Londra, la bella capitale del Regno Unito sul Tamigi, tutta palazzi storici, dimore nobiliari, banche, assicurazioni, società business e trade. Londra, la capitale di pietra e mattoni, avvolta nella leggendaria nebbia. Eppure c’è un’altra Londra, altrettanto suggestiva e affascinante, quella del verde e dei parchi. Il “fumo di Londra” è ormai solo una particolare tonalità di grigio. L’ex capitale delle nebbie è oggi rallegrata da vivaci macchie di colore, quelle dei parchi e dei giardini pubblici e dei fazzoletti di terra, tripudio di piante e fiori, fioriti e coltivati a regola d’arte davanti alle porte d’ingresso delle case private. Per non parlare dei vivai, delle numerose fiere del verde come il Chelsea Flower Show, che si tiene ogni ultimo week-end di maggio, e l'Hampton Court International Flower Show, della seconda settimana di luglio, e degli allegri mercatini settimanali dei fiori – le occasioni migliori si trovano al Columbia Road Market e al New Covent Garden Market – appuntamenti d’obbligo per i londinesi, che spendono di più in piante, fiori e attrezzi che non in gastronomia o abbigliamento, trascorrendo gran parte del loro tempo libero fra lavori di giardinaggio o passeggiate nei parchi.
D’altro canto, i parchi pubblici, per il fatto di essere associati alla natura, al riposo, allo svago, all’attività sportiva e, quindi, per il fatto che offrono un’opportunità di fuga dall’ambiente costruito, hanno un effetto emotivo e psicologico sicuramente positivo. Il loro impatto sulla struttura urbana è multiplo. Essi sono elementi strutturali della città, nel senso che aiutano a definire i limiti dell’area urbana, prevenendone un’ulteriore espansione e contribuendo a separare e proteggere le singole comunità di cui si compone questa metropoli; inoltre, permettono di instaurare un contatto altrimenti difficile, se non addirittura impossibile, con la natura, migliorando al contempo la qualità della vita anche da un punto di vista igienico-sanitario, fungendo da veri e propri “polmoni ecologici”; sono, infine, luoghi dove la gente può incontrarsi e socializzare e dove si può apprezzare anche il retaggio culturale di quella determinata realtà sociale.
Oltre ai parchi ai giardini e agli innumerevoli squares, creati per rispondere, in diversa misura, al bisogno di natura e svago dei londinesi, la città è ricca di heaths, commons e woods che non sono stati “creati” dall’uomo per l’uomo, bensì rappresentano ciò che rimane di un paesaggio originario, sopravvissuto nei secoli alla crescita urbana. Non si tratta certo di luoghi che potremmo definire “spettacolari”, nel senso che spesso ci troviamo di fronte ad ampie distese incolte e ventose, prive dei fiori dai colori vivaci, degli alberi esotici, degli arbusti ornamentali, dei laghi artificiali e dei sentieri ben ordinati che caratterizzano i parchi e i giardini della città; ma, per un occhio esperto e appassionato, questi luoghi sono ancora più interessanti e affascinanti perché sono la prova vivente di ciò che rimane delle ampie distese e delle grandi foreste che un tempo circondavano la Londra medievale.
E come non considerare la singolare vicenda urbanistica della Green Belt? Nel 1927 venne creato il Greater London Regional Planning Committee, il cui consigliere tecnico, Sir Raymond Unwin, per primo concepì l’idea di una cintura verde intorno a Londra, con lo scopo di contenere l’espansione urbana. Fu, però, soltanto nel 1944, con l’approvazione del Greater London Plan elaborato da Patrick Abercrombie, che la Green Belt divenne una realtà. La costituzione di questa cintura verde, dell’ampiezza media di 8 Km., non ebbe solo la funzione di interrompere l’urbanizzazione dell’area metropolitana, ma anche quella di incrementare la dotazione di spazi per lo sport e il tempo libero dei cittadini, di migliorare la qualità dell’ambiente urbano afflitto da gravi problemi di congestione e inquinamento, di tutelare e al tempo stesso favorire l’espansione del settore agricolo.
Fra tutti i public open spaces della metropoli, i più visitati e meglio conosciuti, specie dai non residenti, sono i Royal Parks, importanti non solo dal punto di vista sociale, ma anche economico, in quanto rappresentano una delle maggiori attrazioni turistiche della città al pari dei musei, degli edifici storici, dei palazzi reali, presentandosi come vere oasi di distensione e di pace nella febbrile vita della metropoli: una passeggiata nei parchi reali è, di sicuro, l’opportuno coronamento di una visita a Londra. Hyde Park, Kensington Gardens, St. James’s Park e Green Park sono situati nel distretto metropolitano di Westminster, dunque nel cuore di Londra; Regent’s Park e Primrose Hill nei distretti di Westminster e Camden, un po’ più a nord rispetto ai primi quattro; Greenwich Park nell’omonimo distretto di Greenwich, in posizione più decentrata; Richmond Park e Bushy Park in posizione decisamente periferica, nel distretto di Richmond-upon-Thames. Questi parchi sono destinati soprattutto ad un tipo di ricreazione passiva e svolgono una precisa funzione culturale, legata alle forti connessioni con la Corona e, quindi, al loro intrinseco valore storico.
Ci sembra opportuno concludere citando una frase di Patrick Geddes, progettista e studioso dei problemi urbani, vissuto a cavallo tra il XIX ed il XX secolo: “Vivere in modo civile, come un’arte, non significa ricercare un non-luogo immaginario e impossibile dove tutto va bene, ma ricavare il meglio ed il massimo da ogni e qualsiasi luogo, specialmente della città in cui viviamo”. Di sicuro, questo “meglio” e questo “massimo” potrebbero essere più facilmente raggiunti se le nostre città, anche sull’esempio di Londra, fossero un po’ meno grigie e un po’ più verdi!
Testo di Domenica Mamone