“[…] Un paio di giorni dopo le comprai un altro anello e ci fidanzammo di nuovo, finché, tornando a casa dopo una tirata alcolica di ventiquattro ore, passai dalle parti di un camposanto. C’era una tomba scavata di fresco con sopra un mazzo di fiori. Quei fiori erano stupendi, così li rubai per regalarli a Sharon una volta tornato a casa. Lei era così emozionata che per poco non scoppiò in lacrime. Singhiozzò in modo impercettibile e disse: 'Oh Ozzy, mi hai pure scritto un bigliettino, che dolce!'. All’improvviso pensai: 'Quale bigliettino?'. Non ricordavo d’aver scritto niente del genere. Ma ormai era troppo tardi. Sharon aveva già aperto la busta e tirato fuori il cartoncino. C’era scritto 'In memoria del nostro amato Harry'. Un altro anello che spiccava il volo dalla cazzuta finestra. E rimediai pure un occhio nero tanto per andare sul sicuro. In totale mi offrii di sposarla diciassette volte”.
(Io sono Ozzy - Ozzy Osbourne)
Ozzy Osbourne non necessita di presentazioni e sarei comunque la persona meno indicata a offrirla. Apprezzo molto l’opera dei Black Sabbath, conosco a grandi linee il loro ruolo di pietre miliari dell’hard rock, alcune delle loro canzoni hanno accompagnato la mia adolescenza e sono anche rientrate nel repertorio del gruppo musicale con cui in determinati momenti ho, me ne vergogno, proposto cover rock.
Ozzy è una star internazionale molto amata in patria per la sua eccentricità e disponibilità coi fan, non è insolito incontrarlo al supermercato e scambiare con lui impressioni e commenti sullo sport o sulla politica. Non sono mai stato, più per un caso che per disinteresse o mancata fascinazione, un fan accanito di questa rockstar, e così conosco alcuni aneddoti riportati da chi invece, spinto da insana passione, ha letto l’autobiografia del cantante.
Fidatevi: Ozzy è un tipo davvero bislacco e simpatico, eccentrico ed eclettico a prescindere dal cliché della rockstar di successo dedita agli eccessi. Cosa mi lega in particolare a questo personaggio così distante per luoghi e tempi? Il tipo di relazione amorosa in cui pare essersi cacciato con Sharon, la compagna di una vita. Ricordo di essere venuto a conoscenza dell’aneddoto per cui pare che Ozzy abbia dovuto chiedere la mano di Sharon diciassette volte prima di riuscire nell’intento di farla desistere e pare che in ognuna delle volte precedenti egli sia riuscito a rovinare tutto con un coupe de maitre, rendendo inevitabile il di lei rifiuto.
Attualmente mi trovo in una situazione affine. Amo perdutamente una donna meravigliosamente complicata che gioca con me come il gatto col topo. Ella mi pone come obbiettivo ultimo una romantica richiesta della propria mano direttamente al padre, ma fra l’oggi e questo momento pone l’ostacolo della proposta di fidanzamento da presentare direttamente a lei e i fatti dicono che l’esito non è dei più scontati. Le ho già raccontato la vicenda di Ozzy e le ho assicurato che non intendo demordere ma anzi considero i fallimenti di Ozzy uno sprone, il diciassette un record da battere, reputerei un’offesa personale che lei accettasse di divenire la mia fidanzata prima della diciottesima proposta. Mi parrebbe che si deprezzasse.
Questa donna vale indubbiamente tutti i miei sforzi.
La modestia mi spinge ad ammettere che sento di possedere un’attitudine al disastro nettamente ridotta rispetto a quella della grande rockstar e che al contrario possiedo insospettabili doti romantiche che mi pongono in grado di dipingere scenari e creare atmosfere che rischierebbero di vanificare il mio tentativo di record… Se si trattasse di Sharon. Purtroppo la lei cui rivolgo i miei sentimenti e le mie attenzioni è ella stessa una rockstar dedita a suo modo agli eccessi e preferirebbe probabilmente avere a che fare con lo spirito inquieto di una star dedita agli stravizi piuttosto che con quello armonioso e pacifico, quasi noioso, d’un poeta… Un po’ come quando Loretta Goggi sulle prime note di Maledetta Primavera si chiede: “che resta di un sogno erotico/se al risveglio è diventato un poeta???”.
