Alle 21 del 29 novembre 2004 Giorgio Barbieri, all’età di 1 anno, 9 mesi e 29 giorni, è sbarcato sull’isola di Re Giorgio (guarda caso), in Antartide, precisamente alla stazione polacca “Polar Pioneer”, gestita dai biologi dell’Accademia delle Scienze di Varsavia, e ha conquistato il record, scalzando la detentrice americana Lani Shea, che aveva ottenuto il primato di recente a 2 e 10 mesi. “The record is broken!”, missione compiuta: Giorgio campione del mondo. A dire il vero, fu un viaggio talmente bello, che il record passò in secondo piano… anzi, non ci siamo neppure ricordati di festeggiarlo (dato ormai per scontato), tanto eravamo pieni di immagini sublimi, vera delizia dello spirito!
L’Antartide, dunque, il continente più misterioso, isolato e difficile da raggiungere, ha decretato il successo dell’impresa. La parola “Antartide” deriva dal greco “anti” (opposto) e “arktos” (orso), in quanto opposto alla costellazione dell’Orsa Minore. La convinzione che esistesse un continente sconosciuto all’estremità sud del mondo nacque molto prima della concezione sferica della Terra: gli antichi greci avevano teorizzato di zone calde, temperate e fredde, man mano che ci si allontanava dall’Equatore e, in base alla Teoria degli Opposti e delle Simmetrie, l’esistenza di una terra sconosciuta (poi definita dai Latini Terra Australis Incognita) opposta alla propria. Ci vollero più di due millenni prima che si accertasse l’esistenza di un continente ignoto opposto all’Artide. L’Antartide dunque è l’ultimo continente scoperto dall’uomo e la sua esplorazione è molto recente e limitata; l’assenza di popolazioni autoctone ha fatto sì che non fosse necessario svilupparvi una supremazia culturale e politica ed ha facilitato una partecipazione simultanea di varie nazioni nella amministrazione del continente, senza la predominanza di un solo paese.
Quando a fine giugno 2003 salimmo sul camper diretti in Crimea, Armenia e Iran, passando per la costa nord del Mare Nero, Giorgio aveva appena 5 mesi e all’epoca non pensavamo certo a un suo record. Stranamente, l’idea di inserire Giorgio in questa competizione internazionale mi giunse dal lontano Borneo, nelle vesti di Luca Riva e Giorgio Gubellini, due giovani impiegati milanesi, che partiti alla volta di Sarawak e Sabah con un pacchetto organizzato, giunti in loco mollarono il gruppo per seguire le mete suggerite dal mio libro sull’isola. Entusiasti, tornati a casa mi contattarono tramite l’editore e vennero addirittura a Modena per conoscermi di persona. Fu proprio Luca a darmi l’imput del Guinness, parlandomi di una bambina sudafricana che, all’età di 3 anni e 10 mesi, aveva ottenuto il titolo toccando tutti i sette continenti. Da quando nel 1982 fui inserito nel librone per il numero di paesi visitati, la redazione del Guinness World Records (GWR) mi inviava saltuari aggiornamenti ed io stesso avevo appena proposto di inserire i miei due figli Clelia e Fabio, rispettivamente di 8 e 6 anni (con già 61 paesi al loro attivo), come i più giovani viaggiatoti che avessero visitato tutti i paesi europei, ma l’idea fu scartata in favore di Giorgio: “Riceviamo 60.000 proposte l’anno, difficili da gestire, preferiamo che si infrangano record già esistenti”.
