestazione nei 100 manichino pinne juniores, dove ha fissato in 54"27 il nuovo record mondiale youth, vale a dire giovanile, togliendolo all'australiana Samantha Howe che lo aveva stabilito (55"33) il 7 agosto 2016 a Gold Coast e che si è vista sfilare il secondo primato mondiale della categoria in due giorni, dopo quello che Serena Nigris aveva migliorato nel percorso misto. Il precedente record italiano juniores della specialità apparteneva alla stessa Fabretti con 55"55 (tempo registrato allo Stadio del Nuoto di Roma il primo luglio scorso).
A chiudere, merita che si dica, sempre a proposito del nuoto per salvamento, che ai Primaverili di Riccione si sono presentate 97 società e oltre 1300 atleti iscritti, con svolgimento del programma internazionale: sei prove individuali (ostacoli, trasporto manichino, percorso misto, manichino con pinne, manichino pinne e torpedo, superlifesaving) e tre staffette (4x50 ostacoli, 4x25 manichino e 4x50 mista), per tutte le categorie - Esordienti A, Ragazzi, Junior, Cadetti e Senior - per un totale di 3851 presenze-gara e 580 staffette. Con i complimenti anche, perché no?, all’organizzazione.