La prima volta approfittai banalmente di un ballo del mattone, la baciai, scostai il capo e guardandola negli occhi le chiesi semplicemente: ”Vuoi essere la mia fidanzata?”. Scosse semplicemente la testa, dopo una serata romantica, si era ben mangiato e bevuto. A distanza di tempo mi trovai spesso a riflettere profondamente sulle parole di Paranoid: “È finita con la mia donna perché/lei non potrebbe aiutarmi con la mia mente”. Ma ci riflettevo perché pareva finire. E pareva finire perché io non riuscivo ad aiutarla con la sua mente.
Ho notoriamente iniziato ad assumere dosi massicce di delorazepam per trovare la calma necessaria a non opprimere il suo spazio vitale col mio anelito alla condivisione eterna dei nostri destini terreni. Fra alti e bassi la notte scorsa sono sprofondato in un abisso, dopo mesi di abitudini né malate né sane in cui erano troppo pochi i momenti da trascorrere insieme ma costanti i messaggi o le chiamate per la buonanotte lei non si è fatta sentire. Forse era immersa in una ventiquattrore alcolica, non lo so. Quando alle cinque del mattino ho aperto gli occhi, fumato la prima sigaretta, bevuto il primo caffè, fumato la seconda sigaretta e bevuto il secondo caffè, mi sono messo alla tastiera a fumare e scrivere e ho maturato l’idea di sorprenderla.
Qualche giorno prima avevo sfasciato l’auto e ho così deciso di viaggiare in treno fino alla città in cui vive dopo essermi procurato un mazzo di fiori. La città in cui vivo dispone di tre fioristi, ma di domenica mattina l’unico aperto è quello in fronte al cimitero. Lì ho comprato un bel mazzo di gerbere, che mi hanno ispirato due poesie che lei non leggerà mai. Ero determinato a chiederle per la seconda volta se volesse essere la mia fidanzata, fiori alla mano. Per dirla tutta ho portato con me anche la versione provvisoria dell’opera poetica interamente dedicata a lei, per mostrargliela in anteprima. Giunto con un’ora e mezza d’anticipo rispetto all’ora in cui si sveglia nel luogo in cui speravo ci saremmo incontrati, le ho scritto che ero lì. Ho atteso, si è svegliata, ha letto, mi ha raggiunto. “Non sono felice di vederti” ha detto. “Perché hai portato dei fiori? Cosa ti aspetti in cambio?”. “Li porterò al cimitero dai miei nonni” ha detto, “non li voglio”. Un paio d’ore dopo mentre mi scusavo per i fiori, mi diceva che l’uomo della sua vita non si presenta coi fiori in mano. Mi ha consolato l’eventualità d’essere l’uomo della sua vita. Mentre tornavo a casa in treno un suo messaggio diceva: “Alla fine li ho tenuti… ”.
Il mio personaggio preferito di Guerre Stellari è Han Solo e non ho resistito alla tentazione: “Lo so” ho risposto. Ho avuto modo di pentirmene circa un’ora dopo quando ho ricevuto per messaggio la pagina di Carrol in cui il Bianconiglio confessa ad Alice di non poterla amare finch’ella amerà se stessa, per paura di ferirla coi “deboli dardi” quando sarà stanco e adirato. “Scusami” ha aggiunto lei. Sono giunto ad amare questa donna dopo aver ascoltato ripetute volte Paranoid, ogni volta che l’insoddisfazione mi portava a recidere e troncare una precedente relazione perché “non riesco a vedere le cose/che fanno la vera felicità/devo essere cieco”.
Ora io credo, come Ozzy, d’altronde siamo tipi che recuperano fiori da regalare alle donne amate nei pressi dei camposanti, che valga la pena lottare per l’amore e per null’altro. Sono convinto che Ozzy non sia pentito nemmeno per un istante di aver dovuto apprendere dai suoi errori per ben sedici volte prima di riuscire a impalmare Sharon e mi rammarica molto il recente pettegolezzo che li vorrebbe appena separati. Io credo nell’amore unico eterno e inscindibile.
Non importa quante volte dovrò avanzare la proposta, non importa quante volte la sua porta mi sbatterà sul muso. Alzerò l’asticella delle diciassette volte di Ozzy?