Paragonato a quello di toccare tutte le nazioni d’Europa, il titolo dei continenti mi pareva una “passeggiata”, un invito a nozze: in Asia eravamo già stati l’estate scorsa, l’Africa è a un tiro di sasso, non restava che prendere un volo per Santiago (Sud America) via Miami (Nord America), poi dalla capitale cilena fare un’escursione all’isola di Pasqua, ultimo lembo dell’Oceania, e, infine, dalla Terra del Fuoco (Ushuaia) prendere un mezzo per l’Antartide. Mi ero follemente innamorato dell’idea di toccare Pasqua e Antartico in un unico viaggio, di prendere cioè “quattro piccioni con una fava”. Feci un breve schema del progetto e lo proposi a Giovanni Vinsani, il direttore della Midland-Cte International, lo sponsor che da anni dimostra un’ammirevole fiducia nelle mie proposte. Con l’avallo del GWR (dicembre 2003), che ufficializzò l’inizio della competizione per iscritto, ed il supporto economico di Vinsani, che firmò il contratto con un badget di finanziamento all’impresa, la mia mente spiccò letteralmente il volo. La parte più “buia” e incerta dell’impresa era ovviamente come arrivare in Antartide.
Tramite posta elettronica contattai subito gli enti del turismo cileno e argentino, le associazioni italiane e gli uffici stampa delle nostre rappresentanze diplomatiche nella regione, i tour operator locali, internazionali ed anche la marina militare argentina (che sapevo svolgere questo servizio in passato), al solo scopo di capire chi potesse portarci in Antartide, con quale mezzo, in che periodo, il costo, le condizioni… In molti risposero, ma nessuno fu in grado di darmi indicazioni atte ad orientarmi con chiarezza. Le crociere organizzate dalle agenzie inglesi e americane erano per noi troppo lunghe (10-12 giorni), elaborate e costose; le agenzie marittime di Ushuaia si limitano a fare il giro di Capo Horn, senza spingersi oltre e, tra l’altro, sottolineavano spesso la difficoltà nell’accettare bambini tanto piccoli a bordo. Ma non desistevo: “Se la bambina sudafricana è passata, ci deve pur esser un passaggio anche per noi”. L’altra notizia emersa dalla fitta corrispondenza, fu quella che ovviamente in Antartide ci si va solo nella stagione bella, da fine Novembre a inizio Marzo, quando da noi è inverno. Questo lo sapevo, ma nella mia ostinazione avevo sperato che qualcuno vi andasse anche in luglio o agosto, così avrei potuto sfruttare il periodo delle vacanze estive in tutta tranquillità, ma niente da fare.
A maggio 2004, la soluzione giunse paradossalmente da Roberta, la direttrice dell’agenzia di viaggi sotto casa, che m’indicò Mauro Olivero, un tour operator di Torino specializzato nei viaggi in Antartide. Questi era in stretto contatto con Antarctica XXI di Punta Arenas, nella Patagonia cilena, la compagnia che aveva noleggiato una nave oceanografica russa, con l’intero equipaggio, per la spedizione di un mese all’isola antartica di Re Giorgio. Nel progetto, tuttora in fase di sperimentazione, la direzione aveva, inoltre, organizzato un ponte aereo con la DAP (Aerolineas Patagonia), grazie al quale noi potevamo tornare in aereo, senza l’obbligo di fermarci per un lungo periodo in antartico. Perfetto! Niente male neppure il prezzo … di favore … molto inferiore a quello delle altre compagnie anglosassoni, che per la crociera su piccole navi chiedono anche 5000 euro a testa, ma ugualmente importante se moltiplicato per 5, poiché era nostra intenzione vivere questa stupenda esperienza con tutti i membri della famiglia. Roberta e Mauro si adoperarono per fare coincidere i voli, il tratto in bus e la nave, in partenza il 27 novembre da Ushuaia: Milano, Santiago, Pasqua, Punta Arenas e 12 ore di bus per Rio Gallegos, nei due sensi. Il pacchetto di due settimane includeva gli hotel durante le soste, ma escludeva però gli Stati Uniti, poiché in tal caso il prezzo lievitava troppo.
