Cinque direzioni del movimento (verticale, laterale, frontale, rotatorio, centrale) per capire come studiare la letteratura musicale classica più impegnativa. Dagli studi di Chopin a quelli trascendentali di Liszt, fino ai concerti di Rachmaninov, alle sonate di Beethoven, al difficilissimo Gaspard de la nuit di Ravel, inarrivabile per complessità e articolazione tecnico-interpretativa.
I brani più difficili del pianismo mondiale possono essere studiati e risolti nei loro arcani tecnici più ardui grazie al Seitai, la cultura che codifica come si struttura il movimento vitale, fondata dal maestro giapponese Haruchika Noguchi. L'applicazione di questa nuova Cultura del Movimento Spontaneo è stata trasferita per la prima volta sul pianoforte da Alberto Guccione, pianista, musicoterapeuta ed esperto della voce, che ha studiato a cominciare dalle partiture il movimento delle mani dei mostri sacri della musica classica mondiale.
La sua grande passione, come quella di ogni pianista classico che si rispetti, è l'immenso Frederic Chopin vero epicentro del pianismo moderno dal quale hanno preso il via gli studi di Guccione e a cui è dedicato il sito Zenchopin frequentatissimo da pianisti professionisti e amatoriali. L'analisi del respiro, della posizione delle mani, dell'approccio fisico al pianoforte sono i capisaldi di questa ricerca durata anni e che è stata racchiusa in Non Manuale per il pianista, e continua, prossimamente, nella sua ultima fatica dal titolo emblematico Seitai al pianoforte edito da Amarganta. “Se si comprende il movimento” ci spiega Guccione, che sul suo canale Youtube ha pubblicato anche una serie di video molto cliccati, “si può accedere al segreto di un brano musicale e alla posizione che il compositore assumeva nell'esecuzione. In questo modo, si può studiare il brano senza incorrere nelle consuete difficoltà che impediscono di progredire. Il Seitai parte dall'esistenza di un movimento spontaneo che organizza cinque movimenti fondamentali che si strutturano nel nostro corpo in modo preciso e questo si riflette nel movimento e utilizzo delle mani, cosa che per un pianista è cruciale. Io, nella mia carriera pianistica tradizionale, ho incontrato difficoltà, come molti, nell'esecuzione degli studi di Chopin, uno scoglio che ho definitivamente superato grazie al Seitai. I movimenti del Seitai sono cinque, come cinque sono le dita e cinque sono le vertebre lombari, ogni singolo polpastrello delle dita ha una correlazione con il corpo nel suo ergersi verso il basso o nel compiere un movimento rotatorio o di altro genere. Ad esempio, parlando di Chopin il movimento dell'autore dei Notturni, si estrinseca pressoché completamente sul movimento in avanti e indietro a partire dalle spalle, le dita pilota sono il lato esterno di pollice e mignolo. Ricordiamoci che il poeta polacco del pianoforte era tisico, soffriva nella zona dei polmoni e delle spalle, appunto sua area di maggiore dolore. La scoperta di questa postura del grande autore dei Notturni diventa una chiave di volta straordinaria per risolvere gli arcani tecnici degli studi e per molte altre altissime pagine dell'opera chopiniana”.
“Per quanto riguarda Bach” – prosegue Guccione che ha dato un aiuto sostanziale a concertisti internazionali bloccati in singoli passaggi pianistici – “il movimento vitale è completamente differente rispetto a quello di Chopin. Quella di Bach è un'intelligenza del movimento verticale che si dirige verso l'alto a partire dalla testa. Una modalità che consente di suonare anche con gli occhi chiusi e non è certo un caso che il musicista tedesco fosse affetto, nell'ultima parte della sua vita, da cecità”.
Insomma l'intelligenza del corpo crea il movimento che per ciascuno è funzionale e, nel caso di questi incredibili geni della musica diventava il “binario” sul quale incanalare la creatività diversa per ognuno. Intercettare il “binario” giusto sul quale fluisce il movimento naturale diventa per il pianista il passo fondamentale per garantire uno studio senza intoppi tecnici e un'esecuzione che poi, ovviamente, si arricchirà della sua veste interpretativa in modo automatico e conforme all' unicità e sensibilità di ogni pianista. “L'interpretazione è sicuramente un dato personale e l'eccellenza pianistica si misura anche da questo”.
Tornando all'utilizzo delle mani in chiave Seitai, Guccione ci rivela che per quanto concerne i brani di Debussy “il dito pilota risulta essere l'indice e così anche per Schubert in cui l'indice diventa il dito che predispone alla coordinazione laterale: la chiave per l'esecuzione di tutta la sua opera pianistica. Per Brahms ancora il dito indice è pilota ma tutto si sposta sulla mano sinistra”. Alberto Guccione ha eseguito anche un'interessantissima analisi delle mani di Chopin osservando l'unica immagine che ci giunge del maestro polacco, un dagherrotipo che immortala il musicista già evidentemente molto provato dalla malattia. “Da un'osservazione attenta delle mani di Chopin ho avuto la conferma che, sebbene malato, il musicista presenta un dito medio assolutamente stabile. Il tutto denota una grande impostazione della mano e un forte equilibrio. Anche i pollici sono notevoli, pensiamo che Chopin sia stato il primo pianista a utilizzare i tasti neri nelle sue composizioni in modo sistematico. Inoltre è da notare l'apertura tra il quarto e quinto dito che consente di apprezzare il vero pianista virtuoso”.
Il Seitai permette, quindi, di decifrare l'abito corporeo, il cosiddetto Taiheki, ovvero quale dei cinque movimenti che strutturano la vita prevale. “Proprio come quello frontale” – prosegue il musicoterapeuta – “prevale in Chopin. Esiste sempre un movimento prevalente in ognuno di noi che dipende dal condizionamento congenito ed ereditario che diventa organico e condiziona tutto il nostro vivere e creare. Ecco che attraverso l'osservazione del Taiheki si può riconoscere il movimento che contraddistingue persino la scrittura, in questo caso musicale, di un autore. Schubert, ad esempio, ha una scrittura laterale molto bella, Liszt frontale, Mozart ha una naturalezza centrale verso l'affettivo profondo e sessuale, Schumann invece ha un Taiheki centrale focalizzato nel mondo psichico, quello di Beethoven è rotatorio e parte dai reni per arrivare fino all'orecchio ed è guidato dagli anulari, fondamentali per guidare tutta la mano. Da uno studio condotto da Luca Chiantore risulta che Beethoven scriveva quasi tutto su improvvisazione in una situazione di qui e ora circolare”.
Non ci resta che leggere con attenzione il libro in uscita ai primi di dicembre, io intanto ho sperimentato il movimento di Chopin sulla Fantasia n. 66 Impromptu e devo ammettere che funziona.