Creature telluriche, con radici saldamente innervate nella Madre Terra, e, al contempo, celesti, con ampie chiome protese verso il cielo
Nel mondo esistono mediamente quattrocento alberi per persona. Nel nostro Paese se ne contano poco più di un centinaio e purtroppo, salvo poche eccezioni, sono in costante diminuzione. Elementi ricorrenti del paesaggio agrario, nella tradizione contadina non era consentito distruggerne uno senza motivo: chi lo faceva era punito dalla malasorte e la comunità intera attuava adeguate contromisure per evitare le nefaste conseguenze.
Gli alberi sono gli esseri viventi più longevi del creato; rappresentano un patrimonio inestimabile di bio diversità; contengono fondamentali informazioni atmosferiche, biologiche e genetiche, vive e dettagliate; rendono all’umanità fondamentali benefici come eliminare circa un terzo dell’anidride di carbonio che altrimenti aumenterebbe l’inquinamento atmosferico, restituendola sotto forma di ossigeno; riciclano sostanze nutrienti che contribuiscono a migliorare la qualità dell’acqua e dell’aria; ancorano i terreni montuosi che altrimenti rovinerebbero a valle. E poi…
Castagno, Noce, Ulivo, dalla notte dei tempi, donano all’uomo i loro frutti preziosi;
con il legno di Cedro antiche civiltà hanno costruito possenti imbarcazioni in grado di attraversare il Mediterraneo e con quello di Larice straordinari sistemi di palafitte;
dal legno di Acero si ricavano raffinati strumenti musicali e da quello di Ebano, Mogano e Bosso capolavori di ebanisteria;
dal Pino si ottiene una preziosa resina e dalla distillazione dei suoi aghi anche un ricercato olio essenziale;
il fusto dell’Abete è talmente resistente da diventare campata portante di edifici e fabbricati;
con l’Olmo si realizzavano i sagrati “erborati” e con il Cipresso eleganti strade alberate;
il legno di Quercia affina il vino;
il Leccio per gli Etruschi era un albero divinatorio capace di far piovere e germogliare le sementi.
Sono solo alcuni esempi ma bastano per affermare che gli alberi sostengono il mondo e non solo in senso figurato visto che con il legno si costruiscono anche i grattacieli. Ma, nonostante questo, poco ce ne occupiamo e ancor meno li valorizziamo. Alcuni esemplari particolari perché rari, antichi, di conformazione stravagante o di notevoli dimensioni, con la capacità di connotare un luogo o veri e propri elementi simbolici meritano a buon titolo di essere ammirati e protetti tanto quanto edifici, statue e altre opere artistiche realizzate dell’attività umana. Quindi, si meritano l’appellativo di “monumentali”.
Sono sempre lì, dove li abbiamo visti e lasciati l’ultima volta, dove del resto stanno già da alcune centinaia d’anni, sparsi nella campagna, tra boschi e campi, in collina, tra le vigne, ai bordi di praterie alpine, a ridosso dei contrafforti appenninici, in riva a un lago o inseriti in un contesto urbano per arricchire piazze e luoghi panoramici. Immobili e maestosi, attirano lo sguardo e fanno pensare a una relazione con il passato da inseguire, spaesati, tra passi e sussurri.
Conoscono perfettamente i loro paraggi, la quiete e il tempo. Sono potenti baluardi della forza della natura, testimoni silenziosi della nostra storia. Riflettono il desiderio di un paese a misura d’uomo come era stato forgiato dall’amore profondo e dalla severa eticità dei nostri avi, capaci di consegnare alle nuove generazioni quello spazio naturale sospeso tra l’umano e il divino che stiamo irrimediabilmente compromettendo.
Come tutti i capolavori, anche gli alberi monumentali sono esigenti, vogliono cure, attenzioni e, per poterli apprezzare bisogna vederli da vicino. Impressiona la sfacciata bellezza con cui rubano la scena a tutto ciò che sta loro intorno. Alimentano misteri e superstizioni, testimoni d’intricate vicende, trame segrete e antiche leggende mentre un numero infinito di eventi, memorie e destini si sono incrociati e sedimentati alla loro ombra.
Suggestionano per la loro doppia natura: creature telluriche, con radici saldamente innervate a decine di metri di profondità nella Madre Terra, e, al contempo, celesti, con ampie chiome protese verso il cielo. Sono cattedrali di rami e le loro fronde, frastagliate da lembi d’azzurro, rimandano un chiarore celestiale. Regalano momenti di tranquilla contemplazione e una sensazione di calore, che nasce da una parte di noi che potrebbe essere la nostra anima. Misurano il tempo e lasciano emergere gioie e sofferenze, bugie e verità, desideri e rimpianti, il tempo e la vita. Per questo e altro ancora meritano riconoscenza.