Conveniva andare in America con un volo a parte, magari in ottobre. Nonostante gli sforzi per cercare le soluzioni meno costose, alla presentazione del conto totale la cifra si rivelò tuttavia molto superiore al pur generoso budged della Midland, tanto da obbligarci a rinunciare, con la morte nel cuore, alla presenza di Clelia e Fabio. Con la successiva “limatura” tolsi anche le prenotazioni degli hotel, sicuro di rimediare con meno spesa sul posto o tramite Internet. Alla fine il conto si era ridotto all’essenziale: voli e nave. A fine giugno partimmo per l’Africa in camper e durante l’estate provai anche a volare in America: prima da Lisbona a Boston via Azzorre e poi dalle isole Foer alla Groenlandia via Islanda, ma in entrambi i casi i voli erano pieni. Tornati a Modena a fine agosto, trovai una lettera del GWR, dove mi avvisavano che il record era passato nelle mani di una bambina nordamericana di 2 anni e 10 mesi; solo casualmente lessi l’allegato di prassi, notando una modifica paradossale nel regolamento: al paragrafo 1 si ribadiva che Pasqua era valida come Oceania, mentre nell’aggiunta al paragrafo 6 per Oceania si intendeva soltanto Australia (neppure la Nuova Zelanda era accettata).
Telefonai subito a Londra per un chiarimento, ma l’impiegata dell’ufficio record insistette per rassicurarmi: “Il punto 6 era certamente un errore e potevo tranquillamente andare all’isola di Pasqua, come da precedenti accordi”. Non mi convinse. La richiamai il giorno dopo, l’altro ancora, e soltanto alla quarta telefonata riuscii a smuoverla dalla sedia per sincerarsi bene della cosa: “Non posso andare in giro per il mondo, tra l’altro con un bambino, per niente!”. Mi arrivò subito una lettera di scuse, mi ringraziarono per avergli segnalato l’errore, però per avere valido l’Oceania dovevo obbligatoriamente andare in Australia (… you must go to Australia!). La cosa mi infastidì parecchio: “Un continente è un continente, con tanto di piattaforma e confini…”.
Probabilmente alla redazione del GWR avevano deciso di complicare le cose ai contendenti: “anche le modifiche nelle ristampe del librone hanno un costo”. Non avevo nessuna voglia di andare in Australia, ma ormai dovevo portare a termine il discorso. Tornai da Roberta, annullammo per intero il progetto precedente e cercammo di crearne uno adatto al nuovo regolamento. Considerammo di fare il giro del mondo, di arrivare in Australia dal Cile o via Tahiti ed un disastro di altre possibilità; alla fine la via più conveniente fu quella di spezzare il viaggio in due tronconi: Australia in ottobre e Americhe più Antartide a novembre. Ormai tutto era fissato, mancava però ancora un dettaglio, l’ultimo grosso ostacolo alla realizzazione del progetto: qualcuno di fiducia che si prendesse cura di Clelia e Fabio durante la nostra assenza (possibilmente per un prezzo d’amicizia, non certamente a ore) … cioè, dormire con loro, preparargli ogni cosa, la cena e tutto il resto: un impegno per una persona abile, responsabile e dotata di grande disponibilità! Non fu facile, valutammo infinite possibilità, moltissime quelle scartate per i più svariati motivi… una cernita durata tantissimo, ma alla fine la salvezza e la tranquillità ci giunse nella figura di Elena, giovane laureanda amica di amici… Finalmente tutto quadrava, tutto era come desideravamo che fosse: si parte!
Il 6 ottobre da Bologna, dopo un’interminabile volo di oltre 30 ore via Vienna e Singapore, con Giorgio che poppava, dormiva e giocava sereno più che a casa, sbarcammo agli antipodi, nella città di Melbourne, attesi dall’autista di Massimo Ubertini, l’amico modenese fondatore della Saeco Australia, che ci ospitò nella sua bella villa condivisa con la moglie canadese Esther e le due figlie: Giulia e Alessia di 4 e 8 anni. La particolare singolarità di questa vacanza, certamente degna di nota, fu quella di girare per l’Australia alla ricerca di canguri in Maserati (di colore nero), l’ultimo modello della casa modenese ed unico esemplare esistente in tutta l’Oceania. Una volta tornati a Modena ci trovammo costretti a rifare il carosello delle possibili babysitter e questa volta fu Sonia a prendersi cura dei nostri figli per i 15 giorni del viaggio in Antartide.