Allegri, Sarri, Spalletti. Sembravano loro, toscani più o meno doc, come vedremo, i tecnici che alla guida delle loro squadre, Juventus, Napoli, Roma nell’ordine, si erano appropriati delle prime file del campionato, un campionato da proscenio. E sembravano tecnici contro, toscani contro, si potrebbe dire. Ma è bastato un nonnulla per rovesciare almeno in parte le posizioni. Vediamo di riannodare le fila e la storia, cominciando a vederli un po’ più da vicino.
Maurizio Sarri, tanto per cominciare, è nato a Napoli (il papà dalla Toscana si era trasferito a Bagnoli per lavoro), anche se la sua storia calcistica, soprattutto come allenatore, si è dipanata giusto in Toscana, in particolare a Empoli, squadra che proprio Sarri ha condotto alla massima serie del calcio nazionale. Toscani, comunque, i tre tecnici che sembravano avocare a sé la questione del campionato in corso prima che si affacciassero il Milan del napoletano Vincenzo Montella e soprattutto le ricorrenti mille streghe che da che calcio è calcio turbano sogni e prospettive della squadra giallorossa.
Tecnici contro, dunque. Chi agli inizi della nostra storia se la passava meglio era l’allenatore dei giallorossi: nativo di Certaldo e fresco reduce da una non lieve …influenza “tottiana”, Luciano Spalletti si era poi ripreso grazie alle sgroppate di un egizio e alla solidità di un bosniaco, l’uno e l’altro messi in grado di sovrastare gli avversari in virtù proprio degli schemi predicati dal tecnico e finalmente applicati con attenta dedizione dalla squadra. Ma poi sono bastati un pareggio stentato a Empoli – ah questa Toscana… - e la sconfitta di Bergamo per far cascare tutto il castello di Baldissoni-Spalletti.
Anche Sarri, toscano d’adozione, di temperamento e di lingua, ha, o certamente ha avuto, qualche problema di gestione: problemi di natura fisica (per infortuni in serie neanche di lieve entità) e di natura dialettica, con il presidente del Napoli De Laurentiis il rapporto essendo sempre abbastanza conflittuale: Sarri per esempio non ha digerito la cessione di Higuain (oltretutto andato a rinforzare una già ben agguerrita avversaria) senza adeguato, a suo dire, rimpiazzo; De Laurentiis dal canto suo rimprovera al tecnico di non aver saputo tramutare un ronzino in un purosangue. E non è da escludere che abbiano ragione tutti e due…
Neppure Allegri, toscano di Livorno, quanto a critiche se l’è passata tanto bene, malgrado il primato in classifica della sua Juventus: in questo caso le critiche si sono focalizzate soprattutto sul versante infortunistico, quasi lo stesso tecnico fosse responsabile degli acciacchi che colpiscono i suoi atleti. E lui, senza potersi levare il sassolino dalla scarpa di un gioco francamente asfittico, ha comunque dato appuntamento a tutti in primavera.
L’accenno pur indiretto ai romanisti Salah e Dzeko, con riferimenti sostanzialmente identici ad Higuain e Dybala (Juventus) e ad Hamsik e Milic (Napoli), ci riporta alla mai sopita querelle tra calciatori stranieri e talenti nostrani, questi ultimi difesi a spada tratta dal ct della Nazionale Ventura: “Non è un momento straordinario dal punto di vista della qualità – ha detto commentando le convocazioni in vista del duplice confronto con Liechtenstein (qualificazioni mondiali) e Germania (amichevole) – ma stanno sbocciando tanti giovani e dobbiamo prenderne atto”. Si tratta di un “largo ai giovani” (di casa nostra, vorremmo aggiungere) che non si può non condividere e che vorremmo applicato con il massimo dell’intensità, ancorché il calcio nel suo insieme non sembri aver l’intenzione di applicarlo con continuità, pensando piuttosto ai possibili utili finanziari, se e quando ci sono. Cinesi per il Milan e il Palermo, indonesiani per l’Inter, americani per la Roma: ci dicono nulla le notizie relative a questi nuovi proprietari delle squadre di calcio …italiane?
Merita a questo punto che si faccia riferimento alle vicende della Nazionale: e il primo quesito è: ha tempo per crescere l’Italia di Ventura? Stando ai primi mugugni registrati dopo le gare con la Spagna e la Macedonia, l’italica pedata dei sopracciò sembrerebbe dargliene poco. Preso per la collottola da chi la vorrebbe cotta e da chi la vorrebbe cruda, il malcapitato commissario tecnico non è sfuggito alle critiche di chi gli rimprovera, per esempio, i dati anagrafici, per non parlare delle scelte finora effettuate, dalle convocazioni agli assetti tattici. Per di più, nel diluvio delle critiche non ha avuto nemmeno la fortuna di un parapioggia iniziale che in altri tempi lo avrebbe riparato alla meglio: Gianluigi Buffon, portiere, numero 1 non solo di maglia, e capitano di lungo (e meritorio) corso, proditoriamente infilato dopo un liscio clamoroso.
Se anche Gigi sbaglia, vuoi vedere che la storia sta prendendo una piega diversa da come Ventura vorrebbe? Ma forse è il caso di pensare che tutto sommato è il calcio italiano nel suo insieme a non meritare altro che vittorie stentate o strette di mano rifiutate.